Benvenuti a “Centerland”
Il Trentino sta diventando la terra dei centri commerciali. Dal mostro di Mori a quello di Lavis, passando per i complessi di Arco, Nago, Mezzolombardo, Levico. Progetti che mettono a rischio la vivibilità e i centri storici. A vantaggio dei soliti noti, gli immobiliaristi. La politica langue, i cittadini per fortuna no: e, come a Lavis, protestano duramente.
Spuntano come funghi. Nessuna borgata trentina è al sicuro. Invadono. Si moltiplicano. Infestano. Sembra non esserci scampo. D’altra parte, forse non poteva andare che così. Il destino era segnato da tempo. Me lo fa pensare l’aneddoto raccontatomi da un amico. “Capii allora che il capitalismo avrebbe trionfato, e il comunismo fallito. Era la metà degli anni Ottanta, venne a trovarmi a Roma un amico che viveva nella Romania di Ceausescu. Ero indeciso su quale opera d’arte fargli vedere prima, ma lui non voleva vedere opere d’arte, lui voleva andare lì”.
Al centro commerciale.
Il mostro di Mori
Cento milioni di euro d’investimento. Tre piani. Trentaseimila metri quadri di superficie. Dodicimila destinati alla vendita. Cinquanta negozi. Una piazza interna di mille metri quadri coperta da una cupola di vetro alta dieci metri. Un hotel a 4 stelle. Novantotto camere. Duecento posti letto. Tre sale cinema. Settecento posti a sedere. Un centro benessere di duemila metri quadri. Una piscina. Una sauna. Una zona fitness. Un mini casinò. Un bowling a otto piste. Una sala biliardi. Una sala giochi. Un kartodromo indoor. Cinquecentosessanta metri di pista. Milleduecento metri quadri di bar e ristoranti. Un parco giochi. Milleottocento posti auto. Sette milioni di visitatori previsti all’anno. Ventimila al giorno.
Non siamo a Milano o a Roma. Siamo a Mori, in Trentino. Abitanti: meno di diecimila. Ossia la metà di quanti, dal 2011, invaderanno quotidianamente la cittadina per visitare “il nuovo cuore dell’Europa”, come lo definisce il sito web che lo promuove. Chi lo ha concepito dev’essere un folle. O uno che i conti in tasca se li sa fare bene.
Il mostro di Mori, al secolo “Global Village”, sorgerà oltretutto in una zona che è già paurosamente sovraffollata di “non-luoghi”, come Marc Augé ha definito quegli spazi della modernità, centri commerciali in testa, incapaci di essere identitari, relazionali e storici, dove le persone transitano come zombie senza realmente viverli.
Basta infatti spostarsi qualche chilometro da Mori in direzione Rovereto per incontrare quello che è, e sarà ancora per poco, il più grande centro commerciale della provincia. Il “Millennium Center”, tempio del consumismo trentino con più di 40 negozi, 22.000 metri quadri di superficie dei quali 3.600 per la vendita, è stato inaugurato solo sei anni fa, ma appare ormai destinato a diventare semplicemente il prossimo “trombato”. Infatti, in questa demenziale ruota che gira a colpi di cemento, metri quadri e cubature, dove il pesce piccolo viene sistematicamente sbranato dal nuovo pesce grande buttato nella mischia, era stato proprio il Millennium a rubare i clienti ad un altro centro commerciale preesistente, distante una manciata di chilometri: quel “Rover Center” che, con la sua superficie di quasi 9.000 metri quadri, sorge tra Rovereto e la frazione di Marco, e che oggi, più che un centro, appare un relitto commerciale. Dopo l’archeologia industriale (e da queste parti, con lo scheletro dell’ex Alumetal a fare brutta mostra di sé da quasi trent’anni, il problema lo conoscono bene), sembra infatti già arrivato il momento di dover gestire anche l’archeologia commerciale.
Se poi, in questa triste “Centerland” che sta diventatando l’area compresa tra Mori e Rovereto, anziché verso nord ci spostiamo da Mori verso sud, in direzione Verona, dopo un paio di chilometri sbattiamo il muso su un’altra strana creatura, che di diventare archeologia commerciale non ha nessun timore, visto che, seppur nuova, sembra esserlo già. L’Area22 nel nome omaggia (bontà sua) un casello autostradale (altro non-luogo per definizione), quello di Rovereto Sud, al quale è pressoché attaccata. È stata aperta da mesi, ma i suoi ventimila metri quadri destinati a negozi, show-room, uffici, magazzini, depositi sono ancora semivuoti, come le 101 camere con vista sull’autostrada dell’immancabile hotel a 4 stelle, dal nome improbabile e poco invitante di “Nerocubo”.
Altri mostri, altre “Centerland”
Vedi tabella.
