Una finta pace per mascherare la speculazione
Il conflitto sui confini tra Folgaria e Lastebasse (peraltro concluso da tempo) potrebbe partorire una nuova aggressione all’altopiano.
E’ una storia eterna il conflitto sui confini che vede contrapposti i comuni di Folgaria (TN) a quello di Lastebasse nel vicentino. Ma è anche una storia risolta da decenni e con chiarezza: i confini dei due comuni sono ben visibili e documentati sull’altopiano, i cippi sono ben evidenti e non c’è possibilità di confusione.
La miopia della nostra politica sullo sviluppo delle aree montane aveva bisogno di un passaggio fantasioso per rilanciare la questione, per poter affondare colpi indelebili al territorio: la capacità amministrativa dei sindaci dei due comuni (ben supportati da interessati suggeritori) ha così partorito una nuova causa: il risarcimento su un presunto indennizzo sugli usi civici da parte di Folgaria nei confronti del comune vicentino.
Fin dalla scorsa legislatura la Provincia di Trento, rappresentata dall’allora vicepresidente e assessore all’Urbanistica, il Comune di Folgaria, la Regione Veneto e il Comune di Lastebasse inventavano così un complesso piano di sviluppo che avrebbe dovuto mettere fine ad ogni contenzioso. L’accordo viene approvato dal consiglio comunale di Folgaria il 3 giugno 2004, e - miracoli di un’insospettata efficienza politica - il giorno seguente, 4 giugno, dalla giunta provinciale di Trento. Nell’accordo non si parla di agricoltura di montagna, di ripristino paesaggistico, dei bisogni sociali o dei disagi delle popolazioni dell’altopiano, di temi riguardanti la mobilità e i collegamenti con i capoluoghi. No. Si prevede la infrastrutturazione completa dell’altopiano dei Fiorentini, coinvolgendo, assieme a Folgaria e Lastebasse, anche i comuni di Arsiero e Tonezza.
Si tratta della previsione di costruire tre seggiovie quadriposto in territorio trentino più quattro in quello veneto, di una funivia che collegherebbe Lastebasse ai Fiorentini, di un sistema che comprenderebbe dalle 12 alle 15 piste di discesa, altri 100 chilometri di piste di sci da fondo, con legati ovviamente servizi ad alta qualificazione. Si prevedono in quel di Vicenza palacongressi, piscine, e nuovi alberghi.
Mentre nella nostra provincia in modo pilatesco tutti si stracciano le vesti contro le seconde case, si concede al Veneto la possibilità di edificare altri 42.000 metri cubi. Il gioiello di qualità appeso al carosello sciistico è la esplicita necessità del completamento della autostrada A31, della Valdastico, invitando la società autostrade a costruire il casello di uscita veneto nel comune di Lastebasse.
La nostra Provincia insiste poi nel malcostume di sostenere qualsiasi sviluppo di area sciistica con l’erogazione di fondi pubblici che ha dello scandaloso: su un investimento di 45 milioni di euro (palesemente inadeguato alla complessità delle opere previste) si prevede l’intervento pubblico della Regione Veneto in 15 milioni e altri 15 della provincia di Trento.
C’è da rimanere di sasso. Durante l’estate abbiamo letto importanti dichiarazioni dell’assessore all’Urbanistica, Mauro Gilmozzi, che dava per finita l’era dello sviluppo dello sci e invitava all’investimento turistico in tutt’altre nicchie: culturali, ambientali, scientifiche, storiche, alimentari. Le analisi del fallimentare siluppo dell’industria dello sci venivano poi confermate da esponenti di Forza Italia, come l’ex direttore dell’APT di Madonna di Campiglio, Ettore Zampiccoli, e da importanti docenti dell’Università di Trento. Ma mentre Gilmozzi esternava, la sua giunta provinciale dava l’assalto non solo ai Fiorentini, ma anche alle montagne di Pinzolo e della valle di Sole, alla Paganella, a Tremalzo, a Passo Rolle, sempre e solo attraverso la decotta economia dello sci, sempre sostenendo con altissime percentuali di intervento finanziario pubblico imprenditorialità private quasi fallimentari. Nessuno di questi passaggi ha creato confronto, o dubbio all’interno della Giunta provinciale. Tutti uniti, dagli Autonomisti alla Margherita, dai DS ai Verdi: all’unanimità si è deciso l’assalto definitivo all’altopiano tanto caro ai cittadini roveretani. Solo ad atti confermati, su pressione delle scandalizzate associazioni ambientaliste, si è assistito ad un debole, mai autocritico, atto di difesa dell’assessore ambientalista Iva Berasi.
L’altopiano di Folgaria, al di là delle importanti specificità ambientali e paesaggistiche, è una delle località che si presta con maggiore facilità a progetti di sviluppo alternativo allo sci. Non solo perché la monocultura sciistica è ormai improponibile a quote tanto basse (si va dagli 880 fino ad un massimo di 1.800 metri), ma perché quel territorio, tanto ricco di storia e di fascino, posto a confine fra le due province, porta d’ingresso alla montagna trentina, permette lo sviluppo di attività produttive zootecniche e di sviluppo agrituristico che con facilità ed in modo vincente andrebbero a concorrere con le proposte dell’Appennino.
Anche solo valorizzando l’ambiente naturale dei Fiorentini, anche solo seguendo parzialmente le indicazioni provenienti dal WWF locale, si andrebbero ad aprire nuove finestre dello sviluppo turistico, senza dover intaccare minimamente il territorio, ma portando finalmente reale sviluppo e vantaggio alle categorie sociali e quindi a tutti i cittadini che vivono a Folgaria e sull’altopiano. Ma la politica di questa giunta provinciale non è indirizzata a risolvere i temi della qualità della vita in montagna. Vi è un solo obiettivo: dare soddisfazione ai bisogni della grande imprenditorialità, alla ingordigia di territorio e di soldi pubblici dell’industria dello sci.
Nel frattempo, l’8 settembre, il Commissario degli usi Civici di Venezia non ha risolto la questione. Si è preso altri tre mesi di riflessione, accogliendo l’invito rivolto dalle associazioni ambientaliste trentine e venete. Il sindaco di Folgaria ha glissato sulla mancata vittoria, adducendo la scusante che le deliberazioni trentine e venete non impegnavano con certezza decisioni di spesa. Certamente non hanno ancora vinto gli ambientalisti e i cittadini sensibili trentini e veneti, ma rimane aperta una porta di speranza. Oggi solo una politica fatta di dignità, di correttezza e di coraggio può offrire una risposta positiva a questa speranza.