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QT n. 5, maggio 2021 Servizi

Salve le piccole centrali (per ora)

La legge impone la gara, ma regala molte eccezioni

Le minoranze hanno cantato vittoria due settimane fa in Consiglio provinciale. Dopo un duro lavoro dentro e fuori dall’aula (compreso il deposito di oltre 200 emendamenti che prefiguravano l’ostruzionismo dei lavori, ma in contemporanea anche una trattativa con l’assessore Mario Tonina), la nuova legge che regola le concessioni per le centrali idroelettriche di media taglia - ovvero quelle che stanno sotto i 3.000 kilowatt di potenza - è diventata assai più digeribile per i Comuni trentini.

La partenza, a fine 2020, era stata brutale: la bozza di legge prevedeva che tutte le centraline idroelettriche venissero sottoposte alla legge della concorrenza e quindi, alla scadenza delle attuali concessioni, dovessero andare a gara.

Un disastro per molti Comuni trentini che, se non avessero poi vinto la gara, avrebbero perso impianti da cui ricavano introiti utilissimi a rimpolpare il bilancio comunale.

La legge proposta dall’assessore Tonina era stata criticata però un po’ da tutti: non solo i Comuni, ma anche tutte le categorie economiche in coro, nonché gli ambientalisti e perfino le associazioni nazionali che riuniscono i proprietari/concessionari di piccoli impianti. Tonina però sembrava preso da un sacro fuoco privatizzatore e da una urgenza per molti incomprensibile.

La levata di scudi, a dire il vero, ha da subito dato qualche frutto nella forma di un rinvio della discussione in aula.

Il dibattito è andato avanti in questi ultimi mesi (ne abbiamo dato conto nei numeri scorsi), ma quando si è arrivati al dunque, quello che ha fatto la differenza è stata la posizione pressoché unitaria delle opposizioni in Consiglio provinciale. Che si sono unite nelle proposte e anche nello sventolare sotto al naso dell’assessore la minaccia di un ostruzionismo al dibattito in aula. Bastone e carota hanno avuto buon esito.

Anche perché ci sorge il sospetto che l’assessore Tonina avesse capito di essersi infilato in un cul-de-sac. L’opposizione era così diffusa che la sua legge rischiava di diventare una fonte di perenne risentimento. E il risentimento non è un buon viatico quando poi si deve andare a chiedere i voti per essere rieletti. Anche per questo ipotizziamo che le richieste delle minoranze siano in fondo in fondo state accolte con un sospiro di sollievo dalla Giunta.

L’assetto finale, a dire il vero, è un po’ salomonico. La regola di dover sottoporre le centraline a gara rimane, ma tutte le concessioni già scadute - e sono una trentina, per due terzi di proprietà comunale o di consorzi - avranno una proroga che va dai 10 ai 15 anni a seconda della data di scadenza della concessione. Una norma transitoria, ma 10 o 15 anni sono una transizione davvero lunga. In cui tutto può succedere.

L’altro elemento importante inserito nella norma riguarda la possibilità che siano società miste pubblico-privato ad aggiudicarsi le future concessioni.

Altre esenzioni dal cappio della gara sono previste per chi esercita la concessione per autoconsumo, per quelle in mano a cooperative elettriche storiche e ai consorzi elettrici e ad eventuali comunità energetiche. Che ancora oggi in Trentino non esistono, ma sono una pratica che si sta diffondendo nel nord Europa e potrebbero a questo punto avere una ragione di costituirsi proprio in base al trattamento di favore dato dalla legge.

In ultimo la legge prevede anche una moratoria di un anno al rilascio di nuove concessioni di sfruttamento idroelettrico.

Una pausa di riflessione in attesa che veda la luce l’aggiornamento del piano provinciale di tutela delle acque, la bibbia che dovrebbe guidare tutti gli usi dell’acqua in Trentino.

In questo senso va anche la richiesta delle opposizioni di una grande conferenza di informazione su acqua e concessioni idroelettriche che sia occasione di una riflessione collettiva, possibilmente molto partecipata, su cosa faremo della nostra acqua nei prossimi due/tre decenni.

La riflessione, a nostro modesto parere, è fondamentale e anche urgente. Perché, forse obnubilati dal Covid, stiamo velocemente scivolando verso le gare di concessione nude e molto crude per le centrali più grandi.

Diciamo molto crude perché proprio nella legge sui piccoli/medi impianti, la Giunta ha inserito anche alcune modifiche alla legge sulle grandi concessioni, approvata a ottobre scorso e che il governo ha poi impugnato.

