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QT n. 16, 16 settembre 2000 Scheda

L’estate dei ricatti 2: val Jumela, Pinzolo e la SAT

Tutta la questione Val Jumela si è aggrovigliata attorno ad un ricatto, un tacito patto elettorale, ovviamente sempre smentito, stipulato dalla Margherita con la U.A.L. nell’autunno 1998: arriveranno i voti ladini se ci lasciate fare gli impianti.

Non c’è male, ritorniamo ai tempi più oscuri del clientelismo democristiano: per conquistare il potere e mantenerlo è ancora necessario soddisfare i poteri forti, anche quando i loro interessi contrastano con il bene collettivo.

Nel frattempo l’ufficio V.I.A. boccia il progetto, Dellai e Benedetti insistono per approvarlo, si corre per mesi sul filo della rottura politica della giunta provinciale e la S.A.T., la Società degli Alpinisti Tridentini, mantenendo fede ai suoi principi statutari, con motivazioni forti ed ineccepibili, mai gridate, si oppone alla costruzione degli impianti previsti.

A questo intervento si ribella la S.A.T. locale di Pozza di Fassa che urla sui giornali: o a Trento si tace o noi usciremo dalla S.A.T. e andremo con il C.A.I. nazionale. Una uscita assurda, in quanto la S.A.T. è sezione del C.A.I. nazionale, la più importante, la più unita d’Italia e anche lo statuto del C.A.I. impone all’art.1 il rispetto dell’ambiente dell’alta montagna.

Alla questione Jumela si affianca poi quella di Pinzolo, con il collegamento Pinzolo-Campiglio. Anche in questo caso la S.A.T. centrale con coerenza boccia la proposta, sulla base di analisi ambientali e su considerazioni economiche.

Si ribella la sezione dell’intera valle Rendeva e anche qui si minaccia di sciogliere il sodalizio, si afferma che i trentini devono pensare ai problemi di casa propria e non interferire nelle questioni delle vallate.

In questo caso la S.A.T. centrale va a Canossa, in quel di Pinzolo, e stipula un accordo: riguardo al collegamento interverremo solo sulle tematiche ambientali, tralasciando ogni altra considerazione economica, o di equilibrio sociale, o di cultura. Nel comunicato questo contenuto non viene ben articolato, si è preferito il linguaggio ereditato dalla politica.

Da queste due situazioni certamente la S.A.T. non esce bene: si dimostra come il corpo sociale dei tesserati C.A.I. non sia costruito su una base culturale sufficientemente solida e che tante tessere, forse la maggioranza, ci sono solo per avere gli sconti nella frequentazione dei rifugi, o per tradizione quando va bene. E’ questo uno schiaffo violento che si è abbattuto sulle centinaia di soci che in tutto il trentino donano alla S.A.T. giornate di lavoro, in alcuni casi decine di ore all’anno per sistemare sentieri, seguire rifugi, analizzare il territorio ed i ghiacciai, fare formazione alpinistica e ambientale nelle scuole.

Questi due ricatti venuti dalla periferia, tanto simili, sono anche uno schiaffo alla cultura delle genti che nelle valli vivono, in quanto viene dimostrato come ormai non vi sia più possibilità di scegliere con equilibrio, riflettendo, il tipo di sviluppo che il Trentino dovrà avere: abbiamo un mondo politico succube dei ricatti degli impiantisti e questa misera politica non può che trovare riflesso anche dentro l’associazionismo, anche nel cuore del glorioso corpo sociale della S.A.T.