A22: i tempi dell’asta sempre più incerti
A fine giugno 2024 si dovrebbe tenere l’asta internazionale per mettere fine al contenzioso sulla futura gestione dell’A22. Non sarà così, se tutto va bene si arriverà a fine anno. Dieci anni di attese e proroghe costruite ad arte per evitare il costituirsi di una società in house che avrebbe da tempo risolto ogni contenzioso con lo Stato.
Sembra rimanga ferma la volontà politica per arrivare a un accordo, almeno a parole. Lo dice Maurizio Fugatti: c’è da crederci? Ha perfino affermato che il ministro Salvini vuole accelerare la pratica. Per arrivare dove? A una concessione della durata incredibile di 50 anni, un percorso di partenariato pubblico-privato imposto dai privati che rappresentano solo il 14% del redditizio pacchetto azionario di A22.
Ma se il diritto di prelazione da parte di A22 è forte di un piano di investimenti di 7,2 miliardi da diluire in trent’anni, un piano approvato a Roma il 6 dicembre 2022, cosa impedisce ancora una definizione della gestione? Sembra siano il nodo extraprofitti (fondi dovuti allo Stato e accumulati nel corso dei 10 anni di proroghe), 440 milioni di euro maturati e gli 800 milioni del fondo ferrovia concordati con i precedenti governi. Causa le pressioni della minoranza sociale dei privati Autobrennero, per timore degli annunciati ricorsi amministrativi, non è convinta di dover restituire questi fondi e per ora si procede a rate: 70 milioni l’anno. Per questo motivo si moltiplicano i tavoli del confronto. Sono comunque fondi che prima o poi devono ritornare, tutti, allo Stato o a società collegate come Ferrovie.
La Regione Emilia Romagna vorrebbe invece chiudere in tempi brevi per dare avvio alle tanto attese due bretelle stradali Campogalliano-Sassuolo e il collegamento autostradale con la Cispadana Reggiolo-Rolo-Ferrara, due opere che farebbero capo ad Autobrennero. Sorprende invece l’attendismo delle due Province autonome. Forse perché ormai legate alla destra leghista. Con questo atteggiamento lasciano spazio alla scatenata euforia elettoralistica e demagogica del ministro Salvini. Ha dichiarato guerra all’Austria perché il Paese, con i limiti di transito e di velocità, intende tutelare la salute delle popolazioni attraversate da A22. Salvini impedisce l’aumento dei pedaggi per favorire ancora una volta gli interessi delle grandi ditte di autotrasporto.
Certo è che dopo mesi di guerra verbale e giornalistica il ministro non ha ancora avviato presso Bruxelles la procedura di infrazione contro il Tirolo e l’Austria. La sua inefficacia amministrativa si conferma. Ma sa parlare, con proclami di retroguardia, alla pancia dei camionisti e degli operatori turistici, mantenendo attiva una logorante campagna elettorale che rende difficile il confronto con i Paesi del Nord. La sua campagna elettorale è delineata: sostegno al traffico su gomma e agli interessi dei soci di minoranza, e impedire la riduzione della velocità in situazioni di eccesso di traffico.
In questa desolante cornice non si comprende come ancora oggi l’amministratore delegato di A22, l’ing. Costa, abbia il coraggio di parlare di corridoio verde europeo. Di sicuro c’è solo l’immobilismo. Si lasciano correre TIR e camper fino all’esasperazione. O meglio, fino al blocco totale del traffico.