“Contro questo inceneritore”
Il comitato di Lavis: un No secco, che non vuole essere localistico.
Renzo Stefani, 60 anni, laureato in Chimica, è presidente del Comitato contro l’inceneritore di Lavis. Con lui parliamo del senso di questa contestazione che va diffondendosi tra la popolazione.
"E’ indubbio che quello che ci ha fatto aggregare sono i timori indotti da un impianto del genere. Timori innanzitutto sul fronte sanitario: perché l’inquinamento, checché ne dicano gli studi, ci sarà. Ci sarà nel funzionamento a regime, ma ci sarà soprattutto nei momenti di malfunzionamento: e questi sono talmente inevitabili, che le stesse normative prevedono limiti molto differenziati per le emissioni di norma, e per quelle di picco. Questo perché è già previsto che l’inceneritore abbia delle emissioni anomale.
E poi ci sono, sempre possibili, gli incidenti. Che se si sono verificati in situazioni ad altissimo controllo e tecnologia come le centrali nucleari (e mi riferisco a quelle francesi e americane, non a Chernobyl) o come lo Shuttle, tanto più sono probabili in un impianto come l’inceneritore: a tecnologia comune e predisposto all’instabilità, stante la grande variabilità del combustibile.
Poi, sia pur secondari, ci sono aspetti economici: il decremento del valore degli immobili, che sempre si verifica nei pressi di uno di questi impianti; e il decremento del valore del terreno agricolo."
Quindi, un No secco all’inceneritore...
"Un momento. Il No secco è per questo inceneritore: una cosa diversa, e diversi sono i pericoli, se invece dell’attuale impianto da 240.000 tonnellate nominali (e 500.000 effettive) si passa a uno di 40.000 tonnellate. Il punto è che non c’è stato un serio studio comparato con le altre tecnologie: bioessicatore, pirolisi, plasma. Si è partiti con l’ipotesi inceneritore, quella ha da essere, punto e basta. Ecco, noi contestiamo questo metodo, oltre che l’approdo."
Ma voi contestate l’inceneritore in quanto tale o la sua localizzazione nella vostra area?
"Voglio essere molto chiaro. Noi non intendiamo assumere quella posizione che gli americani chiamano NIMBY, "Not in my back yard", Non nel mio giardino. Un inceneritore di quelle dimensioni non va bene in alcuna zona del Trentino. Poi, dopo aver impostato una raccolta differenziata seria, dopo aver ridiscusso tecnologie e dimensioni dell’impianto, se ne discute la localizzazione migliore."
Quale è la vostra posizione sul referendum? Non è che sia un referendum contro qualsiasi inceneritore? E quindi, poiché può essere altrettanto legittimamente tenuto in qualsiasi altro Comune, non è che impedisca ogni soluzione al problema rifiuti?
"Questo è il pericolo dei referendum, strumento che sembra molto democratico, ma poi è difficile da usare correttamente. In ogni modo il senso politico di questo referendum è la contrarietà a questo inceneritore. E noi siamo per il referendum perché siamo contro questo impianto, non contro ogni tipo di impianto. Intendiamo essere costruttivi: di fronte a soluzioni serie, siamo pronti a discutere."
Ora, in cosa siete impegnati?
"Abbiamo instaurato rapporti con gli altri comitati: anche per dividerci i compiti dal punto di vista degli approfondimenti tecnici. Stiamo operando un lavoro di sensibilizzazione, soprattutto nelle scuole. E stiamo preparando quella che dovrà essere una grande marcia contro l’inceneritore per il 5 aprile."