Cercando un accordo col governo per fermare il procedimento davanti alla Corte Costituzionale, la Giunta è andata oltre: ha inserito norme che sostanzialmente abbassano i requisiti di sicurezza e affidabilità richiesti a chi vuole partecipare alle gare. Non tutte queste modifiche - secondo chi è più esperto di noi, come l’ufficio studi di Confindustria - erano richieste dall’impugnativa.

La giunta, nella persona dell’assessore Tonina, afferma che alcune cose si possono “sistemare” quando verranno fatti i regolamenti di attuazione e preparati i bandi. Quindi, per garantire la sicurezza dei trentini, invece di usare il fucile decidono che basta una fionda. Perché i regolamenti sono uno strumento impositivo molto più debole di una legge, va da sé.

Anche qui le motivazioni per piegarsi a novanta gradi davanti ad eventuali cialtroni che si presentassero alle gare restano oscure.

Infine una questione che pure si è persa nelle nebbie del Covid.

Entro luglio la giunta deve decidere se compreremo le centrali idroelettriche. Come abbiamo detto ad abundantiam da un anno a questa parte, se vogliamo provare a mantenere il controllo del nostro settore idroelettrico, c’è una condizione necessaria, anche se non sufficiente: dobbiamo essere proprietari degli impianti che producono l’energia, ovvero le centrali.

E c’è una scadenza, decisa da norme nazionali, secondo cui la decisione di comprare gli impianti dev’essere comunicata al concessionario uscente tre anni prima della scadenza delle concessioni stesse. Poiché le concessioni scadono il 31 dicembre 2023 (ma che il governo prorogherà a luglio 2024 per una moratoria Covid), la data ultima per prendere questa decisione è tra…due mesi.

E finora sono state fatte - sia dalla Giunta che dalle opposizioni - un bel po’ di chiacchiere su azionariato popolare e società inhouse, senza però preparare un piano concreto su come tutto questo potrebbe avvenire.

Ma, certo, c’è sempre Santa Proroga. Di cui parliamo qui accanto.

Santa proroga

La Giunta Fugatti è devota. Crede soprattutto in un santo in paradiso, anzi in una santa: Santa Proroga.

In vista del bilancio di metà legislatura, balzano agli occhi due esempi eclatanti di come l’esecutivo guidato dalla Lega abbia deciso di non decidere e puntato tutto su proroghe dell’esistente.

Il primo e peggiore caso di appello a Santa Proroga è quello che riguarda l’Autostrada del Brennero.

Puntando e contando, da quando è al governo, sulla possibilità di avere da Roma e da Bruxelles il permesso di prorogare la situazione esistente e quindi di non dover affrontare il nodo gordiano del futuro dell’A22, la Giunta trentina è stata determinante nel portare alla situazione presente, che ormai appare destinata ad andare a gara di concessione.

Un esito, a nostro modo di vedere, esiziale. Non sappiamo quante possibilità ci siano che la società in mani pubbliche possa vincere la gara. Sappiamo però che l’Autobrennero è un boccone davvero ghiotto e la competizione sarà dura.

Per onestà intellettuale, va detto che la partita dell’A22 è davvero complicata (non complessa, proprio ingarbugliata) e che non tutte le colpe possono essere addossate a Fugatti & Co. Di sicuro però la Lega non ce l’ha “avuto duro” in questa come in altre situazioni e non ha mantenuto la promessa del “prima i trentini”.

Lo stesso schema si ripete per quanto riguarda il settore idroelettrico, grande e piccolo.

Fin dall’inizio l’assessore Mario Tonina e il presidente Fugatti, hanno detto a mezza voce in più occasioni, che comunque speravano e si aspettavano una proroga nazionale delle grandi concessioni.

Ma ancora una volta pare che Santa Proroga, a cui in piazza Dante si accendono ceri ogni giorno, non ascolti le preghiere. Soprattutto con il governo Draghi, che sulla privatizzazione dei servizi sembra aver alzato una muraglia cinese.

Anche in questo caso va detto che la battaglia non è da poco. Di fronte c’è il moloch neoliberista di Bruxelles. Che, a nostro modo di vedere, si potrebbe battere solo con un’azione politica di ampio e alto respiro. E senza garanzie di vittoria. Ma provarci, sempre a nostro modestissimo avviso, sarebbe doveroso per i primatrentinisti.

Tra l’altro, mentre spera in un salvataggio da Roma, la Giunta Fugatti omette anche di sfruttare ogni minima possibilità di mantenere il controllo. E fa una brutta legge per le concessioni, piegata sulla massimizzazione dei canoni. Anche qui, si dice, i problemi saranno risolti nei regolamenti e bandi di gara. Prima o poi Santa Proroga martire risponderà.