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QT n. 10, 13 maggio 2000 Servizi

Dall’Adige all’Alto Adige. Ecco il neo direttore

La politica, la cronaca, il rispetto per il cittadino: queste le (buone) intenzioni di Giampaolo Visetti

Cambio della guardia all’Alto Adige, con la sostituzione di Fabio Barbieri con Giampaolo Visetti. Sulla direzione di Barbieri avevamo da tempo dato un giudizio fortemente negativo. Direttore responsabile: King kong,Un Feltri di provincia, Una pagina da manuale di giornalismo - alcuni dei nostri titoli. A dire il vero, Barbieri da mesi latitava, e sull’Alto Adige compariva solo nelle foto in cui consegnava qualche premio del Bingo; il giornale, almeno nella cronaca politica, acquistava in credibilità, con una linea - di serrata critica alle scelte dorotee della giunta - perseguita con coerenza.

Barbieri non mancava di fare qualche ultimo danno su un altro fronte, quello della deontologia, cioè sull’obbligo morale di non fare danni alle persone trattando le notizie. Su questo si ebbe una crisi nell’Ordine dei Giornalisti (Giornalisti giudici di se stessi: funziona?); e nel suo addio ai lettori Barbieri non mancò di rivendicare, con l’abituale levità, la sua siderale distanza dai "farseschi assertori di ideologie deontologiche dietro le quali si nascondono quasi sempre accidie e servilismi". Amen.

Ora è arrivato Giampaolo Visetti, di cui ricordiamo la direzione del concorrente L’Adige, presa in mano - giovanissimo - nel ‘94. Una direzione sbarazzina, con un giornale disinvolto e pronto sulla notizia (talvolta troppo urlata); e contemporaneamente aperto ai più variegati interventi politico-culturali e quindi leader del dibattito locale. Dopo aver pilotato L’Adige fuori da una pericolosa crisi finanziaria (soprattutto grazie alla benevolenza della proprietà, i miliardari conti di Caporiacco) e averlo portato a sorpassare l’Alto Adige, Visetti, all’apice del successo, lasciava. Ora ritorna, alla guida del giornale concorrente.

Dimettersi nel ‘98, ritornare nel 2000: non è una cosa immediatamente comprensibile.

"Non lo è con l’ottica di alcuni anni fa, quando i due giornali avevano aree culturali e riferimenti politici diversi. Oggi non è più così".

Proprio per questo; andare via dall’Adige per ritornare in un’azienda analoga...

"Ritenevo che la mia esperienza lì fosse esaurita, quello che avevo da dare lo avevo dato. Per cui ho fatto nuove esperienze, alcuni anni come corrispondente in Germania, e poi come vicedirettore del Gazzettino. Ora all’Alto Adige i problemi da affrontare sono diversi. A iniziare dalla dimensione altoatesina; ma anche a Belluno, dove pur con poche copie, 5-6000, siamo importanti nella realtà locale".

Come valuta la sua esperienza fuori provincia?

"A Venezia stavo bene, è stata un’esperienza importante (oltre a essere vicedirettore, avevo la responsabilità delle pagine locali delle nove edizioni, che sono il cuore del Gazzettino, trattando le notizie di Venezia, Treviso, ecc). E’ stato difficile partire, ma ho valutato importante l’opportunità di entrare nel gruppo Espresso, alla cui cultura giornalistica sono vicino".

E con possibilità ulteriori di avanzamento in un grande gruppo nazionale?

"Sono venuto per lavorare qui. Nel futuro si vedrà, ma non è questo il mio scopo. Inoltre in un grande gruppo c’è più circolazione di esperienze, di crescita professionale".

E ora, con il passaggio dall’uno all’altro dei due quotidiani concorrenti?

"Non vedo più un clima da derby fra i quotidiani. Siamo in una regione che da 50 anni ospita una pluralità unica di organi di informazione. Tanti media (6 quotidiani, i periodici, le Tv, le radio) e tutti vivono, magari con problemi ma con una qualità assolutamente insolita nel panorama nazionale.

In quanto a L’Adige, lo sento ancora un po’ come una cosa in piccola parte mia: non penso davvero a una logica da mors tua vita mea".

Non ci sarà un clima da derby, ma c’è la gara a chi diffonde di più...

"Sono logiche di mercato importanti, ma non decisive: non è da quelle che dipendono sopravvivenze e ruoli. L’Alto Adige con le sue tre edizioni è nell’area alpina un caso a sé, con un ruolo indiscusso".

Ma al lettore che ne viene dal fatto che ci sia un’edizione a Belluno?

"I problemi alpini sono comuni. Solo noi, con tre edizioni diverse in tre province alpine, vediamo gli stessi problemi affrontati da versanti simili; e se ne giova il respiro dei pezzi, quando si hanno presenti le dinamiche analoghe nelle province limitrofe. Un esempio: oggi c’è l’assemblea del Superski Dolomiti a Selva Gardena, e noi possiamo registrare le opinioni e i pareri delle tre province".

Quali le novità rispetto alla direzione precedente?

"Sul piano tecnico dell’informazione, di trattamento delle notizie, ci sarà una continuità, dovuta alla redazione più che al direttore. Sul resto, senza fare paragoni con chi mi ha preceduto, porterò il mio stile: dire in maniera aperta le mie opinioni, con discrezione ma schiettezza; diremo qual è la nostra opinione, e poi riporteremo le altre, ospitando interventi, magari sollecitati, di chi la pensa diversamente. Non dobbiamo dire al cittadino cosa deve pensare; anche perché, per fortuna, c’è una pluralità di organi di informazione".