Anche Lavis avrà il suo mostro. Più piccolo di quello di Mori, ma pur sempre enorme, sproporzionato. Diciottomila metri quadri di superficie. Settemila destinati alla vendita. Tre piani fuori terra. Due interrati. Quattordici unità commerciali singole. Cinque sale cinema. Due ristoranti (uno si dice sarà un McDonald’s). Milletrecento posti auto. Due milioni e mezzo di visitatori previsti all’anno. Seimilacinquecento al giorno. Un’altra Lavis, che di abitanti ne fa poco più di ottomila. Si chiama Area51, un tipo di denominazione che evidentemente il marketing di settore quota parecchio, forse non cogliendo l’ironia - o cogliendola in modo autoironico - del collegamento con un non-luogo per eccellenza, l’inaccessibile Area 51 di americana e militaresca memoria.
E anche il mostro di Lavis sorgerà in una zona dove i centri commerciali non mancano e non mancheranno. Gli “storici” “Top Center” (16.000 metri quadri) e “Bren Center” (9.000), dominatori di Trento nord e di per se stessi emblema dell’affollamento commerciale sorgendo a pochi passi l’uno dall’altro, distano solo qualche chilometro dalla futura Area51. La quale avrà compagnia anche a nord, visto che a Mezzolombardo, a meno di un quarto d’ora di macchina, già esiste da tempo il “Rotalcenter” (5.000 metri quadri) e in futuro esisterà un nuovo centro commerciale di 3.000 metri quadri, annunciato proprio nelle scorse settimane.
Quelle di Mori-Rovereto e dell’area a nord di Trento non sono le uniche due “Centerland” del Trentino. Ce ne sono almeno altrettante, ancora oggi in fase di sviluppo.
Una è in Valsugana, oggi territorio dominato da due grossi complessi: lo “Shop Center Vasugana” di Pergine e il “Centro Commerciale Le Valli” di Borgo (13mila metri quadri a testa). Poteva mancare Levico, esattamente nel mezzo? No, e infatti è in progetto la costruzione di un nuovo centro commerciale da 6mila metri quadri, con ristorante, centro benessere e parcheggio interrato da 850 posti auto.
L’altra “Centerland”, invece, abbrutisce, e provvederà a farlo sempre più, l’Alto Garda. Qui già presenziano a poca distanza l’uno dall’altro, in via Santa Caterina ad Arco, il “Green Center” (6.000 metri quadri) e lo “Shopping Center” (8.000). A chiudere l’orrendo corridoio di cemento che separa dal lungolago la periferia sud di Arco, dove si trovano i due centri, resiste oggi l’unica fascia di campagna coltivata a ridosso del lago, a Linfano, frazione di Arco. Ancora per poco, visto che in futuro vi sorgerà un nuovo centro commerciale specializzato in sport e nautica, anch’esso annunciato nel 2009.
E a quel punto basterà fare qualche chilometro a sud-est, verso passo San Giovanni, per trovare un altro piccolo mostro di questa “Centerland”, a Nago. All’ingresso orientale del paese, oggi campagna, è destinato a prender vita un complesso commerciale da 3 piani, di cui 2 interrati, per complessivi 20.000 metri cubi da edificare fuori terra. Cartina geografica alla mano, possiamo notare con un certo sgomento che da qui basterà fare cinque minuti di macchina per arrivare al “Global Village” di Mori da cui è partito il nostro deprimente tour: il cerchio si chiude, le due “Centerland” si fondono in un’unica, stolta creatura.
Tutti d’accordo? Non proprio...
Ma l’orgia di progetti di centri commerciali annunciati negli ultimi mesi non ha lasciato tutti indifferenti o, peggio, compiaciuti. Le forme di protesta, talune timide, altre decise, non sono mancate, e si può immaginare facilmente che aumenteranno.
A Levico contro il sindaco si sono rivoltati i commercianti, a Nago e ad Arco le minoranze dei consigli comunali. Ma l’epicentro della rivolta è Lavis. Qui la protesta s’è fatta così decisa da aver raggiunto un risultato concreto e insperato: indurre il Servizio Valutazione Ambientale della Provincia a congelare l’iter di valutazione, che doveva terminare il 29 gennaio, per prendersi il tempo di analizzare nel dettaglio tutti i problemi sollevati nel documento presentato da un gruppo di cittadini contrari al centro commerciale. Chi sono gli oppositori? Diciamo che appartengono a due categorie.
Anzitutto ci sono i commercianti, guidati da un gioielliere e sostenuti dalla Lega Nord, che si oppongono per ragioni “di bottega” (è proprio il caso di dirlo): l’Area51 si trova a ridosso del centro storico e i commercianti vi vedono un pericoloso concorrente, nonostante le rassicurazioni fornite dai proponenti (i pezzi da novanta dell’immobiliarismo trentino Silvio Pisetta e Mario Zorzi), che pretendono di far passare il centro commerciale come sinergico con le attività commerciali del centro. Affermazione che sa di presa in giro, come il consorzio di promozione commerciale del centro storico che proprio in questi mesi doveva nascere, cui ora non crede più nessuno.
Ma oltre ai commercianti ci sono anche i semplici cittadini. Gente che il centro commerciale non lo vuole per via degli impatti ambientali e sociali che è destinato ad esercitare, snaturando pesantemente l’identità del paese.
