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QT n. 2, 27 gennaio 2001 Servizi

Passo S. Pellegrino: riecco le proposte di trent’anni fa

Con la solita scusa della modernità si riaffaccia la speculazione.

Un termine magico continua a imporsi nel nostro Trentino: valorizzazione. Non poteva sfuggire a questa sciagura l’area di Passo San Pellegrino, il passo che collega Fassa alla valle del Biois. Passo San Pellegrino comprende una serie di alberghi, residence, angusti negozi, un’area scistica importante come lo Ski Area Tre Valli che attira sciatori da Fassa, ma specialmente dal bellunese.

Guardando il passo dall’alto, si viene colpiti dall’assenza di una specifica identità. Sul passo si sono scatenati pesanti appetiti imprenditoriali che nella quasi totalità dei casi hanno solo guardato l’interesse immediato di singole persone, o di ristrette cordate. Negli anni Settanta sull’area si era posato lo sguardo di importanti politici democristiani, amici di Flaminio Piccoli, che fra le altre cose erano riusciti persino a portare lassù alcune villette destinate ai terremotati del Friuli. Oggi queste baracche si sono trasformate in baite di proprietà di personaggi influenti nella vita politico-economica di Moena.

Va anche ricordata la triste vicenda del condominio "Rododendro": gli acquirenti degli appartamenti furono sballottati da un fallimento all’altro e alla fine ci rimisero di tasca propria.

Vi sono alberghi che al corpo centrale hanno aggiunto quasi annualmente volgari pezzi di cubi squadrati per aumentare i posti letto. L’intima chiesetta e l’adiacente cimitero dei frati viandanti sono stati violati dalle ruspe che hanno fatto spazio a bar privati. Durante quest’ultimo decennio, le ruspe hanno anche divelto secolari pietre incise che segnavano il confine del vescovado, e analoghe violenze si sono abbattute sui corsi d’acqua, cosicché i torrenti hanno per anni trasportato a valle fogne e residui degli scarichi degli alberghi, mentre lungo le delicate serpentine del rio San Pellegrino verso Allochet venivano trovati pesci morti. E ancora, i piazzali dei parcheggi si sono ingranditi in assenza di progetti con l’apporto di materiali di scavo ricavati dalle piste di sci, fino ad invadere le aree umide, nella più totale disattenzione degli organismi preposti alla vigilanza, comunali e provinciali.

Mentre su questo fragile territorio si imponevano grandi strutture, l’amministrazione pubblica non ha costruito un marciapiede, non ha portato illuminazione, non ha creato un solo spazio di ritrovo aperto, e lo storico ospizio versa nel più totale abbandono.

I versanti della montagna sono stati anche oggetto di preooccupanti attenzioni da parte degli impiantisti: ricordiamo i tentativi di collegamento sciistico con la Marmolada attraverso Forca Rossa e la valle del Franzedas, o della zona di Pozza attraverso le Selle e il gruppo dei Monzoni, progetti che al momento sembrano congelati.

Da un anno gli imprenditori hanno dato vita ad un consorzio di valorizzazione dell’intero passo. Nelle intenzioni iniziali sembrava si dovesse offrire risposta a tutti i limiti sopra esposti, e quindi portare il necessario riordino urbanistico, costruire sicurezza per gli ospiti lungo la strada, offrire una maggiore appetibilità al turismo estivo con la manutenzione di sentieri e lo sfalcio di aree pascolive oggi incolte, l’organizzazione di percorsi guidati in ambienti che oggi ben pochi conoscono.

La scorsa settimana è piovuta la sorpresa: presso il grand Hotel Trento il Consorzio, tramite la società "Pasit Italia" ha presentato un progetto di massima di sviluppo dell’area, un progetto che è stato ripreso acriticamente, quasi sostenuto, dal cronista del quotidiano Alto Adige.

