L’arroganza fugattiana
La giunta leghista vuole controllare tutto e si permette di snobbare tutti. La protesta diventa corale.
La giunta Fugatti, vinte le elezioni dell’ottobre 2018, si presentava da una parte con il cipiglio duro sulla questione che aveva messo al centro del dibattito elettorale, la supposta invasione dei migranti; dall’altra, sui temi veri, esibiva un volto moderato (“Porterò cambiamenti, non rivoluzioni” assicurava il neopresidente) e un approccio dialogante, a rimarcare le distanze dai predecessori, che dopo decenni di ininterrotta gestione del potere si ritenevano inamovibili, venendo non a torto percepiti come autoreferenziali ed arroganti.
Sul tema immigrati Fugatti ha mantenuto in pieno, purtroppo, le promesse, con sconcertante durezza. Ma scacciato lo spauracchio dell’uomo nero dal ben più reale Covid, la giunta Fugatti come ha gestito, oltre al contagio, il potere, il rapporto con la società? La proclamata umiltà, la promessa tensione all’ascolto e al dialogo, come si sono concretizzati?
Ormai a metà legislatura possiamo dire che Fugatti con la sua giunta sta imboccando la strada opposta. Si sta configurando, probabilmente oltre le proprie intenzioni, come un potere che si arrocca su se stesso. Indifferente, arrogante o addirittura ostile verso parti consistenti della società.
I fastidiosi ambientalisti
Se non consideriamo il mondo dell’accoglienza, ovviamente sbertucciato, definanziato, ridotto ai minimi termini, sono stati gli ambientalisti i primi a trovarsi di fronte il muro del leghismo di governo. A dire il vero, erano già abituati ad essere trattati con sufficienza, o a non essere proprio considerati, da Dellai e dai suoi epigoni. Eppure con la Giunta Fugatti è andata subito peggio: avendo deciso di accoppiare alla fobia verso i migranti quella verso i grandi predatori, non poteva non sorgere il conflitto con il mondo animalista innanzitutto, e più in generale con quello ambientalista. Abbiamo già scritto di concreti atti di sprezzante distruzione di ogni rapporto, collaborazione, condivisione delle informazioni: dall’abolizione del Comitato Faunistico, alla svalutazione del Rapporto grandi carnivori, fino alla rinuncia di finanziamenti europei per progetti di coesistenza con i predatori. Oltre al merito, è risultato grave, e indicativo, il metodo: a sottolineare il fastidio a rapportarsi con una parte di società che ha altre idee, la si ritiene deviante, e si cerca di confinarla nell’irrilevanza.
Su questo solco si è inserito l’assessore all’urbanistica e ambiente, nonché vice presidente, Mario Tonina. Tonina non è un leghista, è un democristiano. Ma nel nuovo clima ha riadattato il proprio Dna: vuole decidere senza disturbi, impone revisioni legislative e decisioni politiche accuratamente evitando il confronto e non convocando luoghi di incontro previsti dalle leggi. Sui grandi eventi in quota ha concentrato le decisioni finali ai soli apparati provinciali. Per oltre nove mesi ha evitato di convocare la Cabina di regia delle aree protette. Sulla riforma della gestione delle Reti delle Riserve (aree di Rete Natura 2000) ne ha inviato il testo in 3° Commissione lasciando ai consiglieri tempi minimi di confronto ed evitando nella audizione perfino il Consiglio delle Autonomie e anche i pescatori, il coordinamento inter-associativo sulle acque, la SAT.
Le associazioni ambientaliste sono venute a sapere, casualmente, il 27 gennaio, che sarebbero state convocate in Commissione il primo febbraio. E così su tutta una serie di questioni (grandi predatori, acque, gestione delle foreste dopo Vaia) le audizioni sono tardive, le risposte evasive, gli emendamenti dell’assessore fatti conoscere solo a ridosso della riunione. Con la SAT è peggio: viene esclusa da tutto il percorso.
Tonina vuole procedere velocemente anche nella revisione del Piano Urbanistico Provinciale. Vi deve inserire il nuovo tracciato della Valdastico: l’uscita a Besenello è stata definitivamente bocciata, oltre che dalla popolazione, anche dalla magistratura e se Fugatti, come omaggio all’amico Zaia vuole imporre, come sembra, l’uscita a Rovereto Sud, lo potrà fare solo con una revisione del PUP. Al momento nessuno conosce traccia di contenuti, o di nuove cartografie, tutto sembra secretato all’interno degli uffici del dirigente più potente che il Trentino abbia mai avuto, Raffaele De Col, responsabile delle grandi opere, della Protezione Civile, perfino di Foreste e Fauna selvatica, per quanto gestore perlomeno malaccorto dei grandi appalti (vedi “NOT, il buco nero” su QT del settembre 2020).
