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QT n. 3, marzo 2022 L’editoriale

Di acqua, luce e guerra

La demenza dele regole del mercato applicate a un bene comune come l'acqua e una necessità primaria come l'energia.

Se c’era bisogno di una prova, una qualsiasi, che mettere sul “mercato” le centrali idroelettriche è un atto sconsiderato, ecco, adesso ne abbiamo una che non avremmo mai voluto vedere.

Per chi non segue come noi appassionatamente la questione del rinnovo delle concessioni idroelettriche facciamo un brevissimo riassunto.

A breve in Trentino (fine 2023) e nel giro di qualche anno in tutta Italia, le concessioni idroelettriche dovrebbero sottostare alla regola della concorrenza - meglio nota come direttiva Bolkenstein - e venire affidate in gestione a chi vincerà le gare di appalto per le concessioni stesse.

Queste gare dovrebbero, per la regola europea, essere aperte al mercato, vale a dire che qualunque azienda che abbia le caratteristiche tecniche necessarie potrebbe concorrere alla gara ed eventualmente vincerla. Nel mondo ci sono parecchie aziende, molto spesso multinazionali, che si occupano di produzione idroelettrica. Quindi le nostre centrali trentine in primis, e successivamente anche le altre in Italia, potrebbero facilmente finire in mano ad una multinazionale svizzera, oppure coreana o brasiliana o di qualunque altro posto nel mondo. E le nostre centrali sono dei bocconi golosi, per questi signori; soggetti il cui interesse principale è fare soldi e a cui non interessa il fatto che gli impianti idroelettrici sono da una parte fonte di energia per il funzionamento del paese e dall’altra nodi di controllo dell’acqua sui territori.

La regola del mercato applicata al settore idroelettrico è una delle previsioni contenute nella cosiddetta “legge di concorrenza” attualmente in discussione al Senato. E, per inciso, anche una delle condizioni più stringenti poste da Bruxelles per darci i soldi del Pnrr.

La legge di concorrenza è la stessa nella quale è contenuto anche l’obbligo di mettere a gara le concessioni balneari.

Di questo volevamo parlarvi fino al 24 febbraio scorso. Volevamo raccontarvi questa curiosa distorsione della realtà per la quale tutti i partiti in parlamento si sono variamente spesi per tutelare gli attuali concessionari delle spiagge. Alcuni di questi partiti hanno perfino puntato i piedi e minacciato sfracelli se non veniva difeso il loro bagnino di riferimento. Sui giornali non si parlava d’altro.

Non ce n’è stato uno, di questi partiti, che abbia rilevato la totale assurdità di combattere fino alla morte per i poveri bagnini e abbia speso una parola, una sola, per dire che no, le fonti di energia idroelettrica non potevano essere date via così allegramente. Tanto più considerando che noi italiani saremmo gli unici a farlo, perché altri paesi europei (ugualmente sottoposti alla direttiva Bolkenstein, in linea teorica) hanno puntato i piedi e fatto di tutto per evitare proprio la messa a gara internazionale delle centrali idroelettriche.

L’unico a rilevare il problema è stato il Copasir, il comitato parlamentare che controlla i nostri 007.

Cosa hanno a che fare le spie con le centrali idroelettriche? Il Copasir lo chiarisce in una relazione inviata il 13 gennaio scorso, nella quale tutti i dubbi che abbiamo riassunto sopra vengono messi per iscritto. Si parla del ruolo centrale dell’idroelettrico per la sicurezza e l’autonomia energetica del paese e si parla anche chiaramente del problema della nostra dipendenza dal gas russo per gli approvvigionamenti energetici. Profetico, il Copasir.

Ma fino al 24 febbraio pareva che tutti questi dubbi fossero destinati a rimanere grida nel vento. Le centrali date al “mercato”? Ce lo chiedeva l’Europa.

Da una decina di giorni invece abbiamo sperimentato nella nostra carne viva che il controllo delle fonti di energia è un elemento essenziale sia della nostra sopravvivenza che della nostra autonomia decisionale. Pensate a quanto più facile e veloce sarebbe applicare sanzioni alla Russia se non dovessimo fare i conti con la quasi certezza di rimanere al freddo e con i motori spenti.

La conclusione di questa storia è duplice. Da una parte ci porta a sperare in un ravvedimento generale (anche dei signori di Bruxelles) che faccia capire come il controllo dell’acqua e dell’energia non può essere lasciato a chi pensa solo a fare soldi.

Dall’altra dovremmo farci venire dei grandi dubbi sulla lucidità mentale dei nostri decisori politici, per i quali, finora, il bagnino è stato più importante del riscaldamento delle case e del funzionamento delle fabbriche.