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QT n. 5, maggio 2023 Cover story

Saranno orsi e lupi a salvare Fugatti?

La sottocultura che permette a un Fugatti altrimenti isolato di speculare sulla paura, e di recuperare voti nelle valli.

Ci voleva l’orso e la morte del giovane Andrea Papi per offrire alla Lega su un piatto d’oro l’unico repertorio politico che dimostra di saper usare. Diffondere, alimentare paura e su questo nobile sentimento umano costruire il successo elettorale. Tempo fa era di moda l’immigrazione, si alimentava il razzismo (tema che nel profilo nazionale è ancora ben presente), oggi si scatena l’odio contro i grandi animali carnivori, siano questi orsi o lupi. La parte piùgrezza e quindi ignorante del corpo politico ha inserito nella polemica perfino il mite sciacallo dorato.

Il Presidente Fugatti era in difficoltà. Non solo perché sembra che Fratelli d’Italia in vista delle elezioni provinciali autunnali non rinunci alla candidatura della sorella (d’Italia) Francesca Gerosa. Ma anche perché il governo della Provincia di questi cinque anni è risultato inadeguato, incompetente su tutti i temi. Tralasciando questioni più cittadine come NOT, Università, concerto di Vasco, anche nelle valli si percepiva la caduta verticale di consensi verso la Lega, causa le troppe promesse non mantenute e la troppa improvvisazione: l'ospedale di Fiemme, i rifiuti nel Primiero, la figuraccia sullo stadio olimpico di pattinaggio a Baselga di Pinè, le circonvallazioni della Valsugana, l’imposizione dell’autostrada A31 alla Vallarsa e Rovereto, la disastrosa e incoerente politica ambientale sostenuta dal vicepresidente Mario Tonina su gestione dei rifiuti e aree protette.

Non appena confermato che Andrea Papi era stato ucciso da un orso si è scatenato il partito dell’odio, della disinformazione, delle semplificazioni. Un partito ricco di attori: protagonisti i vertici al governo provinciale, Fugatti, Tonina, l’assessora Zanotelli, cui si sono aggiunte comparse valligiane minori. A supporto si sono aggregati commentatori dalla presunta autorevolezza nel campo dell’antropologia, della sociologia, della narrativa, più un certo giornalismo urlato, e naturalmente Reinhold Messner, che da tempo è diventato come il prezzemolo (e che nel campo delle scienze zoologiche avrebbe in realtà da farsi perdonare una ridicola spedizione himalayana alla ricerca del fantomatico yeti). Non si è trattato di un – pur poco intonato - coro, ma di un urlo, carico di rabbia, di rancore.

Una sintesi delle sparate. Il progetto Life Ursus non doveva esserci. Non è stato gestito. Il tetto massimo era di 50 orsi. Si abbattano subito lupi e orsi. Si devono trasferire subito almeno 70 esemplari. Pieni poteri al Trentino e a Bolzano. I nostri allevatori costretti a abbandonare i pascoli, la montagna desertificata. Poveri allevatori, chiuderanno le malghe. Non si possono più frequentare i boschi. Allarme turismo, la montagna trentina avviata alla decadenza e allo spopolamento.

Ad alimentare confusione non poteva mancare l’autorevole parere di Lorenzo Dellai che ha aggiunto (imita Meloni e altri incapaci: gli errori si scaricano sempre su chi ha preceduto) che la responsabilità del progetto di reintroduzione degli orsi è del PATT (Carlo Andreotti presidente, 1998). Non una parola da Dellai del suo agire politico: la demolizione sistematica della struttura di governo dell’ambiente della Provincia, dell’umiliazione imposta al Parco Adamello-Brenta spinto a sostenere l’avvio del collegamento Pinzolo-Campiglio, della scomparsa dei guardaparco poi conclusasi con il governo Rossi e della caduta di autonomia dei servizi forestali e dell’APPA.

A questo desolante panorama si sono aggiunti i sindaci e il presidente del Consiglio delle Autonomie, Paride Gianmoena. Invece di denunciare l’inadeguatezza (per quantità e formazione del personale) del Servizio Foreste, dell’incredibile presenza al vertice del servizio stesso di un ingegnere (Raffaele De Col, peraltro nocivo anche nelle materie di sua competenza, vedi appalti o protezione civile), invece di sostenere la necessità di rivedere da subito la pianificazione forestale di tutta la Provincia, Dellai preferisce ridurre il ruolo dei custodi forestali a “geometri del bosco”. Anche i sindaci dell’Alto Adige, sostenuti dall’assessore Arnold Schuler, dall’onnipotente presidente della Camera di Commercio Michl Ebner e dal presidente Arno Kompatscher hanno ripreso le loro ritrite argomentazioni sul bisogno di eradicare questi animali, dichiarando esplicitamente che la provincia del Sudtirolo non dovrà permettere la diffusione di un solo orso e dei lupi. Come del resto sta avvenendo in modo silenzioso da anni.

È dentro questo contesto che Fugatti sta recuperando consensi. È riuscito dove voleva: spaccare il Trentino dividendolo fra valligiani e cittadini, definendo in modo spregiativo “animalisti”, chi sostiene sensibilità verso gli animali, alimentando la frattura tra ambientalisti-animalisti e operatori agricoli e turistici, scaricando le responsabilità della sua inadeguatezza a governare sul TAR.

Nessun confronto

Da “Pierino e il lupo”, cartone animato della Disney (1946) su musica dell’omonima fiaba musicale di Sergej Prokof’ev.

