Centraline e Autonomie, meglio tardi che mai
l Consiglio delle Autonomie Locali vuol dare battaglia contro la legge sul piccolo idroelettrico. Sulla questione abbiamo sentito Franco Bazzoli, sindaco di Sella Giudicarie.
Alla fine di settembre, sia pur con un certo ritardo, il Consiglio delle Autonomie Locali ha messo i piedi nel piatto della spinosa questione delle piccole centrali idroelettriche. E ha detto che la nuova legge che le mette a gara è stato un errore sesquipedale. E che si impegnerà con tutte le proprie forze per cambiare le cose. Per capire da una parte il significato e dall’altra la portata di questa “uscita” dobbiamo riassumere le puntate precedenti.
A febbraio scorso il vicepresidente della giunta Mario Tonina fa “scivolare” un anonimo articolo di legge, riguardante le centrali idroelettriche sotto i 3.000 kilowatt di potenza nominale, dentro un provvedimento che riguardava altri temi. Doveva passare in sordina, ma era di fatto una rivoluzione: le concessioni delle piccole centrali trentine dovevano da quel momento in poi andare a gara. Tutto bene, se non fosse che più della metà dei 200 piccoli impianti della provincia sono di proprietà di Comuni, i quali ne ricavano ogni anno bei soldi per coprire le spese correnti delle amministrazioni. E che con la nuova regola rischiano di perderle a favore di concorrenti privati.
Qualche Comune si agita, le opposizioni protestano, perfino Confindustria dice a Tonina che non è una buona idea. Tra tutti è il Consiglio delle Autonomie Locali, rappresentante di Comuni ed enti intermedi che hanno un interesse diretto alla cosa, ad assumere la posizione più morbida, per non dire ambigua. In ogni caso Tonina va avanti perché - è il refrain - “ce lo impone l’Europa”. Sotto forma della malefica direttiva Bolkenstein che impone le regole della concorrenza per i servizi.
A quel punto le opposizioni si mettono d’impegno per provare a mitigare il danno. Concordano con la giunta una serie lunga di eccezioni alla tagliola della gara e soprattutto una proroga dell’esistente per gli enti locali che può arrivare fino a 15 anni. Tutti contenti, ma ci pensa subito il governo a rovinare la festa: impugna la legge perché di proroghe così lunghe non se ne parla. Parte una trattativa che, si dice, dovrebbe portare ad una mini proroga (per alcuni 2024, per altri 2027) e che è ancora in corso.
Una parte di Comuni però si sentono particolarmente esposti: quelli le cui centrali sono in scadenza o già scadute e che hanno anche già fatto tutto l’iter per il rinnovo - che con la vecchia normativa era automaticamente in capo a loro - e si trovano ad aver fatto investimenti che rischiano di perdere.
Siccome il loro legittimo rappresentante, il Consiglio delle Autonomie Locali, non si muove, alla fine del luglio scorso 43 sindaci mandano una lettera aperta alla giunta chiedendo di sospendere l’emanazione della legge. Non vengono ascoltati, ma la presa di posizione probabilmente lascia il segno.
L’estate porta consiglio e a fine settembre il Consiglio delle Autonomie locali approva all’unanimità una mozione in cui si dice che le centraline idroelettriche devono essere tolte dalle grinfie del mercato e lasciate alla gestione dei Comuni. E che l’ente farà di tutto, andrà a parlare col ministro Cingolani e arriverà financo a Bruxelles a chiedere una deroga alla Bolkenstein, per difendere questo patrimonio delle comunità.
Su questa presa di posizione, sui toni e sul senso di farla ai supplementari, abbiamo fatto alcune domande a Franco Bazzoli, sindaco di Sella Giudicarie, che per primo aveva suonato l’allarme sulla legge, già a marzo scorso.
Sindaco, è un po’ tardiva questa presa di posizione del CAL.
