Inceneritore: un’offesa per tutti
Lo Studio dell’Università sull’inceneritore riaccende le polemiche: per la sua evidente parzialità, per il rifiuto di considerare seriamente le alternative. Il grosso business sembrerebbe inarrestabile. E invece sta crescendo un forte, articolato e soprattutto nuovo movimento: e a differenza che nel caso Jumela...
Doveva dire la parola definitiva sulla questione inceneritore, lo Studio di Impatto Ambientale redatto per conto della Provincia dal Dipartimento di Ingegneria Ambientale dell’Università di Trento. "Aspettiamo lo studio dell’Università..." - dicevano tutti. Ora lo studio c’è e siamo al punto di prima: ha solo sollecitato vaste e dure polemiche; e confermato la convinzione che in alto loco si sia comunque deciso che l’impianto si debba in ogni caso fare, al di là di ogni motivazione e logica.
Insomma, pare che lo Studio, invece di creare consenso abbia al contrario radicalizzato le contrapposte opinioni. "Fumo negli occhi" - è il significativo titolo di un volantino con cui 25 associazioni lo hanno commentato. Come mai?
In effetti lo Studio rappresenta un continuo avallo delle decisioni già prese. Un avallo, ahimè, supportato da scarsissime argomentazioni tecniche; in alcuni casi da spericolate arrampicate sui vetri.
Vediamo tre argomenti, secondo noi illuminanti.
Il primo è la localizzazione a Ischia Podetti. Perché costruire un impianto che poco o tanto sarà comunque inquinante a ridosso della maggior concentrazione urbana? E perché sulla riva dell’Adige, in zona a rischio esondazione?
A questi quesiti si risponde con una cartina e con alcune argomentazioni. La cartina, che a lato riportiamo, è francamente truffaldina. Si evidenzia Ischia Podetti, si indica la distanza (6 chilometri) dal centro città, Piazza Duomo, si sottolinea come "area ad alta densità di popolazione" Trento sud. Peccato che Trento nord, con Gardolo e gli altri sobborghi, siano aree ad altrettanto alta densità di popolazione, e situate a brevissima distanza dall’inceneritore; ma nella cartina non vengono riportate.
Passiamo alle argomentazioni. La relazione controbilancia gli aspetti negativi con alcuni vantaggi. Vediamoli.
- "La compensazione dei disagi connessi con la realizzazione dell’impianto determinata dalla contestuale bonifica integrale del sito ora contaminato";cioè, lì si deve lavorare per bonificare la discarica, prolungarne i lavori costruendo l’inceneritore è un disagio minore che farlo da un’altra parte.
- "La possibilità di annullare l’impatto ambientale dell’impianto di compostaggio in esercizio a Ischia Podetti, grazie al suo smantellamento". Non si capisce: si vuol dire che il compostaggio attualmente in funzione è malfatto e inquinante? E allora lo si smantelli o ci si rimedi. Oppure si vuol far intendere che un inceneritore inquina di meno di un impianto del compost?
- "La possibilità di convogliare nella camera di combustione dell’impianto di termovalorizzatore il biogas generato dalla discarica di Ischia Podetti, smorzando l’impatto ambientale". Ma della discarica non si è già decisa la bonifica integrale, a prescindere dal nuovo impianto?
- "La posizione maggiormente baricentrica rispetto alle aree di produzione dei rifiuti".
- "La vicinanza del sito allo scalo intermodale, con la conseguente possibilità di razionalizzazione dei flussi di traffico sul territorio". Cosa c’entrano l’interporto e la ferrovia, con l’inceneritore? I camion delle immondizie che ahinoi arriveranno da tutta la provincia, non passano certo per l’interporto. A meno che... a meno che sotto sotto non si postuli quello che si teme: il grosso, spropositato inceneritore potrà servire per le immondizie di altre aree, che affluiranno tramite l’interporto e il centro intermodale.
