Pinzolo-Campiglio le parole e i fatti
L'accesa levata di scudi manifestatasi in modo trasversale in Val Rendena, o in quella che sembra la "società" rendenese, a seguito della nota vicenda del mancato inserimento nella variante al Piano Urbanistico Provinciale del collegamento sciistico Pinzolo-Campiglio, non risente solo del caldo agostano, ma di altri aspetti che meritano un approfondimento.
Si straccia le vesti il sindaco di Pinzolo e nel farlo manda minacce a destra e a manca; l’on. Olivieri guarda in avanti, al 2001, anno di elezioni politiche, e nel frattempo si batte come un leone a favore del collegamento, e stiamo certi che una eventuale vittoria gli porterebbe frutti copiosi; mentre la posizione scandalosamente appiattita dei sindaci degli altri comuni della Rendena appare scontata, visto il particolare clima che si respira in valle, anche se non del tutto giustificata.
Però le Regole Spinale Manez, depositarie di tradizioni e diritti secolari, scrivono che "l’impossibilità di sciare da Campiglio alla val Brenta, sia per la quota media dell’area che per l’esposizione dei versanti, nonché le difficoltà per sciatori di media capacità di superare l’ultimo tratto dal Dos del Sabion a Plaza qualificano tale ipotesi di collegamento più come un trasferimento di sciatori su cabinovia che come ampliamento effettivo di aree sciabili", giudicando pertanto l’ipotesi non percorribile.
In mezzo sta una valle, la sua gente, la sua economia, la sua legittima aspirazione a vedersi garantito un futuro: e qui le cose si complicano. Infatti simile esigenza si manifestò con forza anche negli anni Cinquanta, Sessanta e successivi, quando la crisi della società rurale, monoculturale, portò soprattutto l’alta val Rendena ad imboccare la strada che formalmente perseguiva un assetto economico basato sul turismo, estivo ed invernale, che non pareva allora ponesse grosse problematiche di ordine ambientale, ma che in realtà aveva nella sua genesi il virus della speculazione, articolata in tutte le sue espressioni.
Le conseguenze sono sotto gli occhi di tutti: le seconde case a Pinzolo si sono mangiate tutto quello che era mangiabile in termini di occupazione di territorio tanto che ora non c’è più lo spazio per realizzare una adeguata viabilità di attraversamento dell’abitato, perché sul suo tracciato, previsto ancora dal P.U.P. del 1967 e dai vari piani comunali, ci hanno costruito gli edifici. Per realizzare l’attraversamento si dovrà ora costruire una galleria lunga alcuni chilometri con i costi, anche ambientali, che tutti possono immaginare.
Stessa sorte è toccata a S. Antonio di Mavignola, con la differenza che qui il territorio da "mangiare" è ancora relativamente vasto, in attesa del nuovo "miracoloso" collegamento.
Di Madonna di Campiglio forse non è neanche il caso di parlare: tutto quello che si poteva fare per distruggere quella meraviglia che era la Campiglio di inizio secolo, o degli anni Venti, lo si è puntigliosamente fatto, ed anzi in questi ultimi tempi si assiste al completamento dell’opera con gallerie, svincoli mostruosi, parcheggi multipiano, nuove piste, nuovi alberghi, nuovi residence, ecc. ecc.
E’ certo che le responsabilità per questa situazione sono molteplici, così come è innegabile che le condizioni economiche della popolazione della val Rendena sono notevolmente migliorate in questi ultimi quarant’anni; ma ora, alla luce di queste decennali esperienze, continuare su questa strada, oltre che essere folle, è anche stolto.
Forse qualche conto sugli investimenti e sulle risorse a fondo perduto che l’Ente pubblico destina e ha destinato alla Rendena renderebbe il quadro più completo e diverso da quello che si vuol far apparire; magari con qualche informazione aggiuntiva anche rispetto all’elusione ed evasione fiscale di molti, e ai nomi dei proprietari di terreni e fienili "ruderi" delle zone interessate dall’ampliamento delle piste e del progettato collegamento.
Succede, forse troppo spesso, che rappresentanti del Comune con potere decisionale siano anche persone-chiave nelle aziende di gestione degli impianti di risalita. Queste ultime affondano in un mare di debiti, e ora i costi vengono trasferiti alle casse comunali. E’ per questo che si continua ad investire in impianti di risalita e cannoni da neve, invece di puntare su valide alternative in altri sport alpini?