Veniamo alla politica. E al vezzo, di entrambi i quotidiani, di crearsi ed esaltare dei "leader", e poi abbandonarli nella polvere. Questa parabola l’abbiamo vista con Mengoni e Malossini; e ne abbiamo visto una parte con Dellai. Non è negativo questo ruolo, illusoriamente ubriacante per i politici, diseducativo per i cittadini?

"Bisogna considerare due fattori. Il primo: questo modo di fare giornalismo esprime un carattere trentino, che oscilla tra due estremi, un’enorme presunzione di essere speciali, di costituire esemplari laboratori nazionali; e poi piombare in successivi periodi depressivi, con sindrome di assedio e accerchiamento da realtà più robuste. I giornali esprimono e seguono questo carattere.

Dall’altra parte c’è una dimensione strutturale: siamo una provincia piccola, con un tal livello di istituzioni, da imporre al cittadino l’esigenza di produrre un ampio personale che acquisisca responsabilità pubblica; un gran bisogno di produrre leadership. Ma se siamo obiettivi, in regione, negli ultimi 50 anni, forse ci sono stati 5-6 leader, forse no. Ma inoltre siamo un po’ distruttivi: anche all’esterno non c’è stata una produzione di leadership maggiore; e il livello dei nostri amministratori è - giustamente - visto elevato, spesso un punto di riferimento".

La stampa però ha enfatizzato, non attenuato queste debolezze...

"A mio avviso siamo nella medietà dei meccanismi dell’informazione. Enfatizzare, in alto o in basso, può essere una distorsione, ma a favore del cittadino: ai politici chiediamo grandi doti, il che va a vantaggio della qualità. Poi, è vero, abbiamo dei difetti".

Lei aveva caratterizzato la sua direzione all’Adige con alcune campagne politiche condotte a tamburo battente. Ma anche abbandonate dopo poco. Esempio classico quella per il maggioritario, condotta con gran clamore per poi seguire, dopo alcuni mesi, con scarsa attenzione i passaggi decisivi che hanno insabbiato tutto. Ora, con l’Alto Adige?

"Se ci saranno le opportunità, condurremo anche da qui le dovute campagne politiche. E’ un giornale che comunque, come ho scritto nella mia presentazione, starà dalla parte di chi vuol modernizzare, ma in maniera solidale, la nostra comunità. Staremo anzitutto con chi è in difficoltà e con chi vuole modernizzare il Trentino. E’ vero, gli impegni su cui mi ero impegnato sono ancora lì. Certo, non sta a noi decidere, quello è il ruolo della politica; però dobbiamo informare affinché i processi con cui si arriva alle decisioni siano trasparenti".

Le pongo una domanda identica a quella che due anni fa posi a Paolo Ghezzi, allora neo-direttore de L’Adige. I quotidiani oggi non sono più subalterni alla politica; ma scorrendo le pagine, noto il perdurare di altre nette subalternità: in particolare al mondo economico e alla Chiesa.

"E’ vero. I giornali hanno nel loro cromosoma il difetto di essere forti coi deboli e deboli coi forti: quindi, fin quando la politica contava molto, si era subalterni ai partiti; e oggi chi guida è l’economia, e si è deboli con il mondo economico. Un campo in cui c’è poi anche la necessità di avere conoscenze specifiche, tecniche; solo da alcuni anni nei quotidiani ci sono delle pagine economiche, prima si pubblicavano solo i comunicati. Con la creazione di queste pagine si stanno creando le competenze per poter avere un atteggiamento più critico. Per l’economia e la Chiesa credo che dovremmo avere rispetto, ma non sottomissione. L’Alto Adige è un giornale laico, ma rispettoso, sia verso i credenti che verso gli imprenditori, di cui riconosce la funzione sociale, insita anche nel perseguimento del proprio interesse. Quindi atteggiamento rispettoso ma fermo".

Un giornale parla di tante cose: anzi, nei programmi dei direttori ci si propone sempre "più attenzione alla vita quotidiana". Ma proprio il fatto che lo si dica sempre, indica che qualcosa non va.

"C’è difficoltà a padroneggiare il concetto stesso. Su tutta una serie di aspetti della vita di tutti i giorni - cronaca nera, giudiziaria, problemi spiccioli del cittadino - dobbiamo essere semplici. Non dobbiamo però vedere questa sezione del giornale come una parte dequalificata: se un quotidiano racconta con fedeltà quel che accade tutti i giorni, beh, credo che sia già un buon risultato, questa è la nostra funzione primaria (gli approfondimenti sono più dei periodici). Abbiamo lettori con interessi differenti, molteplici pubblici che fanno riferimento a diverse notizie (cronaca, sport, spettacoli, cronaca di valle,...) e dobbiamo trattarli con pari dignità".

Del suo Adige, si è spesso criticato (noi fra questi) certi toni urlati. Dell’Alto Adige le enfatizzazioni (ricordo il titolo, grottesco, di una locandina: "Bande di cani randagi tendono agguati agli abitanti di Roncafort"). Che ne dice?

"Ognuno cerca di vendere al meglio la sua merce, soprattutto oggi, che arriviamo in edicole sovraccariche di un’offerta vastissima. Certo, tutto deve restare all’interno della correttezza, dei non procurati allarmi, e del buon gusto".

La deontologia del giornalista è una cosa per anime belle, o un impegno?

"Per me è un obbligo. Il dato di fondo è il rispetto di tutti. Gli errori sono inevitabili, ma quando si fanno, si deve ammetterli, e chiederne scusa. Verrà riconosciuto a tutti il diritto di critica e rettifica, a meno che nella rettifica non si offenda.

Dobbiamo far sì che il cittadino si rivolga a noi senza timori, quando ci occupiamo di lui".