Insomma, argomentazioni inconsistenti o fasulle, che non controbilanciano certo lo svantaggio di inquinare a ridosso della città, lungo il fiume. Più avanti c’è la motivazione vera: "In relazione alla scelta di Ischia Podetti va anche evidenziato il valore positivo manifestato dalla comunità più direttamente interessata all’insediamento, espresso attraverso la delibera assunta dal Comune di Trento..." Eccolo l’unico vero motivo: si fa ad Ischia Podetti perché il sindaco Pacher (non certo "la comunità direttamente interessata") ha detto sì.
Ma allora uno studio serio avrebbe dovuto dire: dal punto di vista tecnico ci sono solo controindicazioni; ma quello è l’unico posto in cui c’è un via libera politico.
Ma quando mai questi studi, consulenze ecc, riccamente pagati dai committenti, arrivano a trarre queste conclusioni?
Secondo punto in cui lo studio incespica, è il paragone inceneritore-bioessiccatore. E’ già stato oggetto di dure polemiche sui quotidiani, quindi riassumiamo schematicamente. Lo studio paragona le emissioni da una parte di un inceneritore "con linea fumi ad elevata efficienza", e dall’altra di un bioessiccatore senza alcun dispositivo di intercettazione delle emissioni, più un combustore di CDR (il combustibile ricavato dalla bioessiccazione) dotato di "una linea di trattamento fumi economica". Insomma, si confronta un inceneritore recentissimo, costosissimo e superaccessoriato, con un impianto di bioessiccazione costruito in qualche maniera. E da qui si deduce che "l’opzione della bioessiccazione può produrre un flusso di diossina quasi quattro volte più grande".
Non solo. A queste conclusioni, gli ingegneri dell’Università arrivano riferendosi non a studi sul campo, a misurazioni reali, ma a simulazioni al computer fatte da una ricerca del Politecnico di Milano.
La cosa ha fatto imbestialire gli ambientalisti: "Da una parte si presenta un inceneritore dell’ultima generazione, dall’altra si portano giustificazioni per non aver fatto un analogo studio sui bioessiccatori, che comunque si liquidano in poche battute" - ci dice l’ing. Andrea Miorandi, tecnico che lavora nel campo della bioessiccazione e che è uno dei referenti delle associazioni ambientaliste. E nei giorni successivi L’Adige riporta uno studio vero, con misurazioni fatte sul campo, ossia sul bioessicatore di Montanaso (visitato dal Consiglio comunale di Trento, e subito bocciato da alcuni tecnici trentini come "inquinante"); bene, l’Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, specializzato nello studio delle diossine, certifica il contrario: dopo la bioessicazione la percentuale di diossina addirittura cala rispetto a quella presente nell’ambiente circostante.
Infine la dimensione dell’impianto. Anche qui lo studio si trovava di fronte ad un compito arduo: giustificare il super-dimensionamento (240.000 tonnellate annue) che fa a pugni con gli obiettivi del Piano di smaltimento dei rifiuti, il quale prevede la stessa quantità globale, ma che però va dimezzata se si raggiunge l’obiettivo prefissato del 50% di raccolta differenziata. Lo studio fa del suo meglio: dopo aver premesso che le 240.000 tonnellate "possono apparire in contraddizione rispetto allo sforzo programmato per la raccolta differenziata", si mette a lavorare sui numeri. E aggiunge i "rifiuti speciali assimilabili agli urbani" cioè da imballaggi, che - chissà perché - non si considerano anche loro come differenziabili; e poi ancora le ecoballe attualmente giacenti a Ischia Podetti, anche se è ormai assodato che verranno rimosse prima della costruzione dell’inceneritore e smaltite in Germania.
"E’ un conteggio risibile – commenta Andrea Pugliese di Lega Ambiente – si vede lo sforzo di aggiungere numeri purchessia, per arrivare alla cifra delle 240.000 tonnellate."
