V.I.A. libera
La Giunta Dellai smobilita la Valutazione d’Impatto Ambientale. Teorizzando l’”insofferenza verso le regole”. E scacciando la fastidiosa società civile dalle stanze dei bottoni. Storia, teoria e prassi di un istituto sempre portato - a chiacchiere - come fiore all’occhiello del Trentino.
E così la giunta Dellai ha picconato un’altra conquista del Trentino ecologico, sempre sbandierata nei convegni, la Valutazione d’Impatto Ambientale. Attraverso un nuovo regolamento se ne è drasticamente ridotto (addirittura del 70%, come comunica la stessa Provincia) il campo di applicazione: da ora in poi, solo delle maxi-opere verrà verificata la compatibilità ambientale.
Di fronte all’indignazione del mondo ambientalista, gli esponenti dei partiti che da quel mondo avevano preso i voti - e da cui sperano di prenderli ancora - si sono difesi con dichiarazioni minimizzanti: "E’ un atto dovuto" (Roberto Pinter, vice-presidente della Giunta, di Solidarietà) o rassegnate: "Ce lo ha imposto l’Europa, non avevamo scelta" (l’assessore all’Ambiente Iva Berasi, della Lista Verde).
Poi la situazione si è evoluta, sono arrivati ulteriori chiarimenti. Illuminanti secondo noi, anche oltre il mondo dell’ambientalismo e delle pur vitali tematiche ecologiche, che ci illustrano la situazione del Trentino, come lo si governa, dove può andare.
In effetti la teoria minimizzatrice dell’atto dovuto portato avanti dalla coppia Berasi-Pinter, della norma europea da rispettare altrimenti ci arrivano sanzioni, in realtà non aveva molto senso politico. L’Europa può imporre che si rispettino certe regole, non che qualcuno ne rispetti di più severe. Sarebbe come se il vigile volesse multarti perché la tua auto non inquina abbastanza. "Voglio vedere la Commissione europea avviare un procedimento di infrazione perché noi, nel nostro territorio più delicato, ci diamo regole più stringenti di quelle della Padania o della Ruhr. Magari! - sorride amaro Walter Micheli, ex assessore provinciale all’Ambiente e padre politico della nostra legislazione ambientale e quindi anche della Via - Sarebbe un immenso spot pubblicitario: ‘Trentino, l’Europa come la vorresti’."
Anche Giorgio Rigo, presidente di Italia Nostra liquida la motivazione "europea" dei due assessori: "Hanno tentato una prima linea di difesa, ma poi l’hanno messa via perché insostenibile." E difatti, quando nella conferenza stampa di presentazione del provvedimento abbiamo rilevato la scomparsa della teoria dell’atto dovuto il Presidente Dellai ha prontamente replicato, dando sulla voce alla Berasi: "Sì, dovevamo adeguarci. Ma l’abbiamo fatto con convinzione."
Il Dellai-pensiero, infatti, con indubbia chiarezza, si assume in pieno la responsabilità della deregulation; anzi la teorizza: "Non possiamo nasconderci che in questi anni sia cresciuta un’insofferenza della comunità verso le regole. E in particolare verso la Via."
E ancora: "C’è un pregiudizio - solo in parte ingiustificato - contro le nostre regole. Questo pregiudizio è opportuno toglierlo, rendendo le regole più ragionevoli. Perché noi dobbiamo tendere a una cultura ambientale condivisa, non a un nostro ruolo poliziesco."
Il passaggio ci sembra strabiliante.
"E’ dal 1200 che il Trentino si pone delle Regole (vedi Dalle Carte di Regola del 1200 all'"insofferenza" del 2000). E’ uno dei dati costitutivi, fondanti della nostra cultura, della nostra maniera di fare comunità, del nostro particolare legame con il territorio. E ora il Presidente della Giunta legittima l’insofferenza?" - si chiede Micheli.
"Contesto le affermazioni di Dellai su due piani - aggiunge Rigo - Primo, se c’è insofferenza, non è detto che sia giustificata. Secondo, bisogna discernere: come per la Tutela del paesaggio, l’insofferenza non era verso la tutela, ma verso la sua gestione, che bloccava l’abbaino e lasciava passare Fassalaurina. Così per la Via, non bisogna confondere eventuali macchinosità con il principio di effettuare interventi rispettosi del contesto. Se oggi nella Via c’è qualche burocratizzazione di troppo, si riaggiusta lo strumento, non lo si elimina. Insomma, se c’è insofferenza verso gli immigrati, le vado incontro abolendo gli immigrati?"
"Il fatto che un così alto rappresentante delle istituzioni disdegni il rispetto del territorio chiamandolo ‘aspetto poliziesco’, è estremamente preoccupante" - rincara Micheli.
Sia Dellai che la Berasi hanno lungamente parlato di cultura dell’ambiente, badando bene però a scindere, anzi a contrapporre l’obiettivo della "diffusa consapevolezza" (individuato come fattore positivo) con l’esistenza di controlli (fattore negativo). La Berasi si è spinta in un paragone illuminante: "Così come in altri settori, penso ad esempio alla sicurezza e tutela sul lavoro, conta di più la corresponsabilizzazione che la repressione". Su questa linea cosa dobbiamo aspettarci: la deregulation per il lavoro nero, gli infortuni, il capolarato?