Cosa si prevede? Blocco dell’aumento dei posti letto, sia in abitazioni residenziali che negli alberghi, potenziamento dei parcheggi, un grande centro congressi con piscina, strutture squadrate, in pratica parallelepipedi che rompano con il paesaggio circostante, grande uso del vetro per offrire l’idea del ghiaccio, dell’acqua, basta pubblicità basata sul richiamo della montagna, della fatica, delle baite e della polenta e "formai fritt": la montagna deve svegliarsi ed offrire una immagine moderna. Per l’estate si prevede la costruzione di una pista pedonabile-ciclabile in quella che è oggi l’ultima perla intatta del passo, il lago.

Per sostenere questa iniziativa, a Trento sono stati chiamati politici e sindaci, la stampa locale, i grandi istituti bancari della Provincia e non poteva mancare la sorpresa: "Iniziative Urbane".

Dal quotidiano non si legge che durante la lunga, estenuante presentazione, alcuni dei presenti si sono appisolati, altri, imprenditori del passo, erano visibilmente imbarazzati, anche irritati, ma non potevano alzarsi ed andarsene delusi per non offendere i relatori e fare uno sgarbo ai colleghi. Il sindaco di Falcade portava dipinto in volto un sorriso ironico, quelli di Moena e Soraga sono ritornati con un fardello carico di perplessità.

Abbiamo già descritto come la struttura alberghiera del passo sia cresciuta priva di logica e di anima, come sia necessario intervenire per ripristinare i danni portati in questi decenni e offrire dignità all’ambiente e agli stessi imprenditori che nella zona hanno investito denaro, sacrifici, vite intere.

Sappiamo come sia necessario dar vita e operatività ad una delle più belle e varie piste da fondo del Trentino, la fredda Allochet, umiliata dall’ostinazione, dalla miopia, dalle liti fra privati. Sul passo c’è urgente necessità di un intervento di riordino urbanistico, ma questo deve essere guidato dall’ente pubblico attraverso piani di lottizzazione complessiva.

Mai ci saremmo aspettati di sentire operatori alberghieri sostenere il blocco dell’aumento dei posti letto in albergo, di essere protagonisti della proposta di distruzione dell’entità stessa del passo, di cancellare la storia della montagna e quella scritta nella strada che sale da Cencenighe e arriva a Moena, una storia che riassume le radici del Trentino: fatica , dolore slanci di grande solidarietà, solitudine, fame, lavoro.

Ben venga quindi la voce del sindaco di Soraga quando dice: "Fuchiade non si tocca", ed è auspicabile che anche quelli di Moena e Falcade insorgano davanti ad un progetto così provocatorio. Il Trentino non ha certo bisogno di diffondere gli orrori del Tonale o del Bondone, ha bisogno di ritrovare una sua autenticità facendo l’esatto contrario di quanto proposto dai tecnici della Pasit Italia.

Passo San Pellegrino non è l’area dell’abbandono che abbiamo sentito in quell’albergo di Trento, un’area dove ci si deve vergognare di operare. E’ un valico, un confine fra due vallate completamente diverse fra loro, Fassa e Falcade. Divide anche ambiti rocciosi diversi: ad est, verso la cima Uomo e la Marmolada, troviamo le Dolomiti ed il calcare, ad ovest si impone la catena porfirica di Bocche, la continuità del massiccio del Lagorai. E’ un passo che opportunamente letto e utilizzato non è disponibile solo allo sviluppo dell’industria turistica intensiva, ma permette la crescita e l’integrazione nel turismo anche della zootecnia, poiché i pascoli vi sono estesi e vari.

Quest’altra lettura culturale e imprenditoriale non è stata recepita dai progettisti, ma probabilmente non si vuole riprendere un discorso di reale qualificazione del vivere a Passo San Pellegrino, ma riproporre le solite valorizzazioni, le grandi opere che soddisfano gli appetiti di pochi imprenditori, o di qualche istituto di credito e chissà, nonostante che Passo San Pellegrino sia lontano da Trento, anche Iniziative Urbane.

Non si farebbe altro che ritornare alle logiche di sviluppo che proprio su questo passo e in tutta Fassa abbiamo letto negli anni ’70 e ’80.