Questo lo studio degli ingegneri Tubino, Ragazzi e
Zardi. "Queste sono le consulenze del principe – commenta sarcastico Giorgio Rigo di Italia Nostra – In cui bisogna arrivare alle conclusioni che desidera il committente."
"E’ una prassi consolidata – afferma Walter Micheli di Costruire Comunità, già vicepresidente della Giunta provinciale – Lo stesso consulente, ricevuto l’incarico, chiede al committente, assessore o dirigente, ‘Cosa volete che vi dimostri?’ Il che di per sè non deve scandalizzare: il tecnico dovrebbe appunto verificare se la scienza conferma la giustezza dei progetti del politico. Il problema è quando i tecnici confermano sempre, a qualunque costo logico, che il politico aveva ragione."
Questo uso delle consulenze, molto laute e notoriamente ambite nel mondo dei tecnici e dei cattedrattici, rischia di svalutare l’apporto tecnico al momento decisionale. Bene che vada, sembrano contenere la verità delle perizie di parte.
"Magari! – afferma Rigo – Quello è un ruolo dignitoso: mettere sul tavolo tutte le ragioni che stanno da una parte, e che si contrappongono a quelle che stanno dalle altre parti. Poi c’è una figura terza – il giudice - che valuta e decide. Il problema è che qui manca la figura terza: l’istituzione decide sì, ma senza studi oggettivi. E utilizza studi pre-orientati, solo come supporto propagandistico."
Il problema è cosa ricava l’Università ad essere coinvolta in questo meccanismo poco virtuoso. "Qui si infanga l’Università!" ha tuonato l’assessore Muraro contro chi si è messo a criticare lo Studio di Ingegneria Ambientale. Il problema è invece un altro: che l’Università dovrebbe essere un’istituzione terza, di cui il cittadino possa fidarsi, riconoscendone autorevolezza e imparzialità. Vicende invece come questa, non contribuiscono certo al prestigio dell’istituzione.
"In mezzo poi ci sono gli uffici provinciali, che fungono da vasi di coccio – prosegue Rigo – Il dirigente provinciale viene così messo nella condizione di sapere che se oserà pronunciare un parere tecnico contrario ai desideri dell’assessore, questi potrà in qualsiasi momento trovare all’esterno il cattedrattico che gli darà comunque ragione, con il sigillo della scienza universitaria ecc ecc. E a questo punto, quale funzionario oserà più contraddire l’assessore, e non riterrà invece opportuno in ogni caso dire sempre di sì? E così l’oggettività, la serietà dell’amministrazione, ne esce ulteriormente sminuita."
Il punto è che si intravede sempre meglio il modello di politica dei rifiuti che sta emergendo. L’insistenza, contro la logica e i numeri, sul megainceneritore da 240.000 tonnellate fa capire tante cose. "E’ facile prevedere che si aprirà un mercato delle vacche su questa cifra" prevede Andrea Miorandi.
"Un conto è la quantità che l’impianto è autorizzato a bruciare, un altro quello che brucia effettivamente – sostiene Pugliese di Lega Ambiente – Con un gioco sul conteggio dei giorni di fermo impianto, sul potere calorico dei rifiuti, si amplia il numero di tonnellate." L’esempio eclatante è sempre Brescia, dove l’ASM ha ottenuto un’autorizzazione per 260.000 tonnellate, e ne brucia effettivamente 500.000. La stessa dinamica sta per essere esportata in Trentino (ricordiamo che l’ASM è entrata a far parte del capitale sociale di Trentino Servizi, e da allora si è avuta la brutale accelerazione verso l’inceneritore).
Tutti questi rifiuti assicureranno il grosso business. Ma dove si troveranno? "La raccolta differenziata, per di più affidata alla Trentino Servizi, non sarà di sicuro incentivata – denunciano le associazioni ambientaliste. Non basterà: per raggiungere quella cifra si dovrà importare immondizia, introducendo qualche deroga alle attuali autorizzazioni. Sembra che in Veneto già si faccia conto sull’inceneritore di Trento. E allora si capisce perché lo Studio di Ingegneria ambientale consideri come positiva la vicinanza dell’Interporto.
