I quotidiani e Dellai: incoerenza continua
Sulla giunta e sui temi politici, L’Adige e l’Alto Adige stanno scambiandosi i rispettivi ruoli.
Il rapporto stampa locale-politica è un tourbillon; anche chi, come noi, se ne occupa attraverso questa rubrica, rimane sconcertato per gli incessanti cambiamenti di posizione, i ribaltamenti di giudizi che si susseguono: il tutto senza che mai venga presentata una motivazione, anzi talora negando l’evidenza, di scrivere adesso il contrario di quanto sostenuto poco prima. E’ il caso del giudizio su Dellai e la sua giunta.
Riassunto delle puntate precedenti. L’Adige, attraverso una serie di direttori innovatori (Agostini, Pagliaro, Visetti) diventa un giornale critico, talora sbarazzino, tal’altra un po’ sguaiato; comunque recupera autorevolezza e copie vendute. L’attuale direttore Paolo Ghezzi proclama di voler proseguire su tale strada, magari smussando alcune asperità (vedi Lo stesso impegno e un po' di sangue in meno); incappa però in Lorenzo Dellai, che per alcuni mesi incensa come leader dalle mirabolanti virtù (La riforma, il supersindaco e gli altri).
L’Alto Adige ha un percorso inverso: attraverso un decennio di cronaca politica appiattita sui governanti di turno, perde la leadership nella credibilità e nelle vendite. L’attuale direttore Barbieri crede di dare la sveglia inaugurando una serie di sguaiate campagne-stampa; il giornale è balcanizzato, diviso tra le virulente iniziative del direttore e del suo ristretto entourage e i più meditati articoli dei cronisti politici; su Dellai il giornale evita gli estremi: né incenso, né contumelie.
Arrriviamo ai nostri giorni, e al concreto operare della giunta dellaiana. E fra i due giornali ecco una divaricazione: l’Alto Adige, soprattutto attraverso i suoi cronisti, svolge una costante funzione critica; L’Adige invece appare decerebrato, si limita a riportare le deliberazioni della Giunta senza alcun approfondimento, e men che meno alcuna velleità critica. E attenzione, nel seguire queste due linee entrambi i quotidiani, su più argomenti, sconfessano (implicitamente) proprie precedenti posizioni.
Vediamo tre temi. Il primo è la cosiddetta "norma transitoria", quella in discussione a Roma che prevede anche per Trento la legge elettorale delle altre regioni (con l’elezione diretta del presidente della giunta) se - entro il 2003 - il Consiglio provinciale non varerà una propria riforma elettorale. Contro i sabotatori della norma transitoria si scaglia l’Alto Adige e il direttore Barbieri: "Vero e proprio tradimento delle promesse... tentativo di raggiro politico... Dellai porta la responsabilità di aver ceduto..." Tutte cose che condividiamo. C’è solo un punto che non quadra: quando due anni fa la riforma elettorale si cercava di farla in Regione (la famosa "legge Chodi") ne fu proprio Barbieri uno dei principali affossatori, con violenti articoli sull’inutilità delle riforme, sul fatto che "ben altre sono le priorità per il Trentino", e che la legge Chiodi fosse "una puttanata".
E L’Adige? Sulla norma transitoria non si scompone: riferisce del problema, dei dissidi nella maggioranza, ma né il direttore, né i commentatori politici prendono posizione. Eppure era stato proprio L’Adige a lanciare ben due campagne stampa, con conferenze, dibattiti, raccolta di firme in favore della riforma elettorale, minacciosi avvertimenti ai futuri consiglieri ("Vigileremo su come vi comporterete"). Adesso il silenzio.
Secondo argomento: l’aeroporto. In questi giorni è giunto un tormentato parere favorevole del Via, e l’Alto Adige, attraverso accurati servizi, svela retroscena ("Aeroporto: documenti incompleti sul Via"), mette in risalto le contraddizioni ("Aeroporto: sì ma a denti stretti"), e dà spazio ai pareri contrari ("Non ci si fermerà ai cinque voli"; "Il Caproni non diventi un Interporto bis" "La stroncatura di Italia Nostra").
L’Adige invece si occupa della cosa per un giorno solo, ne riferisce piattamente, e limita le perplessità ai rilievi degli ambientalisti. Eppure tempo fa era il contrario: L’Adige evidenziava le perplessità, l’Alto Adige invece vedeva nel Caproni la nuova frontiera della modernità.
Terzo argomento, le strade di Dellai. Anche qui l’Alto Adige è completo; dando la notizia, si interroga: "Perché questo grande piano? E perché subito, come se l’asfalto fosse la cosa più importante e impellente?"; poi dà spazio agli industriali ("troppe le promesse rimaste tali") e ai sindacati ("molte opere ci sembrano localismi per alcuni assessori"); costringe Dellai a una seccata intervista di precisazioni ("Non sarò il principe dell’asfalto"); e infine con un interessante editoriale dell’ex-direttore de Battaglia, mette sul piatto gli interrogativi aperti da tale rinnovata "cultura della stradalità".
E L’Adige? A parte qualche enfasi nei titoli ("L’ora delle scelte" "Dellai si gioca tutto sulle strade") e un retroscena vagamente indicativo (in giunta provinciale "anche la Valdastico non è più un tabù") per il resto calma piatta: elenco delle opere, qualche perplessità perché non si è inserita la Valsugana, e poi basta, nessun approfondimento, nessun discorso generale, in due giorni la notizia è digerita e archiviata.
Inutile ricordare che in questi anni, su questi temi, la posizione dei due quotidiani era stata esattamente l’inverso rispetto ad oggi.