Ai margini di un insieme di presunte verità urlate, prive di ogni riferimento scientifico, rimangono pochi elementi di riflessione. Le acute osservazioni di Duccio Canestrini, di Mauro Fattor, di Luigi Boitani, le riflessioni degli esperti che operano sul campo da decenni, Alessandro de Guelmi, Filippo Zibordi, Andrea Mustoni ci sono state, ma in questo contesto poco o nulla hanno contato. È stato il confronto a venire cancellato, la scienza a uscirne umiliata.

Siamo chiari. È evidente che ambientalismo significa proteggere la specie, non il singolo esemplare. Riteniamo controproducente l’estremismo delle piccolissime frange (peraltro prontamente ingigantite dalla retorica anti-ambientalista) che nei fatti antepongono i diritti dell’animale a quelli dell’uomo. E riteniamo anche che un discorso sul limite del numero degli orsi sostenibile dal territorio vada fatto. Ma con serio approccio scientifico, quello che negli ultimi anni si è pervicacemente abbandonato, per sparare poi, dopo (l’auspicato?) incidente frasi ad effetto e numeri a caso (“70 orsi da eliminare”).

Riteniamo inoltre un dolorosissimo lutto una perdita umana. Che però vediamo tristemente strumentalizzata: nella discussione non si trova traccia di altri morti, a iniziare dagli oltre 200 per incidenti di caccia dal 2011 al 2022; non si trova traccia – tanto per contestualizzare e dare le giuste dimensioni ad una pur dolorosa tragedia - del fatto che ogni anno nel nostro paese vi siano oltre 70.000 aggressioni canine, molte letali. Il fatto è che solo questa morte, la morte da orso, non quella da caccia, o da valanga, o da incidente stradale, o da infortunio sul lavoro, viene ritenuta inaccettabile.

Come mai?

Perché si ritiene il mondo cosa nostra, e l’animale selvatico un ospite sgradito. La moto impazzita è un deplorevole incidente, l’animale inferocito è un male, da estirpare. Noi siamo i padroni del mondo, non abbiamo nessuna intenzione di convivere con chi è fuori dalla nostra potestà.

E così da parte di chi ci governa, non una parola è stata spesa sul fatto che la presenza dell’orso su un territorio indica qualità ambientale. Non parliamo poi della qualità culturale, intesa come capacità di integrarsi, di vivere serenamente dentro il territorio.

Eppure questa è la caratteristica che la pubblicità turistica ripetutamente sbandiera: il Trentino dove si può respirare a pieni polmoni, dove la gente sa vivere in simbiosi con un ambiente non a caso stupendo.

L’evocata mattanza degli orsi (a tanto si è arrivati) urla una verità altra. Che i trentini con la natura non ci sanno più vivere. È questo che vogliono i nostri albergatori?

Di fatto la realtà degli ultimi anni è che si sta andando in tale direzione. In provincia tutte le foreste primarie sono state cancellate. Il territorio forestale, causa una gestione unicamente produttivistica e ingegneristica, continua ad essere frammentato da uno sviluppo ormai incontrollato di strade e piste forestali, sempre più ampie, sempre più invasive, di piste da sci e di percorsi ciclabili. Si è evitata qualunque discussione sul tema dei corridoi faunistici, come si è evitata la diffusione di informazione scientifica e di formazione delle popolazioni e degli operatori economici nelle valli.

La natura luna park

Il dirigente del Servizio Foreste e Fauna della Provincia, Raffaele De Col, trovando forza nella sua specificità ingegneristica, definisce al meglio questa visione di Trentino. Come difenderci dall’orso? Distribuendo nel Trentino tante isole e dentro queste isolarlo,“costruendo fra abitati e ambiente naturale aree cuscinetto sufficientemente ampie”. Ogni orso che scavalchi questo misero ambiente sia abbattuto, tuona il dirigente, e continua affermando che in tempi più che brevi si individuerà il numero massimo di esemplari compatibili con la Provincia e ognuno in più sarà eliminato.

A questo ci siamo ridotti. A delimitare anche lo spazio vitale che può essere concesso alla natura. Mentre la Provincia consuma suoli liberi ovunque, anche alle alte quote, permettendo agli impiantisti ampliamenti di aree sciabili fin dentro i parchi naturali, approvando ogni deroga alla trasformazione delle malghe in locali destinati all’ospitalità, triplicando, ovunque possibile, le volumetrie dei rifugi. Il Trentino è indirizzato a essere un luna park, a disposizione della cultura turistica più dozzinale.

È in questo scenario che autorevoli antropologi, sociologi, editorialisti accusano animalisti e ambientalisti di aver ridotto l’orso a uno Yoghi. Non sembra proprio essere questa la realtà, è avvenuto l’esatto contrario. È l’intera politica provinciale degli ultimi trent’anni ad aver trasformato il Trentino in un divertimentificio, ad aver sostenuto la cancellazione della cultura naturalistica, della necessaria convivenza dell’uomo con la varietà e la complessità del creato.

Poi Fugatti ci ha messo del suo. Alimentando la paura, carburante del suo consenso elettorale, allontanando sempre più la sintonia fra chi vive nelle città e chi vive e coltiva le vallate.

In prossimità del rinnovo del Consiglio provinciale (ottobre 2023) ci sarà almeno una coalizione capace di opporsi a questa esiziale deriva culturale?