Urbanistica e ambiente avrebbero bisogno di ben altri approcci: le emergenze climatiche sempre più evidenti, le ferite inferte da eventi calamitosi al territorio, una nuova visione della mobilità, la difesa della biodiversità, la gestione dei corsi d’acqua, il blocco autentico del consumo di suolo, sono temi vitali ed attualissimi, un assessore sbrigativo e una giunta autoreferenziale non ci fanno sperare in niente di buono.
L’Università: un nuovo nemico?
Ma se la freddezza verso le tematiche ambientali è una novità relativa (già Dellai aveva rotto con l’ambientalismo degli anni di Walter Micheli, allora punto di riferimento in tutta Italia) dove i leghisti hanno inopinatamente e incredibilmente messo del loro, è nell’incrinare i rapporti con l’Università.
Ne parliamo con il nuovo rettore appena eletto, il prof. Flavio Deflorian. Nella scheda in basso riportiamo l’intervista
L’arroganza fugattiana è però andata oltre. E qui non ci raccapezziamo più. Perché, se si può capire che i leghisti rampanti non amino l’ambientalismo, se si possono intuire miseri (e probabilmente non corretti) calcoli elettorali nell’ostilità ad accademici e intellettuali, non si possono invece trovare ragioni agli sgarbi, anzi ai provvedimenti ostili agli interessi dei comuni di valle e a quelli dei contadini.
Comuni e imprenditori
Sull’aperta - e assolutamente condivisibile - ostilità dei Comuni, specie di montagna, alla nuova legge di Mario Tonina che rischia di espropriarli delle loro centrali idroelettriche, abbiamo già scritto nei numeri scorsi, e in questo aggiorniamo nell’articolo a pagina 24. Qui cerchiamo di capire il senso di questa ostinazione: e francamente non lo capiamo. Il Trentino perderebbe il controllo di un elemento vitale come l’acqua, gli equilibri ambientali sarebbero in mano a multinazionali, i Comuni dovrebbero rinunciare a introiti significativi… chi ci guadagna? Qui la Lega si gioca il favore della base elettorale. Che senso ha?
Passiamo poi dall’assessore Tonina a Spinelli, dall’Ambiente allo Sviluppo Economico. E quindi agli imprenditori. Ora, se c’è una categoria trattata coi guanti bianchi dall’attuale giunta, è quella degli artigiani e industriali. L’assessore Achille Spinelli non manca mai di mostrare ampia comprensione per le “ragioni” dell’impresa (come si è ampiamente visto nella vicenda Sicor, l’azienda che ha arbitrariamente disdetto i contratti di lavoro, e nella conseguenza vertenza sindacale Spinelli è stato, a dir poco, pilatesco).
Eppure anche con loro ci si comporta - incredibile - come con gli ambientalisti.
In un’uscita pubblica aspra e piuttosto inusuale, il Coordinamento Provinciale Imprenditori (vale a dire tutti: dagli albergatori, ai commercianti, dagli artigiani a Confindustria, fino alla Federazione delle Cooperative) ha recentemente strapazzato i metodi della giunta.
A metà febbraio, in un’audizione della Terza commissione del consiglio provinciale, il Coordinamento presenta un documento in cui si leva un macigno dalla scarpa: “Si ritiene di dover segnalare il nostro disappunto rispetto al metodo seguito nell’iter delle nuove norme: laddove esistono organismi tecnici consultivi appositamente istituiti per la delibazione preventiva o l’elaborazione di proposte di nuove norme nelle materie di loro competenza non si comprende per quale ragione tali organismi non siano stati preventivamente attivati”.
Accidenti, sembra di sentire gli ambientalisti! Non basta: “In generale, riteniamo di dover censurare il mancato approfondimento preventivo con le categorie imprenditoriali delle tematiche oggetto di intervento legislativo… È necessario che il confronto preceda la formulazione delle proposte di legge, in modo da consentire ai diversi portatori di interessi di approfondire la materia e di confrontarsi tra loro prima di doversi pronunciare in tempi stretti sul testo legislativo”.
Appunto, come i fastidiosi ambientalisti. Ma allora l’incapacità a confrontarsi anche con chi ritieni più vicino indica un metodo: facciamo da soli, non disturbate il conducente.
Perfino i contadini!
È finita? No. Anche con il mondo contadino la giunta non ci è andata leggera. Ha voluto, per la prima volta, prendere lei il controllo della Fondazione Mach, mettendo in minoranza negli organi sociali i rappresentanti del mondo agricolo ed escludendo completamente quelli della cooperazione agricola. Insomma, nell’agricoltura come nell’università, alla Fem come all’Opera Universitaria, i leghisti al governo non accettano organismi in cui loro non hanno il comando: la società civile, siano gli odiosi accademici o i ruspanti contadini, deve essere subordinata, non deve pensare di dire la sua negli organismi che la riguardano.
