Arredo urbano in val di Non: purchè sia l’ultimo
Anche nelle valli del Noce va di moda un sedicente “bello” omologato e senza storia, fatto di anfiteatri, fioriere, lampioni, ecc.
Anche i paesi della val di Non e della val di Sole non sono stati risparmiati da un arredo urbano che ne ha alterato l’aspetto, come a Terres, con l’incredibile e fittissima sequela di lampioni della pubblica illuminazione, sproporzionati e per l’altezza e per la grandezza delle bocce, o come a Vion di Taio (neppure le più piccole frazioni sono risparmiate), dove la piazza è stata lastricata con tutta la varietà possibile di forme e materiali.
Gli interventi più eclatanti , i più rappresentativi di un modo di operare superficiale e aggressivo, realizzati senza alcun tipo non solo di mediazione ma anche di semplice rispetto per il contesto storico e artistico circostante, tanto da suscitare le vibrate proteste degli abitanti stessi dei paesi, parroco in testa, sono stati realizzati a Livo e a Terzolas.
A Livo, due anni fa, il Comune, proprio nello stesso periodo in cui presentava in pompa magna un volume sulla storia del paese, parlando - e sono parole del sindaco - di "pietre e edifici che ancor oggi parlano a chi sa ben osservarli", faceva smantellare una parte della fontana di Scanna, il "brenz" in pietra dove si abbeveravano gli armenti: nulla hanno potuto le proteste degli abitanti e la mobilitazione della Pro loco: davanti all’esigenza di allargare la strada l’antico brenz è stato smontato, anche se fortunatamente conservato in attesa di migliore collocazione.
Nel 1953 invece, la protesta della popolazione aveva evitato la demolizione del manufatto, scavato a mano nella pietra ,vera e propria testimonianza storica della vita comunitaria che caratterizzava i paesi trentini fino a poco tempo fa, quando le opere pubbliche erano fatte dalla comunità stessa.
Anche la piazza antistante l’antica chiesa di Livo è stata pavimentata in pietra calcarea a scacchi e contornata da candidi gradoni che nulla hanno a che fare con la chiesa e le vecchie case dell’abitato e che la popolazione, sconcertata e delusa, si rifiuta di utilizzare, continuando a ritrovarsi sull’antico sagrato della chiesa.
Sempre a Livo, nella frazione di Varollo, è stato realizzato l’intervento forse più offensivo, quello che ha provocato scoramento in tutta la comunità, parroco in testa: davanti all’antica pieve, è stato costruito un invadente - a dir poco - anfiteatro (un altro!) in pietra bianca, talmente inutile e gratuito da rasentare il surreale: un anfiteatro in pietra di Verona che fa a pugni non solo con la semplicità dell’artistica pieve, ma anche con la scala vicino al campanile, costruita con amore e discrezione negli anni Cinquanta dagli abitanti del villaggio che andarono a recuperare le pietre del torrente sottostante.
Se la val di Non piange, la val di Sole certo non ride. A Terzolàs ha suscitato non poche polemiche l’arredo della piazza di fianco alla chiesa, su progetto di Riccardo Chiodega, ingegnere (ma non era forse meglio far intervenire un architetto?).
A parte l’abbattimento dei grandi cedri, non secolari ma comunque piantati più di quarant’anni fa, sostituiti da piante che probabilmente non causeranno problemi alle fondazioni della chiesa, è anche qui l’accumulo di elementi di arredo in uno spazio ristretto e l’utilizzo di materiali di una banalità seriale,come le ringhiere del parapetto, che si uniscono ai brutti corpi illuminanti che dalle vie circostanti risalgono alla chiesa, a sortire un effetto di freddezza e disordine che contrasta con la facciata barocca della chiesa, definita da Ottone Brentari, nella sua guida di inizio secolo, una delle più graziose chiese barocche della valle.
La sensibilità dell’attuale sindaco, non di quello di allora, ha portato almeno all’abolizione dei numerosissimi lampioni previsti dal progetto originario, che avrebbero aggiunto altri elementi di arredo in uno spazio già sovraffollato, e questo fa ben sperare in un’inversione di tendenza.
Suggeriamo all’amministrazione di Terzolàs di intervenire anche sullo spazio a ridosso di casa Malanotti, detta anche la Torraccia, uno degli edifici civili più singolari e pregevoli della val di Sole, oggetto di un recente restauro da parte della Provincia, sede del Municipio e del Centro studi della val di Sole, dove l’intervento recente ha accumulato a ridosso dell’edificio storico un incredibile insieme di panchine, fioriere, fontane, lampioni e soprattutto di tre tipi di pavimentazione diversa e, per usare un eufemismo, fantasiosa, in uno spazio ristrettissimo, disturbando l’architettura severa e significativa del palazzo.