Chi gestirà l’Autobrennero?
La miope politica di Fugatti e il lavoro lobbistico di Donatella Conzatti lavorano a favore dei soci privati e contro l'interesse pubblico.
Il futuro dell’Autostrada del Brennero è importantissimo per la nazione e vitale per i territori che attraversa, eppure è sempre più indefinibile. Bisogna stabilire chi la gestirà, eppure per questa decisione è saltata anche la scadenza che doveva essere un ultimatum: il 29 dicembre; così nella legge di bilancio 2021 è stata messa una norma che concede una ulteriore proroga: si scivolerà al 30 aprile per decidere se si dovrà fare una gara europea o che altro.
Vediamo cosa ha contribuito a complicare una vicenda comunque non semplice. Sembrerebbe ovvio, soprattutto dopo gli esiti delle gestioni che hanno portato a disastri come il crollo del ponte Morandi, decidere di puntare su una gestione totalmente pubblica, sempre se si intende investire nell’interesse pubblico. Per vedere però come invece ci si sta muovendo, dobbiamo fare alcuni passi indietro.
Il primo porta all’aprile 2014: una disposizione unica in Italia aveva permesso alla società di accantonare fondi strategici per ridefinire la mobilità ferrovia-gomma, all’interno di una visione per cui i 314 Km dell’Autobrennero fanno parte del corridoio di transito che collega Monaco a Verona. Insomma, l’autostrada investe parte dei suoi utili in un’iniziativa (la ferrovia) che nell’ottica pubblica è complementare, mentre in quella privata è concorrente. È logico che i soci privati non ne fossero e non ne siano felici, dato che vedono distogliere dei fondi dai loro dividendi per trasferirli in lavori distribuiti sui territori, la ferrovia e altre opere ancora.
Quanto contano i soci privati? Questa è la composizione societaria di A22: l’84,75% è di proprietà pubblica (Regione Trentino-Alto Adige, le due Province autonome con i rispettivi comuni di riferimento, e poi i soci del Sud: le Province di Verona, Modena e Reggio Emilia, anche qui con la presenza delle rispettive città capoluogo). Poi i soci privati: Infrastrutture CIS Srl con il 7,82%, Serenissima Spa con il 4,23%, Banco Popolare Soc. Cooperativa con il 4,23%, Società Italiana Condotte d’acqua con lo 0,1%.
Il ministro del M5 Stelle Danilo Toninelli aveva provato a chiudere la lunga storia, uscendone però con le ossa rotte. Ora la stessa fine coinvolge la ministra Paola De Micheli del PD: la loro azione ha dovuto cedere ai giochi poche volte espliciti di alcuni soci pubblici (Trentino e quelli del Sud) e agli interessi di quelli privati. In gioco vi sono 500 milioni di euro di ricavi all’anno, solo negli ultimi sei anni sono stati redistribuiti 275 milioni, 46 milioni l’anno prima dell’abbattersi della pandemia Covid.
Un protocollo del 2016 prevedeva l’affidamento diretto della concessione ad A22 per trent’anni (senza quindi passare per la gara europea), a patto che la società diventasse interamente pubblica, in house. Teniamo presente che l’infrastruttura non porta benefici solo alle due Province autonome, ma è un servizio offerto a tutto il paese: è il tratto autostradale transfrontaliero più trafficato delle Alpi, vi passano il commercio come il turismo di gran parte d’Europa e – nonostante non sia stata, nei primi anni Novanta, indenne da scandali – comunque è di gran lunga l’autostrada meglio gestita d’Italia. Dovrebbe quindi essere logico perseguire la pubblicità dell’arteria. Invece...
Fugatti rompe il fronte dell’Euregio e si schiera con il Veneto
Entro il 29 dicembre tutti gli attori della vicenda e il governo, sostenuti dalla fermezza di Arno Kompatscher (e in questo frangente anche dell’ex presidente della Provincia di Trento Ugo Rossi) avrebbero dovuto liquidare i privati e strutturare una società a capitale totalmente pubblico. Invece l’attuale Presidente della Provincia di Trento Maurizio Fugatti ha pensato bene di rompere il fronte autonomistico (i soci pubblici dell’Euregio Sudtirol sono maggioritari, con il 55,3% del pacchetto azionario) e incrinare il sostegno alla soluzione in house. Dapprima ha proposto una ulteriore dilazione della concessione di 10 anni, poi, resosi conto dell’impraticabilità della proposta, l’ha ridotta a due anni, con la risibile motivazione che ci sono investimenti da fare (l’Autostrada ha sempre investimenti da fare). In pratica, senza essere esplicito, ha appoggiato l’inerzia dei soci pubblici del Sud e gli interessi dei soci privati.
Nel confronto si è inserito anche un altro attore, il nefasto attivismo della senatrice di Italia Viva (ex UPT, ex Forza Italia) Donatella Conzatti, ben più incisiva di Fugatti. La quale aveva chiesto la modifica dell’art. 13 del decreto legge 148/2017 che prevede tassativamente la trasformazione di A22 in società pubblica. Voleva tale articolo meno rigido per offrire la possibilità ai privati di rimanere in società; peraltro senza incidere nella governance e nel diritto di voto che dovevano rimanere di competenza solo dei soci pubblici. In pratica i privati avrebbero continuato a godere dei corposi dividendi, senza però poter decidere la loro entità, senza cioè poter votare contro gli stanziamenti di parte degli utili in investimenti.