Con quali rischi sanitari per la popolazione? Lo Studio di cui sopra parla di rischi praticamente nulli.
"I rischi veri non sono tanto nel funzionamento normale dell’impianto, ma negli inevitabili momenti di inefficienza – ci dice il prof. Umberto Ducati, ordinario di Chimica-Fisica Applicata al Politecnico di Milano – Le leggi sul controllo dei fumi prevedono due tipi di valori: quelli per le emissioni medie giornaliere, e quelli per i picchi. Il che la dice lunga sul fatto che ogni tanto, inevitabilmente, si incorre in malfunzionamenti."
Le alternative ci sono? Escono bastonate dallo Studio? "In coscienza non mi sento di appoggiare aprioristicamente il bioessicatore – afferma Andrea Pugliese – Ma di richiedere come cosa assolutamente doverosa un serio studio comparato. Che la consulenza di Ingegneria Ambientale, non ci ha certo fornito."
Andrea Trentini riprende il modello proposto dagli ambientalisti, "e sul quale continuiamo a chiedere uno studio serio. Dopo una raccolta differenziata vera, resterebbero 140.000 tonnellate. Quindi l’azione del bioessicatore che le ridurrebbe a 70.000 tonnellate di Combustibile Derivato dai Rifiuti (CDR). Il CDR, se bruciato in apposito termovalorizzatore, inquina? Verifichiamolo. Se inquina, quelle 70.000 tonnellate si potrebbero interrare in discarica: e sarebbe sempre una soluzione migliore di quella dell’inceneritore, che – non dimentichiamolo – prevede alla fine del ciclo, 74.000 tonnellate di residui attivi, cioè pericolosi, da gettare in discarica. Se il CDR invece a bruciare non inquina, utilizziamolo: non avremo bisogno di discariche e ricaveremo qualche vantaggio economico."
Miorandi, che di professione lavora nel ciclo della bioessicazione ci tiene a sottolineare come il CDR, liquidato in quattro battute dallo Studio commissionato dalla Provincia, sia invece una soluzione al problema rifiuti in cui crede la Comunità Europea. "Che ha incaricato i vari stati nazionali di istituire gruppi di lavoro che formulino proposte di direttive europee sul CDR. Io faccio parte del gruppo di lavoro italiano: e se vi stiamo lavorando è perché la Comunità Europea, a differenza della Provincia di Trento, la ha individuata come una soluzione seria."
Il punto centrale della bioessicazione – come anche della pirolisi, di cui parliamo nell’intervista a fianco – è la possibilità di frazionare e decentrare gli impianti. La creazione di piccoli impianti comprensoriali, opportunamente dimensionati, avrebbe vari vantaggi. Innanzitutto quello di togliere il traffico di spazzatura dalle valli a Ischia Podetti. Ma poi anche quello di responsabilizzare le comunità locali sulla raccolta differenziata: dovendo conferire non più nel maxi-impianto di Trento, ma nell’impianto di valle spingerebbe sia a un’ottimizzazione del suo dimensionamento, sia a raggiungere i migliori risultati nella differenziata.
Su queste basi si sta organizzando il movimento anti-inceneritore. "Vogliamo nuovi studi, credibili, che realmente considerino le alternative – ci dice Andrea Trentini, della Rete di Lilliput – Il punto è che Dellai dà risposte vecchie, secondo tecnologie e modalità che più che collaudate, ormai sono superate."
Il movimento ha già aggregato una trentina di realtà associative, all’interno del mondo ambientalista, di quello che lavora nel sociale, dei comitati cittadini (in particolare di Trento Nord). La spinta forte viene anche dalla reazione all’evidente disprezzo verso l’intelligenza, il senso civico del cittadino: che si esprime nell’organizzare la raccolta differenziata, e che qui invece viene visto come un impedimento al business.