Che sia tardiva non c’è dubbio, ma è comunque un fatto positivo. La apprezzo molto e vedo che di fatto ripercorre appieno quello che avevo scritto nella mia lettera mandata a sindaci e alle Comunità a marzo scorso, quello che avevamo detto in Terza Commissione (del Consiglio provinciale, ndr) a nome del BIM del Chiese di cui ero allora presidente e quello che con noi avevano detto i sindacati, Assoidroelettrica, la Confindustria. Tutta una serie di interlocutori che avevano detto: attenzione che qua ci stiamo giocando una parte importante di risorse, ci vuole un’ampia discussione. Questa mozione del CAL riprende un po’ quelle preoccupazioni che noi tutti avevamo. E ben venga.
Secondo lei quindi ora tutti hanno capito qual era la posta in gioco? Forse prima non era chiaro?
Esattamente. Abbiamo sempre detto che questa legge è nata male e proseguita peggio, nel suo percorso. La legge non è stata portata sui territori, quella “divulgazione” che adesso si richiede nella mozione del CAL. I territori vanno informati perché non è che questa legge sia passata con un ampio dibattito. Se dovessimo fare un referendum sull’acqua e chiedere se vogliamo darla ai privati, sono sicuro al 99 per cento che non passa. La gente capisce l’importanza dell’acqua e non sopporta che venga messo in discussione il pubblico con il privato.
Poi hanno cercato di “congelare” il problema con le norme transitorie.
Sì, hanno puntato tutto sulle norme transitorie. Però io avevo detto subito che erano a rischio impugnazione. E difatti poi…Noi tutti abbiamo visto le norme transitorie come una grande vittoria (le concessioni agli uscenti prorogate, le comunità energetiche, l’autoconsumo, il partenariato pubblico-privato che tra l’altro c’è già). A Roma ce le hanno spazzate via. Ora, mancando le norme transitorie, è venuto meno anche il quasi tacito assenso di Comuni ed enti locali che hanno lavorato per avere queste norme transitorie, a cui peraltro ho collaborato anch’io. Io avevo detto: se vogliamo mettere mano a questa legge bisogna parificare Comuni ed enti locali alle Cooperative sociali (che sono esenti dalla gara per le concessioni, ndr), perché non possiamo lasciar fuori i Comuni. Non ci è rimasto niente. Quindi la mozione del CAL è corretta perché di fatto dice che prima abbiamo digerito qualcosa che non dovevamo digerire, ma a queste condizioni non possiamo più accettare. Anche perché sulle piccole concessioni mai nessuno - né il governo, né Bruxelles - aveva detto niente. C’è stata anche un’interrogazione al parlamento europeo di Calenda qualche anno fa, dalla cui risposta appare chiaro che per le piccole concessioni ogni stato, ogni regione si regola come vuole.
Attualmente il governo sembra intenzionato a concedere una breve proroga, fino al 2027. Ma questo non risolve il problema dei Comuni.
La mozione del Cal considera questo breve periodo di proroga un tempo utile per fare questo lavoro a favore dei Comuni. Noi avevamo chiesto la sospensione dell’articolo 30 della legge di assestamento (che promulgava la legge sulle piccole centrali idroelettriche, ndr). Questo non ci è stato concesso. Siamo anche poi stati chiamati al Consorzio dei Comuni il giorno dopo - alcuni sindaci in rappresentanza - e abbiamo ribadito la necessità di fermarsi. Ma non hanno accettato le nostre rimostranze.
In questo momento, vista la mozione del CAL, tutti i Comuni hanno capito l’importanza della questione?
Non ho il polso dei sindaci del Trentino, ma visto che hanno votato la mozione all’unanimità presumo che abbiano capito. A dire il vero, anche all’interno del CAL c’erano voci disomogenee. C’era chi diceva: “Siamo obbligati a farla”, chi diceva che comunque i concessionari uscenti erano salvi. Adesso almeno la posizione è univoca nel dare mandato al presidente Gianmoena (Paride Gianmoena è presidente del Consiglio delle Autonomie, ndr) di fare tutto il possibile per andare a trattare. Quello che avrebbe dovuto fare la politica. In questi mesi avevamo deciso con i sindaci di ritrovarci per fare una riflessione: la faremo alla luce di questa mozione.