Nel suo sforzo di favorire i privati, però, Conzatti forzava tutta una serie di disposizioni italiane ed europee sui cui particolari non ci addentriamo: il risultato alla fine era una proposta insostenibile, che però alimentava aspettative e conseguenti rigidità dei soci privati.
La soluzione più logica, come dicevamo, l’unica che permetterebbe di portare avanti i progetti di mobilità transfrontaliera e sul territorio, è come detto la società in house. Essa è sostenuta dal Sudtirolo e a Trento soprattutto da Ugo Rossi, ripetutamente sostenuto da Giorgio Tonini del Pd.
Le argomentazioni sono inconfutabili: una ulteriore proroga risulterebbe incompatibile con la normativa europea, un illegittimo affidamento. È inoltre prevista in questo progetto per 30 anni una quota di accantonamenti di 34,5 milioni annui (1,035 miliardi complessivi) per il finanziamento di opere pubbliche. Certo, non sarebbero più distribuiti i dividendi di una volta: ma per i soci (che oramai sarebbero solo quelli pubblici) la cosa sarebbe secondaria, poiché gli utili verrebbero riversati sul territorio attraverso le opere.
Concordiamo con la valutazione di Rossi: una mancata condivisione del Trentino a questo progetto sarebbe “un atto nefasto”.
Per giungere a questa soluzione bisognerebbe dunque liquidare i soci privati. Ora, la Corte dei Conti ha valutato in 70 milioni il valore massimo delle loro quote, mentre essi ne chiedono almeno 160: è una differenza abissale, che impedisce qualunque mediazione (i privati vorrebbero conteggiare nel riscatto gli 800 milioni già versati da A22 nel maldigerito “fondo ferrovia”).
È evidente che chi rappresenta il pubblico, qualora cedesse ai privati, si troverebbe a dover sostenere presso la Corte un danno erariale, e d’altra parte i privati, se non si arriva ad una mediazione, sono pronti a ricorrere alle vie giudiziarie per difendere i loro presunti diritti.
In questa vicenda, è particolarmente sconcertante la lettura di Fugatti-Conzatti, dove è assente una visione della gestione di un bene pubblico, mentre appare prioritaria la tutela degli interessi privati (non è casuale che Conzatti abbia definito il riscatto delle quote private “un esproprio”). Da parte dei soci pubblici del Sud (tutti a trazione leghista) non si menzionano mai le sinergie in essere e potenziali dell’asse Ferrovia del Brennero-A22: quando intervengono, si soffermano solo sui loro raccordi stradali. È a tutti evidente come invece sia qui in gioco un modello di mobilità- infrastrutture-trasporti proiettato nel futuro, attento ai cambiamenti climatici in atto, forte di una scelta di campo precisa, trasferire quanto più possibile il traffico merci sulla rotaia.
Bene fa Giorgio Tonini a ribadire come la futura società in house non sia un fine, ma uno strumento. Se si incrina questa prospettiva rimane in piedi solo la logica del profitto, portata all’esasperazione come insegnano le varie vicende Benetton-Atlantia, il consolidamento di una imprenditoria italiana egoista e miope.
Donatella Conzatti si fa forte del fatto che l’Unione europea abbia già concesso proroghe simili: in Francia per la gestione della autostrade, in Portogallo nel settore idroelettrico. Ma la senatrice tace, ed è grave, il fatto che comunque, andando a gara, se vincesse una multinazionale europea non ne parliamo, ma anche un’eventuale vittoria di A22 dovrebbe essere improntata ad una gestione aziendalista in senso angusto, senza più investimenti sul territorio.
La nuova deroga e il rischio del naufragio di milioni di investimenti
Ma siamo proprio così certi che Fugatti sia un ingenuo, attento solo a difendere interessi dei soci privati? O invece la sua linea, tenuta sottotraccia, non investa in una alleanza strategica con il Veneto e il suo governatore Luca Zaia, che per Fugatti è l’esempio, il modello, il faro nella nebbia?
Innanzitutto è possibile che si presti a favorire gli interessi della Serenissima (socio privato di A22), e poi a facilitare la costruzione della auspicata Valdastico (A31) strettamente legata anch’essa agli interessi specifici della Serenissima, che solo con la conclusione di A31 otterrebbe la proroga della concessione del tratto autostradale Brescia-Padova, il più profittevole del nostro paese.
Tali fratture all’interno dei soggetti pubblici finiscono con il rafforzare le pressioni dei privati (che, ricordiamolo, sarebbero una netta minoranza, il 15%) e di quelle parti politiche con loro schierate, da Italia Viva alla Lega.
È in questo contesto che a questo fronte si aggiungono irritualmente (preoccupati per i loro stipendi, che verrebbero decurtati in una società totalmente pubblica?) anche gli attuali manager di Autobrennero, in genere invece diretta emanazione delle autorità della nostra Regione, evidentemente troppo sfilacciate.
Qui finisce questa prima puntata della nostra ricognizione sulle potenzialità di Autobrennero da una parte, e dall’altra sullo storico pasticcio che un governatore troppo subalterno come Maurizio Fugatti rischia di combinare. Ma altri accadimenti intanto si stanno accavallando e la partita non è persa: ne renderemo conto nei prossimi numeri.