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La Colombia vicina alla pace

Forse è giunta alla fine una terribile quanto sconosciuta guerra civile. Ma i problemi non mancano

Francesca Caprini

Il 23 settembre all’Avana il presidente colombiano Juan Manuel Santos e il capo delle FARC (Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane) Timoshenko hanno firmato l’accordo preliminare di pace che sarà ratificato il prossimo 23 marzo, sempre nella capitale cubana. Insieme alla Norvegia, infatti, Cuba è stato il Paese garante durante le trattative fra governo ed eserciti guerriglieri (al tavolo di dialogo c’era anche l’ELN, l’Esercito di Liberazione Nazionale), iniziate tre anni orsono. Un accordo storico, che dovrebbe porre fine alla più lunga guerra interna dell’America latina: oltre mezzo secolo con 220.000 morti, centinaia di sequestri, il maggior numero di sfollati interni dopo il Camerun (si parla di almeno sei milioni di profughi) e un numero importante di desaparecidos: secondo la CODHES, la Commissione di Monitoraggio per la Politica Pubblica sugli Sfollamenti Forzati, negli ultimi 10 anni la Colombia ha contato l’esorbitante cifra di 100.000 persone sparite nel nulla, mentre numerose sono le fosse comuni che si continuano a trovare in ogni parte del Paese.

Lo scorso 23 ottobre a Trento è venuto Tancredi Tarantino, economista e conoscitore della Colombia, esponente dell’associazione “RE:Common”. Invitato dall’associazione Yaku in occasione dell’inaugurazione al MUSE di Trento della “Scuola dell’Acqua e dei beni comuni”, percorso di incontri e formazione sui beni comuni e la cooperazione internazionale, Tarantino ha tenuto una lezione su “Finanziarizzazione della Natura e biodiversity offsetting”, facendo della Colombia un interessante caso di studio.

Gli abbiamo chiesto una riflessione sulle possibili prospettive del paese latinoamericano, all’indomani della firma degli accordi di pace, all’interno del panorama economico finanziario globale:

Che cosa significa finanziarizzazione della natura?

Il capitalismo è in una crisi profonda e quello che sta succedendo in Cina lo dimostra, nei termini in cui sta perdendo enormi capitali in fondi d’investimento e di profitto. La Cina è uno dei Paesi che si stanno rivolgendo alla Natura per nuovi guadagni, cioè mette i beni comuni in un sistema di produzione capitalista. Si parla di green assets, ovvero beni che vengono scambiati sul mercato, solo che in questo caso sono beni naturali. In Cile si scambiano i diritti sull’acqua: vuol dire che io posso scambiare o vendere sul mercato questi diritti di sfruttamento idrico per speculare. Altra questione preoccupante è la cosiddetta biodiversity offsetting, ovvero i progetti di compensazione per la biodiversità: se una multinazionale vuol fare una miniera in Colombia, può compensare gli impatti riforestando da un’altra parte: ma da un lato non compensa realmente le devastazioni ambientali e sociali, dall’altro ne esce con un’immagine pulita. Un aspetto importante, è la dimensione del conflitto sociale che accompagna le speculazioni finanziarie attorno ai beni comuni: non possiamo che denunciare come estrattivismo e finanziarizzazione si muovano bene dove c’è violazione dei diritti umani”.

La Colombia si appresta a firmare gli accordi definitivi di pace. È un Paese che ha fatto dell’estrattivismo l’elemento trainante della sua economia. Le associazioni per i diritti umani ed ambientaliste colombiane parlano di “Paz con justicia social y ambiental”, ovvero di pace possibile solo attraverso la giustizia ambientale e sociale...

L’attuale presidente Santos è colui che fin dal suo primo mandato ha puntato sullo sfruttamento delle risorse naturali e sui trattati di libero commercio. La Colombia storicamente ha sostenuto un modello di sviluppo che ha aumentato le diseguaglianze sociali e amplificato il conflitto armato: sappiamo che il paramilitarismo ha attecchito maggiormente in tutte quelle regioni dove l’estrattivismo ha dato mano libera alle multinazionali. La cosiddetta “locomotora minero-energetica” (locomotiva minerario-energetica) va nella direzione della privatizzazione dei beni comuni, la militarizzazione dei territori, la mercantilizzazione delle risorse naturali, la criminalizzazione delle comunità”.