La riforma, il supersindaco e gli altri
Adige e Alto Adige: come ti presento una riforma.
Le intemperanze qualunquiste del direttore dell’Alto Adige Fabio Barbieri sono un dato acquisito, che ormai non fa più notizia (ahimè, ci si abitua a tutto); e ci eravamo riproposti di non darne più conto. Ma il suo fondo dell’8 aprile ci ha fatto cambiare idea. L’articolo ("Uno spettacolo da cabaret da quattro soldi" il titolo, che subito fa capire l’aria che tira) sarebbe un commento all’approvazione della soglia elettorale al Consiglio regionale. Commento, abbiamo detto? La parola è fuori luogo; si tratta in realtà di una serie di insulti ai consiglieri (ovviamente tutti, le distinzioni sono leziosaggini per i perditempo, "fare di ogni erba un fascio è dare una rappresentazione esatta della realtà" teorizza il nostro): "bassezze da angiporto... disinteresse spocchioso... trucchi sporchi... da ergastolo politico..." ecc.
Ma il punto è un altro, è che l’ira di Barbieri risulta "a prescindere", non ha relazioni con l’accaduto: infatti mentre il direttore nel suo fondo si scatena in contumelie, immediatamente sopra il cronista spiega come il vituperato Consiglio regionale abbia approvato la (sia pur inadeguata) riforma della soglia elettorale. A tardissima ora; probabilmente quando il direttore, date alle stampe il frutto della sua indignazione, se ne era andato a casa a dormire il sonno del giusto.
Infortunio emblematico: se la linea editoriale è che comunque i politici sono quattro cialtroni, mandiamoli a casa, effettivamente non occorre informarsi. Ma a quel punto è la stessa informazione ad essere superflua.
Passiamo alla concorrenza, a L’Adige e alla sua nuova direzione. "Quando si tende a presentare Dellai come l’unico leader, il salvatore della patria, si sbaglia. E se lo abbiamo fatto anche noi, anche noi abbiamo sbagliato" ci aveva dichiarato Paolo Ghezzi, in un’intervista all’indomani del suo insediamento come direttore.
Bene, gli osanna a Dellai sono continuati come prima. Al punto da suggerire al leghista Sergio Divina un’azzeccata poesiola in dialetto su "Dellai droga moderna per i giornai" che ha fatto ridere tanti, anche chi per altri versi il padroncino della Lega non riesce ad apprezzarlo.
Non insisteremo su questo punto, sotto gli occhi di tutti. Vediamo invece un altro aspetto, più preoccupante: come L’Adige di Ghezzi, in due diverse occasioni tratti chi ostacola, oppure chi favorisce Dellai.
Il primo riguarda la vicenda del maneggio di Bonfanti, da noi trattata nel numero scorso, un pateracchio urbanistico confezionato dall’entourage del sindaco per compiacere l’amico trasversale Elio Bonfanti, consigliere di Solidarietà. "Se Dellai cade da cavallo" titola L’Adige del 23 marzo, spiegando come e perchè il Pds si opponga alle modifiche urbanistiche proposte dal sindaco per permettere la realizzazione del maneggio. In consiglio comunale le motivazioni di Dellai non convincono, la maggioranza si scioglie, all’opposizione del Pds si aggiunge quella di uomini della stessa formazione di Dellai, che rimedia una sonora sconfitta: è che "il Pds ha cercato visibilità" velenosamente argomenta il giorno dopo L’Adige. Bollando così come iniziativa da bassa politica, il rifiuto di declinare l’urbanistica in funzione delle clientele.
Secondo caso: Tarcisio Grandi. Come noto la vecchia volpe democristiana con il suo ultimo voltafaccia ha fatto vincere il congresso del Ppi a Dellai. Una vittoria per il sindaco, ma anche un problema: è difficile presentarsi come rinnovatore della politica quando ci si appoggia a un personaggio del genere; e gli esponenti della Rete (cui Paolo Ghezzi è molto vicino) hanno subito dichiarato che di fare una lista con Grandi non se ne parla nemmeno.
Ed ecco a questo punto sulle pagine de L’Adige rifiorire una nuova immagine di Tarcisio Grandi. 9 aprile, prima pagina: foto di Grandi "il tessitore"; pagina 15 altra foto ("fino alla votazione finale ha lavorato per una mediazione. E alla fine incassa un buon successo") e intervista "Il presidente della Regione, padre della legge (sottolineatura nostra) ‘Ho vinto perchè ho saputo rischiare’" e sottotitolo "‘Ma non chiamatelo Tarcisiellum (e chi ci pensava? ndr) è la riforma della gente" roba da vomitare. 10 aprile, pag 15, titolo: "E’ Paladin (ex-presidente della Corte Costituzionale) l’avvocato di Grandi" ossia sarà il costituzionalista a difendere la riforma il cui padre è Tarcisio Grandi.
La realtà è tutt’altra: anche in occasione dell’ultima riforma elettorale Grandi, nelle vesti di presidente della Giunta Regionale, ha dato ulteriore prova della sua indecente doppiezza, assumendo una varietà infinita di posizioni; al punto che, quando alla fine la riforma è stata votata, e volendo a quel punto assumersene la paternità in un discorso conclusivo, di fronte a tanta impudenza i pur scafati consiglieri regionali si sono ribellati, e all’unisono, al di sopra delle differenze etniche e di partito, gli hanno impedito di parlare, coprendolo di insulti e dileggi.
Ma per L’Adige Tarcisio Grandi, attuale alleato di Dellai, è un uomo d’onore.