Disarmiamo i fanatici: di entrambi i fronti
Una guerra asimmetrica, infinita, senza vinti né vincitori. Che fare?
Bisogna tentare di capire. Non è capire dire che sono feroci, è solo una constatazione. Non mi convince l’ipotesi di una follia collettiva, o l’evocazione dell’emergere misterioso del "male" che è insito nell’uomo. Sono spiegazioni basate interamente sull’irrazionale. L’irrazionale svolge un ruolo importante nelle vicende umane, ma non le esaurisce. Ci deve essere un nucleo di razionalità, una traccia di motivazioni sorrette da un rapporto causale. Questi effetti orribili devono trovare la loro origine in una qualche causa speculare. Tento qualche congettura.
Solo chi crede di farlo in nome di dio può essere capace di massacrare i bambini di Beslan. Solo la convinzione di sacrificarsi ad una divinità può indurre taluno a trasformare la sua propria vita in un’arma micidiale. Solo la fede cieca in un mito può vincere la istintiva ripugnanza a recidere il capo di un inerme prigioniero. Questi crimini estremi possono essere compiuti soltanto se il loro autore li sente purificati da un fine supremo. Sono il razionale prodotto dell’irrazionale fanatismo che è la forma patologica che sovente assume la militanza religiosa. Ed infatti è il fondamentalismo islamico che ha scatenato questa guerra santa.
Ma le guerre sante, numerose e devastanti nella storia dell’umanità, sono sempre state provocate da motivazioni economiche. Le diverse religioni sono spesso convissute per lunghi periodi senza contrasti. Il conflitto fra di loro è sempre stato acceso da conflitti di interessi materiali, non sempre dichiarati e talvolta indiretti, ma sempre determinanti. La copertura religiosa di tali occulte motivazioni economiche conferiva alla guerra una patina di sacralità, l’empito appassionato, appunto il fanatismo.
Esiste anche oggi all’origine di tutto ciò che vediamo inorriditi una spinta economica, magari occulta ed indiretta? O forse anche troppo evidente e immediata?
Dopo la fine della guerra fredda, che fu la contesa atomica fra il primo ed il secondo mondo, fra capitalismo e comunismo, abbiamo visto irrompere in primo piano sullo schermo della scena mondiale il terzo mondo. Nel villaggio globale si è imposta la contraddizione fra una parte dell’umanità sviluppata ed opulenta ed una parte, la maggiore, arretrata e miserevole. Una condizione antica ma che la moderna tecnologia dell’informazione ha reso stridente ed acuta. E’ così accaduto che la parte più evoluta del terzo mondo abbia cominciato a covare ed elaborare un progetto di sfida all’Occidente. I popoli arabi infatti, nonostante i prìncipi e gli sceicchi ammanigliati con il fastoso mercato dei petrodollari, presentano alcune caratteristiche particolari: una storia illustre di cultura e di potere; grandi masse diseredate rette in regimi illiberali; una coesione culturale che fonde nella religione islamica la visione di questo e dell’altro mondo. Come suol dirsi, una miscela esplosiva, che ha trovato il suo detonatore quando l’Occidente, per sgravarsi dal senso di colpa che lo turbava per ciò che una sua parte aveva inflitto al popolo ebraico, decise di costituire in Palestina lo stato di Israele. E non è certo per caso che nei territori occupati dai popoli arabi siano custodite le più imponenti riserve di petrolio, l’oro nero che è il pilastro fondamentale delle economie del primo e del secondo mondo.
Da tutto ciò deriva la guerra iniziata l’11 settembre 2001. Guerra asimmetrica è stata definita. Perché è combattuta dalle due parti con mezzi e metodi radicalmente diversi. Da un parte kamikaze, sequestri, decapitazioni di prigionieri, esplosioni terroristiche su vastissima scala in luoghi imprevedibili, il tutto enfatizzato dai mezzi di comunicazione di massa che diffondono nel campo avverso una nevrosi collettiva da insicurezza. Dall’altra parte tutto l’arsenale militare del ventesimo secolo, bombe, missili, aerei, eserciti di occupazione... Un arsenale costosissimo, che però funzionava quando c’erano un fronte definito ed obiettivi visibili e sicuri. Contro il nemico invisibile del terrorismo risulta inefficace, impotente, anzi addirittura foriero di effetti boomerang.
Una guerra asimmetrica, infinita, senza vinti né vincitori.
Che fare? Facile a dirsi, ma assai arduo da fare.
Uno sviluppo economico che miri a colmare le differenze: la nuova utopia del terzo millennio.
Una politica che tenda ad isolare e neutralizzare i fanatici. Dell’una e dell’altra parte. Anche i nostri: le Oriane Fallaci, i Marcello Pera, i Giuliano Ferrara e i Vittorio Feltri. E naturalmente i Georg W. Bush ed i suoi supini vassalli.