"Verrebbe da rispondere che anche l’utopia comunista puntava sull’educazione del cittadino, con l’abolizione della moneta, e con ognuno che prendeva i beni secondo i propri bisogni. Il fatto è che per fare dell’educazione ci devono essere controlli, rigorosi ed equi. Altrimenti sono solo parole - risponde Rigo.
"La convinzione, la corresponsabilizzazione diffusa… Quando abbiamo promosso la legislazione ambientale - ricorda Micheli - siamo andati in tutto il Trentino a spiegare il senso e gli obiettivi delle nuove norme. Ora invece abbiamo i rappresentanti istituzionali che vanno in giro a dire che i limiti sono polizieschi, dalla Via alle sbarre sulle strade forestali. Se è così che si crea convinzione…"
Ma questa "insofferenza" che basi, che consistenza ha? Davvero il cittadino si sente oppresso, invece che tutelato, da norme e procedure atte ad evitare altre Stava, altre Marilleva, altre alluvioni?
La legge sulla Via, ormai operativa da oltre dieci anni, conteneva punti positivi, all’epoca fortemente innovativi, al punto di essere uno dei fiori all’occhiello del Trentino, una di quelle cose di cui i nostri governanti hanno menato pubblicamente vanto (ribadito proprio dagli stessi Dellai e Berasi, nel recente Rapporto sullo Stato dell’Ambiente). In particolare, punti unanimemente riconosciuti come positivi: la possibilità di controllare in modo interdisciplinare l’insieme dei fenomeni e delle conseguenze (per esempio valutare di un grosso insediamento edilizio non solo gli aspetti urbanistici e architettonici, ma igienici, sociologici, di pressione antropica); la possibilità di valutare le alternative esistenti, compresa l’opzione zero; e infine, o soprattutto, la ricerca di partecipazione della società (la famosa "condivisione"!), stimolata dalla diretta presenza negli organi decisionali di rappresentanti della società civile (ambientalisti, categorie economiche, esperti in genere forniti dall’Università), come dalla pubblicizzazione (notizie sui giornali, convocazione di assemblee pubbliche - anche se in realtà ne sono state fatte poche, una decina).
"Con questa legge si sarebbe dovuti arrivare a una cultura diffusa, a una nuova mentalità - commenta l’ing. Paolo Mayr, membro del Comitato Provinciale dell’Ambiente dal ’90 al ’98 - Creare un’esigenza morale, affinché fosse naturale anteporre, nella politica del territorio, l’interesse collettivo su quello individuale."
Questa la teoria. Nella pratica invece gli esperti esterni, forse a causa della concezione volontaristica del loro ruolo (esigui rimborsi per ogni seduta), hanno soprattutto brillato per l’assenza. E gli ostacoli maggiori sono venuti, dopo un primo periodo di entusiasmo, dall’interno stesso della PAT: i Servizi esprimevano un loro parere di settore (il Servizio impianti a fune sulle funivie, il Servizio opere igienico-sanitarie su depuratori ecc) e poi mal digerivano che una valutazione interdisciplinare rimettesse in discussione il loro parere.
" Non nascondiamocelo - afferma Rigo - nella PAT, soprattutto in certi assessorati e con certi assessori, come Silvano Grisenti (il cementificatore della Margherita n..d.r.) c’è verso la Via la stessa insofferenza dimostrata da alcuni industriali. Un ente istituzionale si è dato delle regole, e poi le considera una scocciatura..."
"Ora le riunioni sono diventate pleonastiche - ci dice l’ing. Marco Frenez, attuale rappresentante degli ambientalisti nel Comitato dell’Ambiente - alle sedute non vengono più i dirigenti, che delegano i sostituti. Si discute del progetto, si fanno, da un punto interdisciplinare, delle valutazioni anche interessanti, su cui i sostituti concordano; ma poi, al momento del voto, devono attenersi alle direttive ricevute in precedenza. E allora che ci riuniamo a fare?"
Undici anni di lavoro di un ufficio non si possono ridurre in poche righe (vedi Dodici anni di VIA). Per una valutazione finale lasciamola parola all’ing. Mayr.
"Nel complesso il lavoro della Via è stato positivo; se non ci fosse stato, molte cose in Trentino sarebbero peggiori. Certo, dei limiti ci sono stati. L’Ufficio stesso, il suo personale, ha lavorato con molta attenzione e competenza; purtroppo le pressioni dall’interno dei vari servizi, i limiti dovuti a mancati collegamenti con il momento della pianificazione, le assenze degli esterni, la carenza di un movimento di opinione che appoggiasse, ha fatto mancare degli obiettivi fondamentali. Soprattutto la procedura Via non è stata compresa dalla popolazione, è stata vista come ulteriore onere burocratico ed economico e, da parte di un settore di tecnici, solo come fonte di elevate remunerazioni a fronte di una sterile produzione cartacea."