Ma nei territori c’è coscienza di quanto difficile sia diventato adesso il problema? Considerato anche che a breve il governo tratterà la materia della concorrenza. Quindi non è certo il momento migliore per andare a chiedere allo stesso governo: facci saltare un giro sulla concorrenza riguardo al piccolo idroelettrico. Dopo che il groviglio ce lo siamo creati con le nostre mani, tra l’altro.
All’inizio era passato il messaggio dell’impossibilità di fare qualcosa di diverso. Tanti avevano fatto proprio il pensiero della giunta e di Tonina che bisognava farlo in tutti i modi: questo ci chiede l’Europa. Adesso ci dobbiamo spostare su un altro binario. La Bolkenstein c’è, ma dobbiamo chiederci: è applicata dappertutto? Possiamo normare noi da soli? Addirittura è stato detto che tutto sommato i ricavi degli enti locali non erano poi così tanti e che questa mancanza di introiti poteva essere compensata da trasferimenti della Provincia. Io dicevo invece che se dobbiamo, per la concorrenza, lasciare il mercato ai privati invece che ai Comuni e il mancato guadagno viene compensato dalla Provincia, questa è una soluzione cervellotica. È far guadagnare i privati e scaricare sul sistema pubblico il resto. Questo non mi pare che sia l’intento della Bolkenstein.
Tra i 43 sindaci che hanno firmato la richiesta di sospendere l’emanazione della legge, l’estate scorsa, ci sono anche primi cittadini che politicamente sono affini alla giunta?
Non li conosco. So solo che ci sono sindaci che hanno fatto un gran lavoro, ad esempio Laura Marinelli, sindaca di Ossana, che ha coinvolto molti sindaci ed è stata molto brava. Nella mia zona ad esempio l’hanno firmata in pochissimi. Probabilmente perché c’era l’idea che non si potesse fare diversamente o che si andava contro qualcuno. I messaggi che sono passati erano tanti. Nella mia zona c’è stata pochissima rispondenza. E ci sono anche sindaci che sono membri del CAL, che poi ora hanno firmato la mozione.
I sindaci trentini tendono comunque - e non da oggi - ad uniformarsi alle decisioni provinciali. Secondo lei cosa è accaduto per smuovere il CAL?
Vorrei capirlo anch’io. Penso che i 43 Comuni che hanno firmato e anche chi, pur senza firmare, condivideva la presa di posizione, hanno cominciato a pesare. Noi come Comune, per dire, eravamo pronti ad andare avanti anche da soli per difendere i nostri interessi. Perché negli anni abbiamo investito 4 milioni di euro, abbiamo fatto tutte le autorizzazioni necessarie, abbiamo gli incentivi del GSE fino al 2027.
Quanto di questa storia è arrivato alla popolazione in generale? Ed è una questione che potrebbe avere conseguenze sul gradimento generale della giunta Fugatti?
A livello della popolazione non è stata una notizia molto diffusa. I giornali non ne hanno parlato molto, purtroppo, e non è mai arrivata ad essere una questione che si discute nei bar. Da parte dei Comuni devo dire che nella mia valle del Chiese dove ho mandato le lettere ha firmato solo il sindaco di Massimino e un altro sindaco che voleva firmarla, ma è arrivato in ritardo.
All’inizio non se la sentivano di esporsi?
Non so con certezza. Ma qui ci sono anche sindaci che fanno parte del CAL che non hanno firmato la lettera e che oggi invece hanno votato la mozione. Che oggi ci rappresenta appieno. Quindi perché oggi sì e ieri no? Comunque va bene così. La speranza è che riusciamo a riportare il bene comune al centro.
Ma c’è un’idea di come fare per riavvolgere il film? Perché arrivati a questo punto non è facile.
Certamente è un percorso in salita. Non so dove andremo a prendere supporto per discutere in Europa, anche se certamente l’Austria o la Francia non hanno fatto leggi simili. E perché nel resto d’Italia continuano ad usare le vecchie norme mentre noi improvvisamente non potevamo più farlo?