Cogo & Zendron
Le signore della politica regionale: tra riforme, falchi Svp e due centrosinistra.
Le signore della nostra politica regionale ci fanno un po’ soffrire. Margherita Cogo ed Alessandra Zendron sono ai ferri corti. Io non le ho mai viste parlarsi fra di loro, cioè non ho mai assistito ad un incontro o ad una riunione in cui fossero presenti ambedue. Le ho sempre conosciute separatamente e debbo dire che di entrambe ho un’alta considerazione.
Margherita è una persona molto pratica, cioè con uno spiccato senso della realtà. Ha radicate convinzioni in alcuni, pochi ma chiari principi ai quali ha ispirato la sua vita pubblica da quando è alla ribalta politica. Ascolta con malcelata diffidenza chi le parla con troppi preamboli o complicate elucubrazioni. Con dolce pacatezza tende a portare il discorso al sodo. Sbalzata dalla densa esperienza alla guida di un borgo importante, ma pur sempre periferico come Tione, al vertice della Regione ha percepito subito il vuoto siderale dell’Ente che si è trovata tra le mani. Con un corso accelerato di diritto costituzionale la sua intelligenza ha prontamente intuito che per salvare la Regione bisogna riformarla. Ha conosciuto in giunta quel suo vice-presidente esiliatovi dalla SVP, che rappresenta allo stato grezzo e senza alcuna diplomatica mascheratura uno dei vizi più tipici di quel partito, l’arroganza. Vi ha conosciuto anche in Alessandra Zendron l’anima più autentica della sinistra alto-atesina, prevalentemente se non esclusivamente di lingua italiana, minoranza politica nella minoranza linguistica.
Alessandra è diversa da Margherita. Credo che non abbia mai amministrato un Comune o altrimenti esercitato il potere. E’ piuttosto una intellettuale della politica. E’ maturata in battaglie ideali, la difesa dell’ambiente, il superamento delle divisioni etniche alla grande scuola di Alex Langer. Fa parte della maggioranza politica regionale, ma la sua è una cultura minoritaria, di opposizione, come è inevitabile per una persona di sinistra che vive in Sudtirolo.
Non è mai stato facile essere di sinistra in Sudtirolo, ed ancora oggi credo che sia piuttosto arduo. La presenza della SVP per lei è molto più pervasiva ed incombente, e perciò la sua ombra più determinante. E tuttavia queste donne, pur con storie e temperamenti diversi, io credo che siano concordi su molte cose, forse su quasi tutto. Certamente sul ruolo che deve essere riconosciuto alla donna nella società e nella politica. Così sul rispetto della legalità, sulla trasparenza della pubblica amministrazione, sulla difesa dell’ambiente, sul rispetto dovuto ai diversi, sulla tutela dei più deboli, insomma su tutti i valori propri della sinistra nella quale dopo tutto entrambe sono schierate. Sono d’accordo persino sulla necessità di riformare l’ordinamento regionale. Ma non, e questo è il punto di attrito e forse di rottura, sul fatto se presentare in Consiglio regionale il disegno di legge della Giunta che prevede il trasferimento alle due Province delle residue competenze regionali in materia di cooperazione, credito, camere di commercio, catasto e libro fondiario.
La Presidente, Margherita, ritiene che si possa fare perché comunque il Consiglio regionale potrà sincronizzarne l’approvazione contestualmente al voto consiliare sulla riforma dello Statuto. L’assessora, Alessandra, è riluttante ad avviare l’iter finché non sia noto il contesto concordato del nuovo Statuto. Insomma, fra le due vi è una radicale diversità di fiducia nella SVP.
Io credo che dobbiamo fare uno sforzo per capire le ragioni della riluttanza di Alessandra e, con lei, di tutto il centro-sinistra di Bolzano. Vi è una leggenda propalata della destra, ma che trova un facile ascolto nella popolazione di lingua italiana residente in provincia di Bolzano. E’ una leggenda retrospettiva, ma che ha tuttora una sua grande forza di suggestione. E’ la credenza che la Regione sia un baluardo di italianità, l’ultimo anello istituzionale che lega quella terra alla madre patria, il simbolo di una appartenenza nazionale. La ragione che induce i falchi della SVP a chiedere la soppressione della Regione è la stessa che fa arroccare la popolazione di lingua italiana in una posizione di sua strenua difesa.
E’ assolutamente certo che la Regione non ha alcun ruolo politico di tutela dei cittadini di lingua italiana residenti in Sudtirolo. E tuttavia essa è sentita come un involucro protettivo. Sarebbe gravemente irresponsabile sottovalutare questo cambiamento. Ciò che non è stato fatto in sufficiente misura è forse un lavoro per persuadere che una Regione rinnovata sarà più idonea della attuale a rianimare i rapporti, oggi inesistenti, fra le due Province. Che il terzo Statuto avrà un particolare riguardo per la tutela dei cittadini di minoranza linguistica italiana residenti in provincia di Bolzano. Che la prevedibile evoluzione della storia europea faciliterà il superamento delle divisioni etniche preconizzato da Alex Langer.
Non credo che il centro-sinistra di Bolzano svolga il suo ruolo facendosi subalterno alle leggende della destra. Se deve essere minoritario, lo sia almeno per qualcosa che vale.