Pergine: Elogi, ma non solo
Quando venne alla luce, PSA rappresentava uno dei più avanzati festival italiani. Mutuava il suo modello "aperto" dalle esperienze che si stavano facendo in tutta Europa e specialmente in Francia in quell’epoca (oltre 20 anni fa). Allora perdurava la logica delle manifestazioni a compartimenti stagni con programmi rigidamente collaudati e PSA si discostava costruendo un suo percorso di ricerca non privo di personalità e innovazione.
Lo spirito pionieristico andava nella direzione che nel tempo si è rivelata vincente: la commistione di generi, nell’intento di intrigare un pubblico sempre più eterogeneo, è diventata un must delle rassegne d’oggi. Il successivo pullulare di manifestazioni interdisciplinari ha appiattito PSA al livello di molte altre rassegne della nostra provincia. Nonostante questo, va dato atto a PSA di aver trovato lo spunto di rinnovamento nella costituzione di un laboratorio che comprende la pratica orchestrale, vocale, attoriale, coreografica... E’ meritevole la decisione di destinare una parte consistente delle proprie risorse alla costituzione di un "cantiere d’arte", portando l’aspetto formativo sullo stesso piano di quello rappresentativo. Anzi, il bello è quando la didattica diviene sinergica allo spettacolo e in effetti le produzioni di PSA si avvalgono della prestazioni del Laboratorio: c’è il "Barbiere di Siviglia", il "Candide", un concerto sinfonico… Alla base sta la concezione che fare cultura non prescinde da un impegno nell’ambito educativo, con il coinvolgimento delle forze artistiche locali, espressioni di identità e vitalità del territorio.
Anche oggi PSA è pioniere nel considerare l’importanza del binomio spettacolo-formazione. Però dovrebbe anche preoccuparsi di diffondere efficacemente le proprie produzioni. Solo così il laboratorio acquista un senso completo e adempie lo scopo primario dell’arte: comunicare. Ma far circuitare in modo ampio uno spettacolo significa pure creare scambi, rigenerarsi nel confronto con altre realtà culturali e disporre di un’importante risorsa di autofinanziamento. Non è poco.
Un altro appunto: PSA dovrebbe curare più seriamente le presentazioni del suo cartellone, fornendo contenuti e non astrusità. Sentite come introduce il concerto Reggae: "…sono ambedue legati da un’attitudine genetica al ritmo musicale, dalla comune problematica che riguarda i temi sociali e dal calore umano che accomuna tutti i Sud del mondo". (Attitudine genetica? Calore umano? Ma che è ‘sta roba!). Ancor più irritante il gergo esoterico sul concerto di Cecilia Chailly: "L’opera mistica e nel contempo minimalista di una straordinaria arpista e cantante che, con la sua musica, viaggia dentro la vita, conducendo attraverso aree di ricerca che ipnotizzano e seducono." Certe fregnacce non spiegano niente ma screditano la manifestazione presso le persone di buon senso.