Arredo urbano in val di Fiemme
Carano: come si distrugge una piazza. Predazzo: come si tenta - invano - di abbellirla.
Carano, uno dei più caratteristici paesi della val di Fiemme, è noto per l’antica tradizione del "Banderàl", una delle più interessanti e variopinte manifestazioni folcloristiche della valle. Ogni anno tutte le Regole della Comunità di Fiemme sfilano nella piazza del paese, piazza Vigilio Mich, recando le proprie bandiere e facendo giochi di abilità.
Ora quella piazza non esiste più, stravolta da un arredo urbano che è riuscito a cancellare qualsiasi ricordo di spazio collettivo e la memoria storica di antiche tradizioni associative.
L’amministrazione comunale retta dal sindaco Severino Delvai, con una spesa di mezzo miliardo, è riuscita a realizzare l’arredo forse più assurdo di tutti quelli realizzati in Trentino, e questo nonostante che la commissione per la tutela del paesaggio avesse espresso un parere assolutamente negativo.
A nulla sono valse proteste e prese di posizione, tra le quali quelle di Italia Nostra: il piccolo slargo che costituiva il cuore pulsante del paese è stato frantumato da enormi muraglioni e da cumuli di macigni.
La piazzetta interrompeva una rampa assai ripida che scendeva dalla parte alta del paese e costituiva un luogo di sosta e di traffico particolarmente prezioso in un borgo arroccato sul pendio della valle.
La ristrutturazione invece ha realizzato un grande muraglione faccia a vista, quasi una briglia di sbarramento per le piene. Fosse stato almeno così: dulcis in fundo, ai piedi della muraglia sono stati posizionati enormi massi -l’idea è quella di fare un giardino roccioso - che, sebbene mascherati, incombono sul piccolissimo spazio di quel che un tempo era la piazzetta.
Più che un bucolico luogo di incontro, immortalato da Luis Trenker quasi cinquant’anni fa nel film "Il prigioniero della montagna" , che aveva scelto proprio la piazza Vigilio Mich di Carano quale lembo di terra alpina rimasto pressoché intatto, lo slargo sembra oggi il greto desolato di un torrente in secca sul quale incombe una metafisica frana e il pensiero corre alla vicina Stava.
Al confronto, la pavimentazione della piazza di Predazzo si limita ad essere un tentativo goffo e di cattivo gusto, con le insensate decorazioni che diventano ossessionanti, ripetute come sono all’infinito in uno spazio troppo grande, che risulta freddo e volgare come l’ingresso di un centro commerciale.
Anche a Predazzo la fredda pretenziosità dell’arredo urbano ha trasformato la piazza in un luogo deserto, dove la gente non ama più passeggiare, intimidita com’è da una decorazione fine a se stessa; né valgono a creare un’atmosfera che favorisca la comunicazione le fioriere a dado circondate da un giropanca e sparse a caso sulla grande spianata, mentre le gelide aiole profilate in cemento prefabbricato servono solo definire con asprezza lo spazio destinato al passaggio dei pedoni e la spianata davanti al municipio con la banale pavimentazione a scacchiere, prismi e rombi.
Le due costruzioni del secolo scorso che costituiscono i punti focali della piazza, la chiesa neogotica e il palazzo del municipio neoclassico, non traggono certo giovamento da una pavimentazione che li isola ancora di più e ne esalta la retorica priva di afflato di due edifici tipici del gusto eclettico, caratterizzato dalla mancanza di un’idea creativa e che ripeteva stancamente formule convenzionali.
Eppure Predazzo vanta una tradizione artistica di prim’ordine, con le sue botteghe di scultori, con i tessuti artistici, con i begli affreschi devozionali sulle case e con la "Scuola artistico-industriale- comunale", costruita nel 1876 proprio sulla piazza, là dove ora sorge il municipio.