Val Jumela: scandaloso Tar?
Il Tribunale Amminsitrativo demolisce la delibera della Giunta provinciale, provocando l’indignazione di politici e imprenditori.
Via da Trento, andiamo con Bolzano" - si sta gridando a Pozza di Fassa, si è gridato sulla Mendola.
Gli imprenditori del passo che collega la Valle di Non a Caldaro si sentono trascurati e traditi: la Provincia non ha dato loro soddisfazione in quanto non ha inserito nella variante al Piano Urbanistico Provinciale l’ampliamento dell’area sciabile del Roen.
In valle di Fassa cade sulla Provincia identica accusa in quanto non è riuscita a far passare al TAR il collegamento sciistico Buffaure-Sella Brunech attraverso la val Jumela: vogliono andare nelle braccia di Bolzano il sindaco di Pozza, i parlamentari ladini, 270 azionisti della Buffaure.
A questi passi si è ridotta oggi la politica trentina: con un insieme di dichiarazioni penose si sta umiliando la cultura autonomistica della nostra terra, si umiliano i saperi e le capacità imprenditoriali. Siamo tutti chiamati a riflettere su questi ultimi fatti, in modo particolare quelle forze politiche, quei personaggi che, investiti di mandato elettorale, hanno identificato l’agire politico e la loro carriera solo come strumento di diffusione clientelare.
E’ grave che a Pozza di Fassa questo modo di intendere la politica venga sponsorizzato, sostenuto e alimentato da quelle persone che sono chiamate a gestire le istituzioni e le leggi.
Il sindaco di Pozza di Fassa innanzitutto, un sindaco che si ritiene proprietario del territorio, libero dai vincoli e dalle norme, depositario di un potere assoluto, che intende il territorio proprietà di lobby specifiche.
Poi il deputato ladino Giuseppe Detomas, che invita la giunta a superare ogni richiamo dettato da un organismo giurisdizionale e che ricorda promesse elettorali pattuite in chissà quale locale.
Dopo la sentenza del TAR che raccoglieva in modo completo le istanze contrarie alla costruzione degli impianti presentate dagli ambientalisti e cassava la delibera della Giunta provinciale, sui quotidiani, in modo accentuato sull’Adige, giornale scelto dai sostenitori degli impianti per far sentire la loro rozza voce, sono apparse decine di lettere, certo scritte da mani diverse, ma che sembrano dettate da un’unica regia. Proviamo ad analizzare ogni aspetto di queste critiche.
"La sentenza è un’ingiustizia e un tradimento dei politici contro la valle di Fassa".
E’ la tesi sostenuta anche dal sindaco e dal deputato ladino: una intera comunità ritiene di aver subito un torto dalla magistratura e assume così i comportamenti di Berlusconi, Previti, Biondi e Castelli. La politica deve avere le mani libere, non deve soggiacere a nessun controllo di altre istituzioni. Quando i giudici non assecondano i voleri di certa economia, questi diventano nemici e vengono criminalizzati. Non si avanza un minimo dubbio di aver potuto commettere errori, errori procedurali, errori sostanziali, errori nell’interpretazione e nell’applicazione delle leggi.
Riguardo al tradimento dei politici, Dellai e la Margherita non avevano scritto in nessun impegno elettorale questa promessa e l’assalto alla valle non era stato concordato con gli alleati. Il Presidente si è avocato a sé l’intero procedimento: se è stato sconfessato dal Tribunale Amministrativo, Dellai non ha certo tradito i fassani, semmai i suoi alleati, DS e Verdi, e in quella occasione ha dimostrato limiti tecnici e politici preoccupanti. Ricordiamo come Dellai, in seguito al definitivo parere contrario del comitato per l’Ambiente sulla compatibilità ambientale e paesaggistica degli impianti, abbia tolto all’assessore competente Iva Berasi (con il benestare di quest’ultima) il procedimento deliberativo e abbia forzato la decisione in Giunta anche a costo di provocare una irrimediabile spaccatura del centro-sinistra. Con quella scelta la giunta provinciale è certo rimasta in sella, ma si è frantumata in modo definitivo la fiducia dell’elettorato del centro-sinistra e del mondo ambientalista verso ogni componente politica dell’attuale alleanza.
l collegamento era promesso, un atto dovuto, in quanto la società Buffaure aveva rinunciato nel 1988 a concessioni già date".