E così, dopo un primo allargamento delle maglie nel 1995, si è giunti all’attuale nuovo regolamento, che riduce la Via di un altro 70% secondo la stessa Giunta. "Il Trentino fatalmente sarà ancor meno equilibrato" conclude Mayr.
In effetti la nuova regolamentazione colpisce la Via a morte. Per ragioni quantitative: "Altro che 70%! Saranno ben poche le opere che dovranno sottostare alla Via - afferma Mayr - I nuovi limiti sono pensati per altre realtà, con altre economie e altri territori."
Ma soprattutto per ragioni qualitative. Nella maggioranza dei casi, alla Via viene sostituito uno screening, cioè una verifica: ma tutta interna agli uffici provinciali, senza la presenza né di esperti esterni, né di rappresentanti della società (ambientalisti e imprenditori); e soprattutto senza l’opera di pubblicizzazione, dell’avvio di un progetto, nessuno sarà posto a conoscenza. Presentata come sburocratizzazione, la "riforma" in realtà configura un ritorno della centralità delle secrete stanze della burocrazia e del potere: saranno esse ad avere l’esclusivo monopolio delle informazioni e decisioni sul territorio.
Tutto questo, non fa a pugni con la "consapevolezza diffusa" la "cultura dell’ambiente", sbandierata proprio da Berasi e Dellai?
"Non c’è contraddizione - ci ha risposto l’assessore all’Ambiente - Noi intendiamo spostare la partecipazione ‘in alto’, verso il momento della programmazione. Fra qualche mese presenteremo la Vas (Valutazione Ambientale Strategica) che valuta l’impatto proprio della pianificazione; e lì è previsto un ampio coinvolgimento della società…"
"Teniamo a sottolineare come anche nello screening sia possibile una partecipazione del cittadino; - ci dice invece la dott. Paola Matonti, dirigente del Dipartimento Ambiente - la legge sulla trasparenza stabilisce la pubblicità di tutti gli atti, e la possibilità per qualsiasi soggetto sociale, portatore di un interesse, di partecipare allo screening stesso."
Motivazioni che assolutamente non convincono. "Figuriamoci. Si distrugge uno strumento di partecipazione in funzione, pensando di sostituirlo con uno futuribile, di cui non esiste ancora un progetto di legge, che chissà se e quando verrà approvato? - replica Micheli - In quanto alla motivazione sulla pubblicità degli atti: ma come? E’ già difficile attivare la partecipazione del cittadino quando questi è informato. Qui invece dovrebbe andare per gli uffici provinciali, venire a sapere che c’è un intervento, presentare domanda… Non scherziamo. In questo modo si attiveranno non gli interessi collettivi, ma quelli puntuali, di chi si sente penalizzato dal passaggio di una strada nei pressi del suo terreno."
Insomma, il solito percorso politico-sociale doroteo: si induce il cittadino a trasformarsi in cliente. Questa è la vera "cultura diffusa" seminata da provvedimenti del genere.
Tutto questo non vuol dire che la legge sulla Via non fosse superata. E che l’istituto, proprio perché a suo tempo innovativo, dopo dodici anni non andasse rivisto.
Non solo. Le frontiere della politica ambientale nel frattempo si sono spostate. L’accusa di "vincolismo" non è infondata. Oggi si tende a perseguire una politica, a indirizzare gli interventi dell’imprenditoria, non più e non tanto con le proibizioni, ma agendo sulla leva economica, con un accorto sistema di incentivi e disincentivi.
Ma anche qui, ahimé, è notte fonda. La giunta Dellai, quella che per alcuni giorni ha detto di dover eliminare la Via perché costretta dall’Europa, è la stessa che ha deciso di opporsi, con tutte le sue forze, alle ingiunzioni europee contro le sovvenzioni agli impianti di risalita. E poi nell’attuale finanziaria ha escogitato un marchingegno per aggirare queste norme, facendo passare i soldi ai Comuni, affinché subentrino loro, pur con i soldi della Pat, nelle dannose e decotte società impiantiste.
"In Trentino la politica degli incentivi\disincentivi ambientali non viene portata avanti da nessuno - sostiene Rigo - Anzi. Si finanziano i comportamenti perversi, come la proliferazione degli impianti di risalita; e non si premiano quelli virtuosi."
L’Europa invece, magari usa la Via solo per opere di grande impatto, ma al contempo attua una decisa politica ambientale attraverso le leve economiche. "Fa uno sforzo massimo nel settore rifiuti, dove il Trentino è tra gli ultimi. E poi nell’energia: puntando sulle strategie, sulle differenziazioni nel risparmio energetico, con il risultato che viene assorbita infinitamente più energia solare in Foresta Nera che da noi. E ancora sulle seconde case, che solo in Trentino continuano a proliferare. Dellai ce la mette proprio tutta per non essere educativo."
Secondo noi tutto questo non è un caso: c’è del metodo in questa follia. E’ la stringente logica della vecchia, mai tramontata politica della clientela.