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Israele: fatti e simpatie

Giorgio Jellici

Da una ventina d’anni leggo con interesse gli articoli di Renato Ballardini e ne apprezzo la competenza e l’onestà. Sarà anche perché ne condivido i giudizi. Tanto più sorpreso fui di trovare nel suo editoriale apparso su QT del 2 ottobre (Disarmiamo i fanatici: di entrambi i fronti) una valutazione che mi sembra inaccettabile, anche se essa corrisponde probabilmente all’opinione della maggioranza. Un motivo di più per farmi vivo (appena oggi perché io all’estero QT lo ricevo con un mese di ritardo).

Nel pezzo in questione Ballardini passa in rassegna la situazione del terzo mondo, parla delle "masse diseredate rette da regimi illiberali", del "progetto di sfida all’Occidente" elaborato dalla "parte più evoluta del terzo mondo" e conclude: questa "miscela esplosiva ha trovato il suo detonatore quando l’Occidente, per sgravarsi del senso di colpa che lo turbava per ciò che una sua parte aveva inflitto al popolo ebraico, decise di costituire in Palestina lo stato di Israele".

A parte la freddezza burocratica di questa formula sbrigativa dalla velata, suppongo involontaria, ostilità verso Israele, ciò significa che lo Stato ebraico sarebbe nato da un’infelice ed avventata decisione dell’Occidente. Da un sopruso. Parliamoci chiaro: se è così Israele, il giovane Stato che ha accolse migliaia di sopravvissuti allo sterminio dell’ebraismo europeo, non è legittimato ad esistere. Dura lex, sed lex: deve sparire. Quest’ultimo tremendo sillogismo non è detto esplicitamente, deriva però senza nulla forzare dalla tesi di cui sopra (che è notoriamente la tesi della propaganda araba). Detto altrimenti: per il solo fatto d’esistere, Israele sarebbe una provocazione, un pericolo pubblico, causa del terrorismo islamico che fa tremare, ed insanguina il mondo. Fin tanto che ci sarà il detonatore-Israele, non ci sarà pace in Medio Oriente e neanche nel resto del pianeta.

Apriti o cielo. Ci risiamo. Abbiamo individuato per l’ennesima volta la fonte del male: gli ebrei. No scusate, mi correggo: Israele. Mica siamo antisemiti. Siamo solo contro Israele.

Ora, ognuno è libero di pensare e dire quello che gli pare, assumendosene le conseguenze. Io, ad esempio, non ritengo che Israele sia causa e miccia del terrorismo islamico. Secondo me ne è solo il pretesto, una bella scusa: non ha bisogno d’Israele il terrorismo islamico per fiorire e sbizzarrirsi. Operava già negli anni Trenta (questa non è un’opinione). Come non ha bisogno d’ebrei l’antisemitismo (diceva Hannah Arendt). Ma queste sono idee personali. Qui vorrei piuttosto ricordare alcuni fatti, inconfutabili, sebbene schematizzati per motivi di spazio.

Primo: lo Stato d’Israele nacque per decisione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, cioè della grande maggioranza degli Stati della terra, il 14.5.1948. Fu immediatamente riconosciuto non solo dagli USA, ma anche dall’ URSS.

Secondo: Israele non nacque come prezzo pagato dall’Occidente per i 6 milioni di ebrei assassinati in Europa fra il 1941 ed il 1945, ma come applicazione legale (e politica) della Dichiarazione di Balfour che ebbe luogo ben un quarto di secolo prima della Shoah (nel 1917 il governo inglese, titolare del protettorato di Palestina, assicurò ai rappresentanti del popolo ebraico il diritto di ri-stabilire la sua patria in quella regione). La Shoah ha senza dubbio messo in moto e favorito la realizzazione della promessa di Balfour. Ma non l’ha inventata.

Terzo: il territorio assegnato dalle Nazioni Unite allo Stato d’Israele misura suppergiù un centesimo del territorio arabo: guardare la carta geografica per credere. Non è un fatto trascurabile.

Quarto: i Paesi arabi vicini ad Israele (Libia, Siria, Giordania, Egitto), non rispettarono la Risoluzione dell’ONU e, con l’appoggio finanziario e militare di tutto il mondo arabo, aggredirono Israele prima ancora che la mezzanotte del 14.5.1948 ne avesse segnato la nascita. Poi, nel 1956, 1967, 1973 seguirono altre aggressioni militari arabe, tutte volte - e così dichiarate - alla distruzione dello Stato d’Israele.

