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Procreazione assistita: così non va

La Camera dei deputati e il Senato della Repubblica hanno approvato le norme in materia di procreazione medicalmente assistita con legge 19 febbraio 2004 n°40. La discussione è stata caratterizzata da forti contrasti fra gli schieramenti politici, dato che alcuni si ispiravano a una concezione laica della bioetica e altri a una rigida visione confessionale collegata alle posizioni espresse dalla Chiesa cattolica (Stefano Canestrari, in "Diritto penale e processo", n. 4 del 2004, p. 416). I risultati si vedono chiaramente nel testo della legge, perché su alcune questioni di fondo, invece di un equo contemperamento, è chiara l’impronta dei vincitori. Per esempio la legge vieta il ricorso alla fecondazione eterologa (vieta cioè di utilizzare l’ovulo o il seme di un soggetto esterno alla coppia); limita il ricorso alla fecondazione assistita alle coppie maggiorenni, di sesso diverso, coniugate o conviventi. Mi limiterò ad alcune osservazioni non tecniche, che riguardano i punti controversi della legge, o quelli assolutamente inaccettabili.

Per quanto riguarda il divieto di inseminazione eterologa, essa è in palese contrasto con la vita reale: la congiunzione carnale eterologa (extra matrimoniale) è ‘lecita’, tanto che i reati di adulterio e di concubinato sono stati da tempo aboliti. Non si capisce inoltre quali conseguenze essa possa avere sul nascituro, posto che secondo le scienze psicopedagogiche è importante, quasi necessaria, la presenza di una doppia figura genitoriale a prescindere dalla parentela genetica. "A ben vedere, le tecniche di procreazione assistita eterologa non offendono alcun bene giuridico di rilevanza costituzionale" (Canestrari, ibidem p.418). Del resto la stessa legge, contraddicendosi, all’articolo 9 vieta che il coniuge o il convivente possa disconoscere il figlio nato da procreazione assistita eterologa. Come la mettiamo?

Un altro punto assolutamente non condivisibile della legge è il divieto di creare un numero di embrioni superiore a quello strettamente necessario ad un unico e contemporaneo impianto, comunque non superiore a tre (articolo 14), anche se malati o malformati. Vi saranno così coppie in cui nessuno degli ovociti prescelti diventerà embrione; altre invece in cui tutti tre gli ovociti inseminati svilupperanno embrioni, con il conseguente aumento delle gravidanze multlipe con seri pericoli per la madre.

Un’ultima osservazione. La libertà di ricerca è garantita dagli articoli 9 e 33 della Costituzione. La legge in esame ha posto uno sbarramento ingiustificabile alla ricerca, vietando la sperimentazione su ciascun embrione, neppure sulle cellule staminali derivanti da embrioni non più in grado di essere impiantati. Perché? Non si capisce, almeno io non lo capisco. A meno che non si voglia pensare ad un involontario (?) rigurgito di oscurantismo che contrasta con il principio della libertà della ricerca, ponendo in difficoltà l’Italia rispetto agli altri paesi europei e agli Stati Uniti. Ancora una volta nel campo della scienza dovremo essere fanalino di coda, a meno di non esportare i cervelli italiani, non secondi a nessuno.

Non è stato tenuta in alcun conto la raccomandazione del Comitato nazionale per la Bioetica del 27 ottobre 2000: "Una parte del Comitato ritiene eticamente lecita la derivazione di cellule staminali a fini terapeutici dagli embrioni non più in grado di essere impiantati". Sia pure in un contesto diverso, la storia di Galileo e di Darwin si ripete.