Ed ecco quindi da una parte l’agglutinarsi delle associazioni nel "Coordinamento per una gestione corretta dei rifiuti" (vedi l'intervento Inceneritore: fidarsi della V.I.A.?); dall’altra le numerose adesioni di personalità (oltre 200) all’"Osservatorio sui Rifiuti", lanciato da Luigi Merler, il consigliere comunale della Margherita delegato al problema e poi emarginato perché non ligio agli ordini di scuderia; l’incontro di queste realtà con il mondo politico, in un inedito superamento di barriere ideologiche altrimenti robustissime.
Infatti, tra le forze politiche, a lanciare la battaglia contro l’inceneritore, è stata Alleanza Nazionale, che ha presentato un referendum comunale. Attorno ad esso si sta verificando un fenomeno nuovo: la disponibilità di lavorare fianco a fianco di un numero ampio e variegato di persone, dagli ex-fascisti ai no-global, "senza alcuna pregiudiziale ideologica" ci confermano tutti. Parallelamente anche An rinuncia a mettere il marchio sull’iniziativa: "L’importante è far vincere la città, non un partito – ci dice il consigliere comunale Tullio Buffa, promotore del referendum – Noi abbiamo avuto solo l’intuizione di usare questo strumento. Però il punto è che il sindaco Pacher nel suo programma elettorale parlava di raccolta differenziata, non di inceneritore; quest’ultimo quindi è un argomento che è stato sottratto al vaglio democratico. Per questo con il referendum vogliamo ripristinare il potere decisionale dell’elettore: ma rivolgendoci a tutti i cittadini di Trento."
Ma il dato forse più significativo è la crescita di questo movimento anche fuori dalla città. E se l’adesione di esponenti di Lavis, e del sindaco di Mezzolombardo è motivata dal comprensibile timore di inquinamenti nel loro territorio (e nei vigneti del Teroldego) ha altre motivazioni quella di comitati, sindaci, esponenti politici di valle. Infatti ai prossimi appuntamenti (una conferenza informativa, con le relazioni di vari esperti, il 7 febbraio ore 20.30 alla Sala Oratorio del Duomo; e soprattutto la marcia su Ischia Podetti e sulla Provincia, prevista per fine febbraio) hanno già dato l’adesione tutta una serie di realtà di valle. Non solo: avanza dalle periferie l’inquieta richiesta di ridiscutere il Piano dei rifiuti, attraverso un’apposita Conferenza dei Sindaci.
Come mai? Il problema inceneritore come impostato da Dellai, non dovrebbe al contrario solleticare le miopie valligiane: la diossina se la tiene Trento-ladrona, e noi con i rifiuti siamo a posto, non dobbiamo più occuparci delle rognosa raccolta differenziata?
"Questa è la visione della società propria della Casa dei Trentini, la somma delle lobby e degli interessi particolari; visione che è poi comune anche ad alcuni di sinistra, vedi i diessini Olivieri o il sindaco di Folgaria Olivi – risponde Rigo – Per fortuna c’è anche un’altra visione, legata alle politiche di coerenza: sono amministratori che sono entrati nella rete dei Comuni alpini per uno sviluppo sostenibile, che applicano la certificazione, le normative europee. E, sul problema specifico, organizzano la raccolta differenziata e si preoccupano dei costi di gestione del maxi-inceneritore, che poi saranno pagati attraverso la tassazione sui rifiuti. Sta nascendo una classe politica che ha questi riferimenti, questa nuova cultura."
"Sulla questione inceneritore, proprio per il suo significato generale, si può costruire un nuovo centro-sinistra, visto che l’attuale pratica una politica da centro-destra" commenta duro Andrea Trentini.
Insomma, l’inceneritore sarà una sorta di Jumela 2: la logica complessiva contro i disegni del Presidente della Giunta. Solo che questa volta la partita è più grossa; e non è affidata ai consiglieri provinciali e segretari di partito, ma viene giocata in prima persona da un movimento di cittadini, che si spera ampio e agguerrito.