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Colombia, guerra continua

Un paese straziato dalla guerriglia, mentre l'Europa gioca al buonismo. Un articolo che fa discutere, di un giornalista colombiano. Da L’altrapagina, mensile di Città di Castello.

Eduardo Mackenzie

La collera è immensa in Colombia. Tre giorni dopo la firma di un accordo tra il governo e la guerriglia comunista delle Farc (Fuerzas Armadas Revolucionarias de Colombia), accordo osannato dal presidente Andrès Pastrana e presentato come un’iniziativa che permetterà di arrivare a una tregua con sospensione delle ostilità, il numero due delle Farc, Paul Reyes, uno dei firmatari dell’accordo, ha fatto sapere, in un’intervista alla radio, che questo documento era semplicemente nullo: "Non è possibile che un processo tanto importante come la firma di una pace con giustizia sociale sia sottomesso a una data fissata per ragioni elettorali. Gli obiettivi della pace non possono essere a rimorchio di una elezione o di una data".

L’accordo era stato concluso nel villaggio di Los Pozos, dopo parecchie settimane di vivaci tensioni tra il governo e gli insorti. Il presidente Pastrana aveva lanciato un ultimatum alla guerriglia e minacciato di ordinare all’esercito di recuperare l’enorme zona smilitarizzata, ceduta alle Farc nel novembre del 1998 in cambio di un’apertura di negoziati. Per mantenere il controllo di questa zona, gli insorti si erano impegnati a rispettare un piano dettagliato di discussioni che dovevano permettere, all’inizio di aprile, la firma di un cessate il fuoco che avrebbe dovuto segnare la fine di 40 anni di scontri. Questo compromesso era stato anche il frutto degli sforzi diplomatici della comunità internazionale, rappresentata dall’inviato dell’Onu, James Lemoyne, e dagli ambasciatori del gruppo dei paesi amici, tra cui la Francia, i quali avevano convinto i capi delle Farc a ritornare al tavolo dei negoziati Ma l’improvviso voltafaccia di Raul Reyes, vero affronto per il presidente colombiano, è stato accompagnato anche da una nuova ondata terroristica: alcune esplosioni a Bogotà che hanno ucciso sei persone, tra cui una bambina di 5 anni, e un’operazione destinata a far saltare la diga di Golillas, che fa parte di un sistema che alimenta di acqua Bogotà, capitale del paese con i suoi 7 milioni di abitanti.

Fortunatamente, i terroristi non sono riusciti a distruggere la diga, ma hanno minato il meccanismo centrale dell’enorme saracinesca, seppellita a 120 metri di profondità, che regola il flusso d’acqua che riempie i bacini di Chuza e Chingaza, i più grandi del paese. In caso di distruzione della diga le acque potrebbero inondare intere città e uccidere migliaia di persone, ha avvertito la Società colombiana degli ingegneri.

Di fronte all’enormità del rischio corso dalla capitale, il sindaco di Bogotà, Antanas Mokus, ha dichiarato: "A Bogotà siamo indignati. [...] Prendendosela con l’acqua se la sono presa con la vita di 7 milioni di abitanti di Bogotà. In tutte le guerre ci sono dei limiti e la guerriglia li ha violati".

I terroristi cercavano di provocare una catastrofe? Tutto sembra accreditare questa versione. Il piano era stato concepito, secondo le autorità, come la risposta degli insorti nel caso di una rottura del "processo di pace". Attaccando la diga, le Farc pensavano anche di obbligare l’esercito a spostare delle truppe verso questa regione, riducendo così la pressione sulla zona smilitarizzata. Tuttavia, a dispetto dell’accordo concluso il 19 gennaio, le Farc non hanno sospeso il loro piano dinamitardo. Al momento le autorità ignorano se l’esplosione abbia creato crepe nella diga e se la riparazione della saracinesca richiederà di svuotare uno o due bacini di raccolta dell’acqua, il che sconvolgerebbe l’approvvigionamento di Bogotà per mesi.

L’impotenza dimostrata dal governo di fronte al terrorismo non è nuova: ogni volta che le parti giungono alla firma di un documento, anche se questo non riesce che in scarsissima misura a concretizzare la pace, gli insorti scatenano violenze di un’estrema gravità, sicuri che il governo non darà una risposta adeguata, né a livello militare né sul terreno politico, per non rischiare di distruggere l’improbabile processo di pace. È’ grazie a questa logica che le forze armate hanno subito colpi durissmi in passato, mentre le Farc hanno fatto progressi considerevoli dal punto di vista strategico, senza giungere, tuttavia, a conquistare il ; cuore dei colombiani.

Il presidente colombiano Andrés Pastrana.

Senza vere ragioni d’essere (la Colombia non è occupata da una potenza straniera, non c’è dittatura e non c’è irredentismo religioso), le guerriglie si sono perpetuate grazie alla geografia e alla debolezza e all’inerzia dello Stato.