Quinto: furono i Paesi arabi a non volere, ad impedire nel 1947 la nascita dello Stato di Palestina, in contrasto con la Risoluzione dell’ONU che la stabiliva. Furono i Paesi arabi ad internare i palestinesi in "campi di raccolta", praticandone il più forsennato indottrinamento anti-Israele ed anti-ebraico, a cominciare negli asili infantili.

Non mi pare quindi, caro avvocato Ballardini, si possa onestamente dare del detonatore ad Israele. Neanche di passaggio. E neanche mi sembra ragionevole insinuare che lo Stato d’Israele poggia su fondamenta giuridicamente discutibili. Quando gli atleti irakeni o iraniani, alle Olimpiadi d’Atene dell’estate scorsa, si rifiutavano di gareggiare con gli atleti israeliani, non ci trovavamo forse di fronte ad esempi grotteschi della campagna degli Stati arabi contro Israele, unico collante di detti Stati altrimenti in permanente disaccordo? Cos’ hanno fatto gli israeliani all’Irak o all’Iran?

Quanto alla specifica questione Israele/Palestina, avvelenata da risentimenti e diffidenze reciproche, sono lungi dal pensare che essa sia un conflitto tra buoni e cattivi. Tendo piuttosto a credere che ci troviamo di fronte ad una tragedia, dove entrambi le parti hanno le loro ragioni, come nella grande tragedia greca (non in Shakespeare): Creonte ha le sue ragioni, Antigone ha le sue ragioni. Un motivo di più quindi per non perder di vista i fatti. Salve restando le simpatie personali per l’una o l’altra causa.

Risposta

Decisione legittima, ma imprudente

Confesso che me l’aspettavo una tirata d’orecchie per quella frase scritta su Questotrentino del 2 ottobre scorso. Era breve la frase e sarà breve questa mia replica a Giorgio Jellici, che considero un interlocutore degno del massimo riguardo.

La sua appassionata reprimenda a me pare che abbia un vizio di origine, che solo nelle ultime righe accenna a correggersi. Egli cioè si pone innanzi al conflitto fra Islam da una parte ed Israele ed Occidente dall’altra come se si trattasse di esprimere sulle parti antagoniste un giudizio di rispettiva legittimità: questi hanno ragione e quelli han torto. Se il problema fosse questo, sarebbe relativamente facile risolverlo appunto con un infecondo giudizio. Ma non esiste un giudice che possa pronunciare una sentenza capace di dirimere il conflitto.

Ciò che occorre non è un giudizio, ma un’azione per mediare e superare il conflitto. Finora hanno prevalso, da entrambe le parti, azioni militari che sono riuscite solo ad inasprirlo. Io credo che invece ci sia bisogno di agire politicamente. L’azione politica si nutre naturalmente anche di giudizi. Ma deve tener conto dei giudizi di entrambe le parti, anche di quelli della parte contraria diversi dai nostri.

La mia frase era sì caratterizzata da "freddezza" ma non burocratica, semmai pragmatica e non implicava alcuna ostilità verso Israele. Solo conteneva l’opinione che la decisione dell’Onu del 14.5.1948 di costituire lo stato di Israele fosse stata presa con una certa dose di imprudenza, perché non previde le reazioni che avrebbe provocato o, pur prevedendole, non ne tenne conto. Ciò non significa affatto, come ritiene Giorgio Jellici, che da tale opinione discenda necessariamente che quel voto fu un sopruso e che quindi lo stato di Israele debba considerarsi illegittimo. Anche un fatto legittimo e compiuto con le migliori intenzioni se cade su un terreno esplosivo può fungere da detonatore.

E’ stato detto che di buone intenzioni sono lastricate le vie dell’inferno. Buone intenzioni che sono maturate dopo la Shoah. Il genocidio degli ebrei non fu opera degli arabi ma dell’Occidente cristiano, che li ha risarciti in Palestina senza tener conto dei palestinesi e del mondo arabo. Abbiamo fatto ciò che ci è sembrato giusto e doveroso trascurando il punto di vista dei diretti interessati. Un punto di vista magari sbagliato, ma esistente.

Anche Jellici riconosce che nella tragedia del medio oriente "entrambe le parti hanno le loro ragioni". E’ da questa premessa che deve partire un’azione politica che abbia una qualche speranza di successo. E da un popolo come quello ebraico che ha dato all’umanità giganti come Cristo, Marx, Einstein, Shoenberg, Freud, Chaplin, Fermi, ho motivo di attendermi che sappia vincere, oltre che le guerre, anche la pace. Renato Ballardini