Il risveglio dell’orgoglio ladino
Anche fra i ladini emerge il dissenso per le decisioni sulla Val Jumela.
Grazie al quotidiano l’Adige la comunità ladina, attraverso i suoi sindaci ed altre personalità, si è espressa sui temi dell’ambiente, dello sviluppo, dell’identità culturale. Eccessive sono apparse alcune affermazioni come "i trentini devono a Fassa l’autonomia" o l’elenco di presunti successi dell’attività di parlamentare dell’onorevole Detomas. Si deve però riconoscere come le risposte di tanti amministratori evidenzino una crisi profonda di identità culturale, di programmazione dello sviluppo, una crisi leggibile nel vuoto di proposta politica e sociale. Si comprende anche come non abbiano ancora percepito la radice del malessere e come in troppi ritengano che il chiudersi nella ricerca dell’identità della locale minoranza linguistica possa risolvere ogni problema delle valle.
Importante è stato l’intervento del direttore dell’Istituto culturale ladino, Fabio Chiocchetti. Finalmente da parte di un rappresentante istituzionale sentiamo una voce di dissenso, di dubbio verso l’utilità economica dei previsti impianti della Val Jumela. Il direttore, probabilmente non conoscendo la consistenza dei lavori del progetto, attenua l’impatto della dichiarazione affermando subito dopo che non crede che un simile intervento comporterà la distruzione di un equilibrio ambientale, ma almeno ha fatto sentire il suo dissenso sull’argomento.
Eravamo a conoscenza dell’aspro confronto avvenuto dentro la UAL sugli impianti della Val Jumela. Chi chiedeva tutela era uscito sconfitto, di misura ma sconfitto. Il fatto grave che ha caratterizzato questi due anni di confronto è stato il silenzio di questa ampia minoranza, un silenzio che non si sa se imposto o consensuale perché rassegnato, ma come tutti i silenzi anche questo aspetto è divenuto complice di una situazione grave per la democrazia, per il dibattito. E’ stato un silenzio pesante.
La gravità della situazione, ravvisabile nelle minacce dirette rivolte ai pochi residenti di Fassa che si erano permessi di esporre le loro opinioni, le avevamo riscontrate anche nel raccogliere i dati del sondaggio sul turismo provinciale promosso dall’Università di Trento in collaborazione con il quotidiano Alto Adige.
In Val di Fassa, come in Rendena del resto, prima di rispondere gli interpellati erano titubanti, chiedevano garanzie di anonimità certe, era subito traducibile il clima che si viveva in quella comunità.
Il risultato - lo ricordiamo - era stato sorprendente, giacché smentiva le dichiarazioni dei sindaci della valle e dei rappresentanti della UAL: ben il 56% degli interpellati riteneva la costruzione degli impianti della Val Jumela una scelta sbagliata, sia in termini ambientali che economici; poco più del 30% era favorevole.
Siamo tutti convinti come la questione della tutela linguistica non si sposi inevitabilmente con la cultura ambientalista, ma è fuori di dubbio che una modifica drastica del paesaggio, della tipologia dei lavori, dei reali saperi, della qualità della vita dentro una comunità, porti alla cancellazione di cultura e quindi della lingua presente tradizionalmente in quella località.
Perché queste riflessioni cominciano ora a farsi strada sulla stampa?
Forse perché si ritiene che la questione Val Jumela sia ormai un problema politico superato: tutto infatti è ora nelle mani dei giudici del Tribunale Amministrativo.
Oppure, e maliziosamente certo, siamo portati a sposare quest’altra tesi: in valle si vive quanta insofferenza sia montata contro i politici della UAL che hanno imposto la costruzione degli impianti, quanto diffuso sia il dissenso, e le elezioni nazionali sono alle porte.
L’onorevole Detomas, eletto nel 1996 anche con un convinto e militante sostegno della cultura ambientalista di Fiemme e Fassa, rischia di perdere il seggio. Si spera in questi cinque mesi di poter recuperare la delusione diffusa durante questo infelice periodo, di superare le asperità del linguaggio usato da Detomas contro gli ambientalisti.
Una sconfitta del candidato ladino non lascerebbe spazio a grandi gioie: le alternative si chiamano Fontan o Gubert.