Ghiaccio bollente a Pinè
La giunta provinciale ci ha preso gusto: un altro project financing dai costi esorbitanti per la copertura dello stadio del pattinaggio.
Sta succedendo di nuovo: c’è un’opera pubblica da fare, la giunta provinciale ha già un progetto in mano e i soldi stanziati in bilancio, quando improvvisamente arriva un privato con un’ideona e propone un project financing che costa due, tre, quattro volte il progetto originale. La giunta provinciale a quel punto si nasconde dietro il Navip (Nucleo di analisi e valutazione degli investimenti pubblici), a cui chiede di valutare se c’è convenienza a fare l’opera con le modalità proposte dal privato.
Se avete pensato solo all’ospedale di Cavalese state sbagliando. Perché quello che abbiamo descritto è quel che sta succedendo con la copertura dello stadio del ghiaccio di Pinè. Ma c’è uno schema che si ripete, in effetti, identico a quanto accaduto finora per l’ospedale di Cavalese.
Riassumiamo qui la questione dello stadio del ghiaccio.
Ci saranno le olimpiadi invernali nel 2026 e il Trentino vuole essere della partita. Offre tre strutture per gli eventi: uno stadio del fondo a Tesero, un impianto per il salto a Predazzo e uno stadio del ghiaccio a Baselga di Pinè. Per tutte le strutture sono necessari adeguamenti. Per Tesero vengono stanziati 11 milioni e mezzo, per Predazzo 23 milioni e per Pinè una cifra che nei mesi scorsi è stata variamente indicata tra i 15 milioni e mezzo e i 31 milioni.
Lo stadio del ghiaccio di Pinè, per essere adeguato ai parametri olimpici, ha bisogno di essere coperto e di poter ospitare 5mila persone.
Alla fine dello scorso anno tutti i soggetti coinvolti - Comune di Pinè nella persona del sindaco, i dirigenti dell’Ice Rink Pinè che gestisce la struttura, l’assessore Roberto Failoni e il presidente (sì, è ancora presidente) del consiglio provinciale Walter Kaswalder - hanno fatto una bella riunione in quel di Pinè. In quell’occasione il sindaco di Baselga, Alessandro Santuari, afferma che si sta valutando un progetto preliminare per fare una “copertura leggera” dell’anello da 400 metri per il pattinaggio di velocità e una serie di opere che riguardano la piastra da 30 metri X 60 per le altre specialità.
Ma in quel momento il sindaco annuncia anche che due soggetti privati hanno “presentato manifestazione di interesse a presentare una proposta di partenariato pubblico-privato”. Progetti che secondo Santuari sarebbero dovuti arrivare il primo entro fine dicembre e il secondo entro febbraio.
La prima proposta, forse l’unica, arriva in realtà il 25 gennaio. Viene da Fincantieri (ma non facevano navi?) e costa 180 milioni di euro. Uno sproposito. Ma di questo parleremo dopo.
In ogni caso, dal momento in cui entrano in scena i privati, tutto viene avvolto da un velo di segretezza. Non si sa se le cifre siano corrette, non si capisce chi farebbe cosa, non si capisce chi sarebbero le imprese coinvolte. Nessuno dà risposte.
Noi abbiamo cercato chiarezza direttamente da Fincantieri, dove gentilmente ci spiegano che sarebbe una loro controllata, Fincantieri Infrastructure, a fare l’opera. Ma non fanno chiarezza, citando in modo confuso anche WeBuild (tradotto: Salini-Impregilo) e ci rimandano all’unico soggetto che finora ci ha messo formalmente il proprio nome: lo studio dell’architetto Carlo Ratti di Torino che ha presentato il progetto. Ratti è quel che di solito viene definito un’archistar, con all’attivo progetti di nome e portata come il padiglione italiano all’Expo di Dubai, una torre avveniristica in Cina e cose simili.