Insomma, l’assessora Giulia Zanotelli all’Agricoltura si comporta come Mirko Bisesti all’Università: questa idea di dover controllare direttamente tutto è una linea di fondo della giunta. Che sembra equanime: non vezzeggia i contadini che la votano, e rifila invece un calcione nel sedere agli intellettuali che a votarla non ci pensano proprio: rifila calci nel sedere a tutti.
Il senso di tutto questo? Non si capisce. Si vede solo un governo provinciale incapace di confrontarsi con chiunque, arroccato in un fortino attorno al quale ogni giorno si aggiunge un nuovo assediante.
Il nuovo rettore: “L’Università è ancora strategica per il Trentino?”
Con il neo eletto rettore, abbiamo parlato dei rapporti non idilliaci che sembrano contrapporre la Giunta provinciale all’ateneo.
“A dire il vero – ci dice il prof. Flavio Deflorian - momenti di attrito con il governo provinciale sono parte della storia della nostra università: sono due autonomie che fin dai tempi di Kessler non hanno saputo rapportarsi in maniera semplice, la tentazione della Provincia di vivere l’ateneo come un proprio ente funzionale c’è sempre stata. Il punto è se si pensa che l’università sia o meno un elemento strategico per il territorio. Ad esempio, Dellai poteva coltivare volontà egemoniche sull’università, che però comunque riteneva centrale per il Trentino”.
E con la giunta Fugatti?
“Non ci vedo questa centralità. Noi siamo due istituzioni che devono parlare tra di loro a prescindere da chi in quel momento siede sull’altra sedia. Questa giunta forse ha pensato che noi fossimo legati alla precedente, da cui si è posta come elemento di discontinuità. Per cui all’inizio ci ha guardato con attenzione e un po’ di diffidenza. Poi...”.
Appunto, poi, alla prova dei fatti?
“Nell’assessore (alla ricerca e allo sviluppo economico, n.d.r.) Spinelli abbiamo riscontrato molta attenzione e solido pragmatismo; con la giunta invece ci sono state incomprensioni molto forti, soprattutto con il presidente”.
Sta parlando della facoltà di Medicina, che Fugatti voleva istituire a Trento come sede staccata dell’università di Padova, praticamente senza interpellarvi?
“Il cuore del problema è stato nell’aver sottovalutato – da parte della Giunta, ma anche di Padova – che l’insediamento a Trento di un’università non trentina cambiava la nostra identità: non saremmo più stati l’università del territorio, ma una delle tante. Era evidente che dovevamo reagire, pena veder mutato il nostro Dna”.
Fugatti afferma che è solo grazie alla sua iniziativa che ora Trento ha Medicina
“Io ho sempre sostenuto che Medicina l’avremmo fatta comunque, magari tra qualche anno; la presenza di due centri di eccellenza come Cibio (Dipartimento di Biologia Cellulare, Computazionale e Integrata) e Cimec (Centro Mente\Cervello) spingeva in tale direzione. E così la Facoltà siamo riusciti a farla rapidamente, con Verona, peraltro ottima università; recuperando con la Provincia l’iniziale incomprensione, o forse autentico sgarbo, nel cercare di coinvolgerci solo a cose fatte. La situazione comunque è ora normalizzata, il nostro progetto è stato recepito, fatto proprio dalla giunta. Come è giusto: è un’attività accademica che interagisce fortemente con la sanità, il territorio, la provincia”.
Veniamo alla querelle odierna: la proposta di nominare il presidente dell’Opera Universitaria da parte della Provincia, non più “d’intesa con il rettore”, ma “sentito il rettore”.
“... e così il nostro punto di vista diventerebbe un’opzione, di cui si può fare a meno. Ora, chiaramente non è in gioco l’autonomia dell’Università, che è ben altrimenti garantita. E l’Opera, in effetti, è un ente funzionale della Pat; ma incide sulla vita di 17.000 studenti, per metà non trentini, e dovrebbe essere logico che i suoi interventi vengano effettuati in accordo con l’ateneo. Questo punto basilare è difatti espresso nella stessa composizione del Cda: 9 membri di cui 1 è il presidente, 3 studenti e 2 nominati dall’università, quindi la comunità accademica ha la maggioranza, e un presidente non gradito sarebbe azzoppato”.
A questo punto, magari, cambiano la composizione del Cda.
“Hanno detto di no. Poi, se lo facessero, direi: andiamo avanti così? Ma dove si vuole arrivare?”
Forse la Giunta pensa che voi intellettuali, tanto non li votate. Loro i voti li prendono nelle valli.
“Sarebbe un errore non solo elettorale, ma strategico. L’università non deve essere percepita come un volano (oltre che culturale) economico che riguardi solo Trento e Rovereto. Se c’è questa visione è anche colpa nostra, dobbiamo far capire a tutti che l’università è un patrimonio di tutta la popolazione, anche per l’elettore che sta a Vermiglio. Dobbiamo qualificarci come l’ateneo del Trentino, non di Trento”.