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QT n. 3, marzo 2021 L’editoriale

Zaia, Fugatti, Calandrino

I furbastri approcci dei governatori al mercato nero dei vaccini. E le inconcludente della UE.

Riteniamo illuminante una delle tante vicende della politica sanitaria di queste ultime settimane. Riguarda il governatore del Veneto Luca Zaia. Che con enfasi ha comunicato le sue intenzioni di acquistare 15 milioni di vaccino, per conto suo, al di fuori dei canali nazionali ed europei. All’improvvido intendimento si sono subito associati altri governatori, il nostro Fugatti (a dire il vero con qualche frase di cautela in più) e l’emiliano Bonaccini, un altro che si crede furbo (si è distinto per aver appoggiato Salvini nella richiesta di aperture serali dei ristoranti, giusto due giorni prima che l’Emilia precipitasse in zona rossa; a evidenziare che quello che gli interessava non erano i ristoratori o gli ammalati, ma oscurare Zingaretti, cui vorrebbe soffiare la poltrona del Pd).

Ecco, la vicenda riporta agli pseudo furbi di favole e novelle. Dove pensava Zaia di trovare i vaccini? Al mercato nero, naturalmente. Da un non meglio specificato “mediatore”. Che è risultato essere uno dei tanti traffichini che sulle disgrazie cercano di arricchirsi. Ha approfondito il team de La 7: “Scusi Zaia, lo sapeva che questo mediatore ha grossi guai penali con il fisco? Che la sua società ha un capitale sociale di mille euro, le sembra possibile che possa gestire un contratto da 180 milioni?” “Evidentemente lei ha avuto tempo di effettuare visure alla Camera di Commercio, io questo tempo non l’ho avuto” ha risposto lo sciagurato. Aggiungendo – e altrettanto ha fatto Fugatti: “Di fronte alla pandemia era ed è mio dovere morale cercare qualsiasi strada per risolvere la situazione”.

Cascano le braccia. Sostanzialmente per due ordini di motivi. Il primo. Da dove vengono quei vaccini? È evidente che li stai sottraendo a qualcun altro, paghi un trafficante per il suo sporco lavoro. “Non c’è l’albero degli zecchini d’oro” - ha detto un commentatore - e neanche l’albero dei vaccini. Quindi tu investi i soldi della comunità in un’operazione immorale. Ma non basta: è un’operazione stupida. Chi ti garantisce sulla qualità dei vaccini? Sulla loro conservazione? Sul rispetto della catena del freddo? Con ogni probabilità darai ai tuoi cittadini un prodotto pericoloso. Ma forse non arrivi nemmeno a questo: è una truffa, non ti danno niente, il traffichino prende i soldi e scappa.

Le due cose – l’immoralità e la dabbenaggine – sono collegate. E tornando alla nostra letteratura, ricordano un personaggio del Boccaccio, Calandrino. Un sempliciotto, corto di mente ma desideroso di fregare il prossimo. I suoi amici buontemponi lo burlavano sfruttando il suo mix di stupidità e disonestà: gli donavano una pietra che magnificavano rendesse invisibili, e lui andava al mercato a rubare, con esiti esilaranti. Così i nostri babbei danno soldi a un lestofante pensando di fregare i vaccini a qualcun altro. Per fortuna la stampa li ha sbeffeggiati in tempo.

Siamo caduti in basso, ormai siamo all’autosatira.

Purtroppo la vicenda va oltre la caratura di una parte diffusa del nostro ceto politico. Ci indica che qualcosa non va nell’organizzazione complessiva, nelle istituzioni. Nell’Europa.

Sì, perchè sui vaccini la partita era giustamente stata centralizzata a livello europeo. Solo una massa critica di stati, di autorevolezza, di fondi, di capacità scientifiche poteva gestire al meglio regolamentazioni ed autentificazioni, rapporti con l’industria farmaceutica, rapporti con gli altri stati, per non ritrovarsi schiacciati dai più prepotenti, e non umiliare i più deboli, magari sottraendogli i vaccini, come avrebbero fatto, se ne avessero avuto le capacità, Zaia e Fugatti.

Invece l’Europa ha fallito. Non è stata in grado di farsi rispettare dalle multinazionali del farmaco; ha sottoscritto contratti che per vergogna ha secretato; rilascia autorizzazioni 15-30 giorni (che in tempo di pandemia sono un secolo) dopo le analoghe agenzie americane e inglesi, con ogni evidenza più agili. Ha ricevuto una sonora lezione da Joe Biden, che ha imposto a due multinazionali in concorrenza di collaborare, rispolverando una legge varata per la guerra in Corea. Mentre a Bruxelles sono tremebondi di fronte a possibili reazioni se osassero pretendere il rispetto dei termini di consegna.

In questa situazione, sono conseguenti le derive centrifughe: non le pagliacciate di Zaia, ma i tentativi autonomi di Austria e Danimarca e altri ancora. Sbagliano questi ultimi: non è tempo di avventure solitarie.

Per questo ci tocca invece unirci al peraltro già troppo folto gruppo dei laudatori di Draghi: che è andato a Bruxelles a dire che occorre darsi una mossa, magari usando ogni mezzo anche con le multinazionali. Whatever it takes, è tempo di guerra, usiamo tutti i mezzi. Questa è la differenza tra un politico e un Calandrino.