Allo studio Ratti facciamo delle domande semplici:
1. Come e quando è nata l’idea di proporre un progetto per Pinè e quando hanno cominciato a progettarlo.
2. Con quali soggetti istituzionali trentini si sono interfacciati nel corso della progettazione
3. Chi sono gli altri partecipanti all’Associazione di Imprese che vorrebbe costruire lo stadio.
Nessuna risposta, nonostante le sollecitazioni.
Nel frattempo circolano moltissime voci incontrollabili. Tra le quali una per cui il secondo progetto, che doveva arrivare a fine febbraio, proverrebbe dalla trentina Mak, il prezzemolo delle opere pubbliche in Trentino. Ma anche altre voci secondo cui la Mak sarebbe in realtà parte della cordata Fincantieri.
Tra i personaggi di questa storia confusa c’è anche uno studio di progettazione nostrano, Trentino Progetti, citato come referente locale per il progetto proprio dall’architetto Ratti, in un’intervista al Corriere del Trentino.
Lo studio è di proprietà degli architetti trentini Michele e Roberto Condini e di un ingegnere bellunese, Gianluca Vigne che è socio di maggioranza e amministratore della società.
Ma Michele Condini è anche un’altra cosa: è il vicepresidente di ITEA. Vago sentore di conflitto di interessi e un filo che arriva direttamente in piazza Dante.
Torniamo ai 180 milioni. Di cui 60 milioni per la costruzione e 120 milioni per la gestione dell’impianto per un arco di 20 anni. Rispetto alle previsioni più spinte, 6 volte tanto quel che era stato previsto.
La cifra ovviamente non è verificata (perché nessuno ha ancora visto una sola carta) e il sindaco di Baselga, Santuari, l’ha definita in consiglio comunale, il 25 febbraio scorso, “non vera e che comunque va valutata”. Per aggiungere subito dopo che è previsto a breve un incontro col proponente per “trattare sul prezzo”.
Forse anche perché nel frattempo Tito Giovannini, rappresentante trentino nella Fondazione Milano-Cortina (che gestisce le olimpiadi), raffredda gli animi dicendo: “Non faremo cattedrali nel deserto” e boccia sostanzialmente il megaprogetto da 180 milioni (cifra che lui, per inciso, dà per buona, alla faccia delle dichiarazioni di Santuari).
Insomma, la confusione è grande sotto il cielo e, stando sempre a quanto dice Santuari - sindaco fedele alla Lega, a Fugatti e anche a Kaswalder - sarebbe necessario mantenere la segretezza sul progetto perché “è la natura del project financing che lo impone”. Affermazione bizzarra, visto che non siamo dentro una procedura di gara pubblica.
La Mak, nel frattempo, è non pervenuta. Che in corso di trattative informali sia stata “risucchiata” dentro la cordata Fincantieri?
Tutte le illazioni sono possibili in questa storia. E quindi ci permettiamo di proporvi una nostra interpretazione sullo schema che si ripete.
Fare grandi opere pubbliche è una vera rogna per le amministrazioni. Problemi nella confezione dei bandi di gara, problemi di ricorsi di chi la gara la perde (che portano a ritardi imprevedibili) e rischio costante per gli amministratori che firmano gli appalti di trovarsi invischiati in guai penali o erariali.
Sarà mica che i nostri impavidi amministratori provinciali preferiscono il project financing perché li scarica da tutti questi possibili guai? E quindi se arriva il tecnico di turno a dire: non vi preoccupate, facciamo tutto noi, in piazza Dante sono ben felici di mollare la patata bollente?
Quanto alle cifre iperboliche (ché anche i costi per Cavalese ormai lievitano come il pane), non sono un problema: c’è lì pronto il Navip che deve dire se “tecnicamente” l’opera è adeguata e conviene. Se il Navip dice di sì, in piazza Dante sono a posto.
La patata bollente ora ce l’ha in mano appunto il Navip (ovvero il consesso dei massimi dirigenti provinciali) che, entro il 25 aprile - novanta giorni dalla presentazione del progetto - dovrà dire la sua. Cominciamo a sentire della comprensione umana per i poveri dirigenti del Navip.