Il collegamento Pinzolo-Campiglio, con tutto quello che comporta e che si porterà appresso, si inserisce sinistramente in questo percorso: ci vorrà una viabilità adeguata per l’accesso alla zona di Plaza, l’arrivo della pista di discesa libera dal monte Grual non sarà semplicemente su di un bel prato, nell’area saranno costruite tutte le attrezzature idonee allo scopo: punti di ristoro, alberghi, parcheggi, e - perché no - qualche condominio, e anche l’utilizzo turistico delle meravigliose baite della zona, la loro ristrutturazione, il loro ampliamento, e poi ancora, perché non occupare con villette e condominiotti le residue aree prative tra Mavignola e Plaza?
Se pensiamo che gli indicatori di pressione turistica (rapporto tra presenze turistiche e residenti) sono in Trentino-Alto Adige fra i più alti in Italia, e che nelle classifiche delle località sciistiche oggi ai primi posti troviamo chi ha avuto uno sviluppo turistico equilibrato nel rispetto dell’ambiente, mentre località famose sono declassate in quanto hanno investito eccessivamente penalizzando la qualità del territorio, risulta evidente che non si può più giustificare questa logica miope con la storia di voler garantire il futuro alle nuove generazioni.
Non si vuole capire che la proposta è talmente debole (noi la riteniamo controproducente e fortemente dannosa) rispetto al futuro del turismo in Rendena, che si giustifica esclusivamente con il perpetuarsi dei processi speculativi di cui si parlava in precedenza.
Ma probabilmente sul "malloppo" finiranno le mani di molti: politici senza scrupoli, affaristi, imprenditori spregiudicati, piccole similmafie locali, soprattutto nei paesi dove il controllo democratico è molto debole e le minoranze si sono fatte governo.
Lasciamo allora perdere le minacce ed i ricatti sentiti in questi giorni, che si ritorceranno inevitabilmente su chi li ha promossi. Attiviamo finalmente quella necessaria riflessione sulla globalità delle problematiche della valle e sul modello in atto, e quindi non solo sulle trite teorie malossiniane dei caroselli sciistici, che portino agli aggiustamenti necessari non solo per uno sviluppo sostenibile, ma anche per un consumo sostenibile, in cui i valori ambientali e l’efficienza dell’ecosistema alpino giochino un ruolo di primaria importanza.
Tutto ciò che non contrasta con questi valori potrà essere perseguito parallelamente, per altro, ad un processo di innalzamento delle sensibilità collettive ed individuali verso tematiche cosi vitali per il futuro della valle e non solo di quella.
Un’ultima annotazione merita di essere sottolineata, e cioè il ruolo e la posizione, spesso ambigua, della sinistra (DS in particolare, ma anche i Verdi) giudicariese e provinciale in merito alla vicenda; battersi come fa per esempio l’onorevole Olivieri per il collegamento sciistico in primo luogo ma anche attribuire esclusivamente il mancato inserimento nel P.U.P. del collegamento in questione, e tutto quello che ne consegue, a questioni di ordine economico, negando nel frattempo l’esistenza di problematiche ambientali, come pare abbia affermato anche l’assessore Pinter, tutto ciò pare a noi sconcertante.
Nel programma elettorale dei DS del Trentino per l’Ulivo si presentava una sinistra appassionata, eticamente esigente, che doveva "investire nelle intelligenze, partire dal territorio, coltivare la solidarietà e riformare l’autonomia". Con un incipit significativo: "Non si può essere ricchi e stupidi per più di una generazione" (Romano Prodi).
Si negava la prevalenza dell’ homo oeconomicus sull’homo sapiens e si condannava la perversa tendenza che punta ad aumentare sempre più la quantità di turisti, in una rincorsa affannosa il cui risultato è però quello di attrarre un turismo di qualità più bassa, che spende sempre meno, registrando il tutto esaurito in periodi sempre più brevi dell’anno. Una corsa verso l’autodistruzione, tendenza che va assolutamennte invertita, anche con una sostanziale limitazione delle seconde case; e ci si richiamava anche "all’etica della responsabilità individuale e collettiva capace di superare i conflitti d’interesse, perché un turismo che rovina l’ambiente e il paesaggio è un turismo che mina le sue stesse fondamenta, un turismo debole, di serie B, che penalizza un turismo di qualità, che non significa di élite…"
Queste belle parole servivano solo per raccattare voti?
Se la sinistra perde anche questa bussola , quella della difesa dei valori ambientali e del perseguimento dello sviluppo sostenibile, qualcuno dovrebbe spiegare perché la si dovrebbe ancora sostenere all’atto della posa della scheda elettorale nell’urna...