IQui volutamente si dimentica l’intera storia delle aree sciabili di Fassa. Negli anni Settanta il comprensorio di Fassa aveva costruito un piano-neve folle: ad ogni paese veniva dato uno o più impianti, ogni vallecola di Fassa veniva interessata dallo sviluppo di aree sciabili, il piano doveva trovare realizzazione entro il 2000. Per l’area val di Grepa, Jumela, Monzoni erano previsti la costruzione di 13 impianti ed un’infinità di piste. Si mossero gli ambientalisti ladini, SOS Dolomites, e a Roma, in sede del ministero dell’Ambiente, questi costruirono la prima seria ipotesi di costruzione della Riserva naturale di Val di Grepa, Jumela e Monzoni. A fine anno 1987 la riserva sembrava cosa fatta. Davanti a questa offensiva, la Giunta provinciale, dopo Stava, elaborava il nuovo PUP (1987) e come mediazione tra le due esigenze - sviluppo e tutela - stralciava le aree sciistiche di val di Grepa e dei Monzoni. Non le concessioni, non essendo ancora stato approvato alcun progetto grazie alle insistenti e motivate espressioni negative del Servizio Foreste.
Andiamo a rileggerci le lettere di fuoco degli amministratori di Pozza contro i servizi forestali di allora e vedremo come l’arroganza dimostrata sia identica a quella letta in questi giorni.
Rimaneva la previsione urbanistica dell’area sciabile in val Jumela. Ma nel 1997 la Giunta provinciale operava una nuova forzatura legislativa: approvava l’arroccamento a Col Valvacin con una nuova seggiovia nonostante l’assenza di Valutazione di Impatto Ambientale (con la contrarietà decisa del Servizio Tutela del Paesaggio) e motivava, scrivendolo in delibera, questo pericoloso e scorretto passaggio con la presenza di un accordo con la società funivie che non si sarebbe proceduto oltre, cioè con la garanzia che val Jumela sarebbe rimasta intatta. Un passaggio istituzionale, questo, che a Pozza nessuno certo ama ricordare.
Il tradimento delle istanze ladine. Andiamo con Bolzano".
Purtroppo si confonde la tutela della cultura ladina e della minoranza linguistica con il potere locale di gestire ogni aspetto dello sviluppo della valle, incuranti delle esigenze di altre minoranze presenti, cioè di chi ancora nella natura e nel paesaggio legge valori fondamentali per la vita, per lo sviluppo, per un turismo nuovo. Si confonde l’essere ladini con il diritto alla devastazione del territorio. Non è un caso che a Pozza di Fassa non si sia ancora bloccato lo sviluppo delle seconde case e che alcuni alberghi dismessi o in difficoltà stiano ristrutturandosi in residence.
In valle di Fassa in tanti sono convinti che a Bolzano tutto risulti possibile. Certo, il potere granitico della SVP quando promette riesce a scardinare parecchi castelli normativi. Ma anche Durnwalder ha più volte dovuto abbassare la testa davanti ai pronunciamenti del TAR. Un solo esempio? La vergognosa discarica di rifiuti prevista sotto Fortezza, nell’alveo del torrente Isarco. E comunque la SVP, nel forzare sostegni ai poteri forti, non dimentica l’insieme delle necessità dello sviluppo di una valle, delle periferie, non trascura sanità, scuola, servizi essenziali, come invece accade nella periferia trentina.
a valle è brulla, inospitale, triste e senza vita, buona per un eremo di peccatori estremi… proiettata verso il nulla".