Gli impatti ambientali sono essenzialmente quelli legati all’aumento del traffico. È lo studio presentato in Provincia dagli stessi proponenti ad evidenziare come il centro commerciale porterà al transito di 368 veicoli in più sulla statale 12 nella giornata di punta, il sabato. Ciò vanificherà in buona parte gli effetti di alleggerimento che aveva portato l’apertura, poco più di un anno fa, della variante Trento-Rocchetta. Ne risentirà la qualità dell’aria, per via dell’aumento in particolare degli ossidi di azoto e delle polveri sottili. Sciocchezzuole, a detta dei proponenti, che nello studio minimizzano questi effetti sottolineando come Lavis si trovi in un’area già caratterizzata da frequenti sforamenti dei limiti di concentrazione degli inquinanti stabiliti dalla legge a tutela della salute umana.
Danni collaterali accettabili, secondo i proponenti, in considerazione delle tre tipologie di benefici sociali che il centro commerciale porterebbe alla comunità di Lavis: aumento della concorrenza, aumento dei livelli occupazionali, indotto e ricadute sul territorio. Dimenticano di valutare, i proponenti, i danni sociali che invece, nel documento presentato in Provincia, hanno ben evidenziato i cittadini: “Con l’apertura del centro commerciale [...] il traffico sulla statale 12 aumenterà nuovamente, accentuando la divisione dei due ambiti della borgata, ma soprattutto creerà inoltre un nuovo ‘terzo ambito’, quello del centro stesso. Lavis si troverà quindi ad essere ulteriormente frammentata in 3 poli [...], senza né filo conduttore né caratteristiche di omogeneità [...]: si tratterà di aree distinte, vissute da gruppi di cittadini diversi fra loro (residenti, clienti, transitanti). Tale frammentazione [...] sarà quindi indubbia causa dell’ulteriore accelerazione del processo di deterioramento dei legami sociali e di svuotamento dell’agglomerato urbano quale luogo anche di relazioni sociali”.
Se a Lavis il centro commerciale ha trovato un’opposizione arcigna, lo stesso non può dirsi nel caso dell’altro mostro. A Mori, infatti, dove il progetto è stato presentato in pubblico (si fa per dire) l’estate scorsa dal proponente, la Libero srl dell’imprenditore Marco Depretto, c’è stata solo qualche timida manifestazione di perplessità da parte di alcuni consiglieri d’opposizione. I commercianti e i cittadini, per ora, sono rimasti immobili. Eppure le analogie con Lavis non mancano.
Anche a Mori il nuovo centro commerciale piomberà coi suoi dannosi effetti sulle botteghe proprio ora che era stato lanciato il consorzio degli esercenti “CentriAmo Mori”, per risollevare l’agonizzante centro storico dell’abitato. Anche a Mori il nuovo centro commerciale aumenterà il traffico annullando in buona parte gli effetti della nuova bretella, che aveva portato all’eliminazione, seppur parziale, dell’enorme flusso di traffico che transitava sulla statale 240 che taglia in due il paese. Anche a Mori, come a Lavis, l’amministrazione ha lasciato che il progetto avanzasse senza realmente discuterlo con la popolazione, fino a far maturare i cosiddetti “diritti acquisiti”. E qui, proprio coi beffardi “diritti acquisiti”, veniamo al punto.
Diritti acquisiti nel Far West
“Se mi proponessero adesso i progetti di realizzazione dei centri commerciali di Mori e Lavis, io sarei contrario, ma ormai le procedure amministrative sono ad un livello tale da aver creato diritti acquisiti”. Se è vero, come è vero, che a pronunciare queste parole è stato di recente l’assessore provinciale al commercio Alessandro Olivi, bisogna per forza chiedersi con ansia se la pianificazione commerciale in Trentino si possa ancora considerare governabile e governata o se in effetti siamo ormai al Far West.
Già, perché le irrazionalità della situazione maturata sono tante, troppe: concentrazione e sovraffollamento di grandi centri commerciali in pochi chilometri quadrati; i nuovi complessi che trasformano in relitti i vecchi; che vengono progettati proprio laddove i centri storici agonizzano e si cerca a fatica di risollevarli; che sorgeranno proprio laddove erano stati realizzati precedenti incisivi interventi sulla viabilità, finalizzati ad alleggerire il traffico negli abitati e destinati a vedere annullati i loro effetti benefici.
Una situazione grottesca. Che definire “non governata” in realtà è sbagliato, perché qualcuno che la governa c’è: si tratta dei soliti noti, gli immobiliaristi, gli unici a guadagnarci. Non certo la politica, né le sue leggi. Quella provinciale sulla pianificazione commerciale risale a soli dieci anni fa: sulla carta era orientata allo sviluppo del commercio di vicinato, nei fatti si è rivelata del tutto aggirabile, e aggirata.
Staremo a vedere se il disegno di legge Olivi attualmente in discussione per l’approvazione entro l’anno, presentato dall’assessore come strumento per dire basta ai centri commerciali e alle speculazioni edilizie, si rivelerà capace di rimettere il pallino nelle mani della politica e di levarlo da quelle degli immobiliaristi. Questi ultimi nel frattempo, per non sbagliare, si danno alacremente da fare. E acquisiscono diritti.