“Ci hanno rubato il futuro”
Intervista a un ex assessore del Comune centro delle presunte infiltrazioni
Al dibattito sull’operazione “Perfido” svoltosi a Lona il 10 dicembre scorso ha colpito molti dei presenti l’intervento dell’ex assessore Carlo Micheli. Abbiamo raccolto la sua testimonianza.
Anzitutto, qual è stata la tua esperienza amministrativa?
Avevo cominciato a frequentare qualche riunione politica vent’anni fa. Erano i tempi in cui dovunque trovavi degli artigiani che lavoravano il porfido, anche all’ingresso del paese. Non solo seconde lavorazioni ma anche cernita del tout venant e per lo più i dipendenti di queste piccole ditte, ma a volte anche i titolari, erano extracomunitari. Le attività proseguivano sabato e domenica, non c’erano orari, regole, controlli. Si viveva circondati dalle nuvole di polvere e dal rumore assordante dei mezzi: una condizione pesante, che mi spinse a candidare nel 2005, con la lista capeggiata da Marco Casagranda e sostenuta da Vigilio Valentini. Ci si poneva l’obiettivo di regolamentare il fenomeno, anche da un punto di vista urbanistico, ed arginare i progetti di enorme espansione delle aree a destinazione artigianale. Comunque, non venni eletto ed entrai in Consiglio solo qualche anno dopo per la surroga di un consigliere dimissionario. In quel momento si era già costituito il gruppo misto che, pur facendo parte della maggioranza, non era completamente allineato con il sindaco. In realtà ad arginare questi progetti ci ha poi pensato la crisi.
Cosa ricordi di quell’esperienza, alla luce del dibattito attuale?
Senz’altro la presenza in Giunta, quale assessore esterno alle cave, di Giuseppe Battaglia, che per altro era stato consigliere di maggioranza con Mara Tondini e quindi proveniva dalla lista avversaria. Un assessore sempre assente, in quanto non si presentava mai a relazionare sul suo operato in Consiglio comunale, e non si capiva perché mai Marco Casagranda lo avesse voluto in quel ruolo.
Ma in maggioranza c’era anche il fratello Pietro…
Certo, ma alle riunioni cui partecipavo aveva un atteggiamento normale, era propositivo, niente che destasse sospetti. Dal punto di vista dei voti l’apporto era stato importante in quanto portava il consenso della comunità di origine. Ciò però non destava sospetti, appariva naturale che i calabresi residenti votassero per i loro compaesani.
Del tuo intervento dell’altra sera a Lona, hanno colpito le tue parole sul fatto che un certo modus operandi sia responsabile di averci “rubato il futuro”. Cosa intendi dire con questa espressione così forte?
Non mi riferivo unicamente alla presunta presenza ‘ndranghetista, ma ad un mix di elementi che in questi anni hanno determinato una situazione critica. Non parlo solo del Comune di Lona-Lases, la cui comunità è stata ridotta alla condizione di non essere più in grado di amministrarsi autonomamente (è da alcuni anni retta da vari commissari, n.d.r.) sostanzialmente per il prevalere della sfiducia.Mi riferisco anche all’intera zona del porfido, alla valle di Cembra tutta, che dal porfido avrebbe dovuto saper ricavare le risorse necessarie per mettere in campo un progetto di futuro. La generale miopia e le logiche di breve termine hanno permesso che la risorsa porfido venisse spremuta a vantaggio di pochi senza sostanziali ricadute sui paesi della valle.
Forse anziché di miopia sarebbe più giusto parlare di conflitto d’interessi, laddove spesso chi detiene le concessioni si trova anche ad amministrare, direttamente o indirettamente i Comuni.
Purtroppo, finora le cose sono andate così, il territorio è stato consumato e l’attività estrattiva gestita in funzione della massimizzazione del profitto privato. Le cave sono un bene di proprietà delle comunità, alle quali però spesso rimangono solo gli oneri per la messa in sicurezza di un territorio disastrato. Probabilmente l’esigenza di mantenere questo stato di cose a un certo punto ha portato all’esigenza di avvalersi di determinati soggetti, facendo nascere cointeressenze che poi si sono radicate. Solo col senno di poi mi sono reso conto di certe situazioni. Come assessore all’ambiente nella giunta del secondo mandato di Marco Casagranda, mi sono impegnato a favore della fusione con Albiano. Il sindaco non solo era contrario, voleva impedire che si tenesse il referendum. Abbiamo perso e penso che quella sia stata un’occasione mancata per risollevare le sorti di questi paesi.
Forse si è affermata la volontà di mantenere piccoli questi comuni per poterli meglio controllare.
Certo, con il conseguente progressivo immiserimento della vita politica, economica e culturale.
Di fatto tutta la valle è in sofferenza e a Lona-Lases la macchina amministrativa in questi anni è stata disarticolata con le risorse, che ne avrebbero potuto fare un comune sufficientemente prospero, sono state in gran parte depauperate. Purtroppo, la presunta presenza ‘ndranghetista è solo l’ingrediente più piccante in una situazione di per sé evidentemente critica.
Ma questa presenza tu, come cittadino prima e come amministratore poi, l’hai avvertita?
Sembrerà strano, ma solo sentendo al dibattito dell’altra sera esempi di riciclaggio del denaro sporco o compravendite a valori fuori mercato, ho potuto rivisitare alcune esperienze, ricomporre le tessere di un mosaico e intravvedere cose che non avevo mai notato.
Come vedi il futuro di Lona-Lases?
Il succedersi negli ultimi anni di continui periodi di commissariamento è senz’altro spia di un malessere che perdura da tempo e all’orizzonte non si vedono soluzioni. Non c’è fiducia nella politica, la macchina amministrativa è azzoppata e le risorse sono scarse. Questo anche perché gran parte delle cave di Lases sono attualmente ferme e l’attuale crisi del settore non fa ben sperare.
Non è che la storia della crisi è molto esagerata per ottenere canoni sempre più bassi? Ad Albiano la media dei canoni è di 2,8 euro a metro cubo, quando lo scarto per i frantoi viene venduto a 1,5-2 euro.
Effettivamente ben pochi concessionari, pur continuando a lamentare la crisi, hanno riconsegnato le concessioni ai comuni, forse i prezzi di mercato del porfido sono ancora remunerativi.
E allora?
Ci vorrebbero persone estranee a interessi diretti e con la voglia di impegnarsi per la comunità. Purtroppo, lo si è visto l’altra sera a Lona, non sono stati molti i residenti che hanno avuto il coraggio di essere presenti.