LE’ questo uno dei ritornelli più frequenti, quello che volteggia in ogni bar del Centro Fassa, quello che fa più presa nell’opinione pubblica. Non c’è un solo albero, quindi non si intacca l’ambiente; c’è solo erba secca, lassù, non ci passa nessuno.
E’ la parte più sconsolante delle obiezioni: vi si legge un preoccupante livello di degrado culturale, una totale assenza di amore verso il proprio territorio e la storia, verso la cultura e la scienza; sono parole purtroppo pregne di un’ignoranza che addirittura diventa vanto. In questo caso né gli amministratori, né gli impiantisti dimostrano di aver letto il PUP: proprio il PUP del 1987 traccia una lettura preziosa, anche se sintetica, della qualità del bene ambientale e paesaggistico rappresentato dalla valle.
a valle rimarrà deserta, emigreremo per colpa del Botrychium simplex".
LSi ritorna a parlare di fame, proprio in valle di Fassa dove risulta ormai difficile riuscire a trovare uno spazio aperto, dove non esiste più soluzione di continuità fra un paese e l’altro, nella valle con la più alta densità di impianti e piste di tutta Italia: non si ha un minimo di decenza.
Altre frasi del penoso repertorio?
"Chi è contro? Quelli del 27, quelli che hanno bisogno di consulenze e studi, tutti inventati inutilmente".
"Chi ha tanto urlato contro non ha mai visto né la zona né il progetto, nemmeno sanno dove sia la val Jumela".
"Chiederemo il risarcimento dei danni e dei costi inutilmente subiti".
Si propone poi il boicottaggio dei prodotti della valle dell’Adige, una valle che è creditrice a livello erariale verso la valle di Fassa.
Questo è in sintesi il pensiero dominante in valle di Fassa. Ma non si pensi ci sia un diffuso, completo allineamento su queste posizioni: molti impiantisti fassani hanno sorriso con soddisfazione appena saputo della sentenza, ben conoscendo l’insostenibilità economica e di prospettiva dei progettati impianti. Anche diversi azionisti della Buffaure sono contrari ad un simile e presunto sviluppo: la valle di Fassa - lo aveva dimostrato un sondaggio svolto due anni fa - non è assolutamente schierata sul fronte della difesa della monocultura turistica basata sullo sci.
Emerge però una constatazione amara, grave: in valle, dentro la cerchia del potere imprenditoriale e di quello politico, vi è ormai la assoluta incapacità di pensare altra economia, altro sviluppo, altro turismo. C’è una sclerotizzazione del pensiero che non può non preoccupare.
E’ desolante apprendere delle minacce cadute su chi si è opposto in modo diretto alla costruzione degli impianti: alcuni dipendenti pubblici hanno dovuto lasciare il lavoro in valle, altri vivono il timore di passare nel paese. Il pensiero diverso è criminalizzato. Esemplare, in proposito, è il triste ricordo dell’assemblea pubblica organizzata dall’Adige a Pozza di Fassa il 19 luglio 2000.
E’ desolante la concezione diffusa del ruolo della giustizia, che deve essere asservita all’economia e cieca davanti alle regole e alle norme costruite da percorsi democratici.
E’ allarmante la concezione della politica presente sul nostro territorio: non solo in Fassa, ma in troppi comuni di Fiemme, sulla Mendola come nel Tesino, nel Primiero come in Rendena: asservimento ai poteri forti, ogni altra esigenza del vivere non esiste, nessuna riflessione sulla situazione e qualità del lavoro, dei reali bisogni della popolazione, dei servizi sociali, della formazione scolastica, della situazione del mondo giovanile. Questi sembrano essere aspetti marginali del vivere di una comunità.
Fa anche un po’ pena leggere il rosario di lamentele ed i capricci dei politici di Fassa, che assomigliano tanto, troppo ai loro colleghi bellunesi. Solo che a Belluno, in una realtà territoriale e sociale simile a quella trentina, qualche problema di bilancio e di differenza di risorse a disposizione esiste realmente. Le lacrime che raccogliamo in Fassa e nei proclami sulla stampa possono invece solo scandalizzare.