La zona smilitarizzata, i soldi della droga e i rapimenti massicci a scopo di riscatto non hanno fatto che rafforzare la logica dei ribelli. Conseguenza: i paramilitari di estrema destra, che praticano ugualmente metodi barbari (massacri, attentati, traffico di droga, ecc.) hanno avuto una rapida espansione. Così la spirale della violenza si è amplificata, intrappolando le autentiche volontà di pace.

La domanda che si pongono milioni di colombiani è questa: a che serve un "processo di pace" in queste condizioni? Non bisogna cambiare modello e imporre agli autori delle violenze un’altra strategia di rafforzamento dello Stato e di negoziazione zero in mancanza di prove tangibili di una volontà di pace, come fa la Spagna con l’Eta?

L’aiuto fornito alla Colombia dagli Stati Uniti (1,3 miliardi di dollari soprattutto in elicotteri da combattimento e in addestramento di truppe speciali), ha migliorato le possibilità teoriche di vittoria dell’esercito sui ribelli, ma l’incuria dei responsabili politici rischia di far naufragare ogni possibilità di liberare il paese dalle forze totalitarie che lo corrodono.

Segno di questa disperazione, il giornale El Pais, di Cali, la seconda città del paese, pubblicava queste righe, qualche giorno fa: "Non c’è mai stato un processo di pace. Tutte queste commissioni, queste tavole rotonde e questi comunicati non hanno fatto che aggravare un po’ di più la confusione. La fine delle ostilità non è stata mai presa in seria considerazione. La guerriglia ha dato costantemente prova di una doppiezza criminale che ha appesantito il bilancio delle violenze e delle distruzioni. Le Farc non hanno mai voluto la pace. La loro strategia era chiara: tirare in lungo le discussioni, mantenere le loro prebende, ottenere sempre più concessioni. La stupida arroganza dei capi ribelli ha avuto ragione della pazienza governativa".

Quali sono ora le altre "sorprese" che le Farc preparano contro il paese? Visto quello che hanno tentato di fare contro il sistema idrico di Bogotà, non ci si possono aspettare gentilezze.

"Se non si fosse entrati in azione la Colombia sarebbe già paralizzata. Noi proteggiamo 2.000 punti strategici del paese e solamente negli ultimi 15 giorni abbiamo evitato 57 azioni di guerriglia contro alcuni villaggi" - ha dichiarato il 26 gennaio il generale Fernando Tapias, comandante delle forze militari. Secondo lui le Farc "entrano in una specie di schizofrenia che le spinge a commettere le devastazioni più grandi possibile, senza preoccuparsi né del loro obiettivo né se i loro attacchi colpiscono i civili. Il loro piano è eminentemente terroristico, destinato a sospendere i servizi pubblici, soprattutto l’energia, gli acquedotti, il trasporto di combustibili e il sistema stradale del paese". La Colombia ha il diritto di difendersi? La Colombia ha diritto a essere aiutata dall’Unione Europea?

Certamente. Tuttavia, l’Unione Europea non ha trovato la politica giusta nei confronti della Colombia. Sollecitata da Bogotà per un aiuto finanziario di un miliardo di dollari per la lotta antidroga, Bruxelles ha detto di no. Preoccupata di differenziarsi da Washington, il suo atteggiamento è rimasto incostante. Un giorno promette un aiuto esattamente di 105 milioni di euro in cinque anni, per un programma sociale controllato da organizzazioni non governative. Un altro giorno punta sul dialogo con l’Eln, una banda armata secondaria. Successivamente mette sullo stesso piano terroristi, narcotrafficanti e governo (suggerendo che il problema del traffico di droga sia regolato attraverso conversazioni), il giorno seguente ripete che il suo aiuto alle organizzazioni non governative è condizionato al proseguimenti dei dialoghi di pace. In breve: schiva il conflitto reale. Nel frattempo i terroristi insanguinano il paese.

Nel 2001, sono state sequestrate 2.280 persone (di cui 41 straniere) e sono stati demoliti dai terroristi 254 tralicci dell’energia elettrica. Si sono contati 170 attacchi a oleodotti. Per proteggere le infrastrutture, Pastrana aveva chiesto agli Usa di permettere di utilizzare l’aiuto militare del piano Colombia nella sua lotta contro i gruppi armati illegali e di finanziare l’impiego di un battaglione di dispiegamento rapido di mille uomini. Washington non ha detto di no e la pressione di Washington nei confronti dei ribelli colombiani potrebbe aumentare. Le Farc, che hanno giustificato gli attacchi dell’11 settembre dicendo che sono "la conseguenza delle politiche imperialiste di stile terrorista", sono al momento nella lista del Dipartimento di Stato delle organizzazioni terroristiche da combattere a livello internazionale. Anche l’Eln e l’Auc (paramilitari) sono in questa lista.

Si sono meritate questa iscrizione, ma l’Unione Europea gioca invece al buonismo, senza misurarne le conseguenze: le classifica come organizzazioni non di portata internazionale, senza preoccuparsi dei contatti accertati tra le Farc e l’Ira, e dei video di Bin Laden trovati recentemente dalla polizia presso uno dei capi dell’Eln.