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QT n. 12, dicembre 2020 Cover story

Sudditi o cittadini?

Operazione "Perfido", le reazioni in valle: ieri l'omertà, oggi il silenzio.

Walter Ferrari

Qualche giorno fa ho casualmente incontrato un sottufficiale dei Carabinieri che si era occupato del caso Hu Xupai e alla sua domanda se ero soddisfatto dei risultati dell’operazione “Perfido” ho risposto: “Sì, però...”. Sono stato costretto a esprimermi così in quanto, ad un mese da tale operazione, purtroppo non si è visto alcun segnale di reazione nelle comunità della zona del porfido. Solo poche persone, ad oggi, mi hanno espresso con sincerità le loro considerazioni. Un manovale: “Nelle cave regna la paura e la sottomissione”. Un ex operaio andato da poco in pensione: “Tante cose si potevano intuire da anni, ma nessuno ha mai detto niente, chi per paura e chi per interesse”. La voce più insistente, forse fatta circolare in maniera interessata, dipingeva il tutto come una montatura della stampa che il tribunale del riesame avrebbe provveduto a sgonfiare. Così però non è stato, ma il silenzio regna ancora sovrano.

Il sindaco Mauro Stenico

E come hanno reagito gli amministratori locali? A parte le affermazioni di circostanza fatte dal nuovo sindaco di Lona-Lases, non a caso cresciuto alla corte di Roberto Dalmonego e Pietro Battaglia nell’Asuc, l’unico gesto significativo l’ha compiuto il sindaco di Fornace Mauro Stenico dando lettura, nella suggestiva cornice di una cava, di un comunicato diffuso via Facebook. Una presa di posizione tesa a minimizzare, dettata dalla preoccupazione che “le ombre individuate dall’indagine tutt’ora in corso” possano “contribuire ad una generale demoralizzazione”, creando “un clima di sfiducia e pessimismo verso l’intero comparto”.

Stenico ha sottolineato che “è unicamente rispetto a tale rischio” che si basava il senso del comunicato; una sottolineatura non necessaria, vista la successiva affermazione con la quale egli esprimeva il desiderio di “difendere agli occhi dell’opinione pubblica l’immagine globale di un settore... che per grandissima parte nulla ha a che vedere con la criminalità”. “Qualche cellula malata – ha detto – non può giustificare l’accusa all’organismo nel suo complesso”. E ha concluso perentoriamente che “a dispetto delle infiltrazioni criminali la maggior parte del settore è seria e sana”.

Ricordo, per chi non lo sapesse, che egli è figlio di un imprenditore del porfido che per vent’anni ha ricoperto anch’egli la carica di sindaco di Fornace e unitamente a Tiziano Odorizzi (ex sindaco di Albiano ed ex consigliere provinciale) ha spadroneggiato incontrastato nel settore fino a 6 o 7 anni fa; entrambi uniti nel disprezzo verso quello che definivano il “popolino”. Sì, proprio quel Tiziano Odorizzi protagonista del miliardario affare di Camparta (con contratti siglati a Vaduz e nell’isola di Man) unitamente ai fratelli Battaglia!

Ritornando però al sindaco di Fornace, occorre ricordare che il 10 febbraio 2016 egli intervenne con una lettera all’Adige in difesa del collega sindaco di Lona-Lases Marco Casagranda (altro rampollo di famiglia imprenditoriale, eletto per ben tre volte sindaco come a suo tempo lo fu il padre, consigliere ed assessore regionale), dopo le critiche espresse nei suoi confronti dal Coordinamento Lavoro Porfido.

La vicenda venne originata dall’astensione dello stesso sindaco Casagranda in occasione della votazione in giunta comunale del Piano anticorruzione 2016-18, motivata dalla non condivisione di “alcuni contenuti del documento in tema di conflitto d’interessi”, come lo stesso sindaco dichiarava all’Adige del 7 febbraio 2016. Per inciso, ricordo che Casagranda nel 2005 era stato eletto sindaco in una lista che portò in consiglio comunale anche Pietro Battaglia e, non contento di ciò, nominò assessore esterno alle cave il fratello di questi Giuseppe.

Fatti ripresi dall’Adige del 17 marzo 2017 a proposito di un’azione comune dei sindaci della gestione associata (Albiano, Lona-Lases, Segonzano e Sover) volta a sollevare il dott. Galvagni dall’incarico relativo alla prevenzione della corruzione, nella cui veste aveva redatto il Piano di cui sopra. Il sindaco di Lona-Lases rispose con una lettera all’Adige il 22 marzo 2017 titolata: “Io e i fratelli Battaglia facciamo il bene del paese”, nella quale affermava di aver “avuto il piacere di avere i fratelli Battaglia in consiglio” ed evidenziava la loro “voglia di spendersi per la comunità nella quale vivono”.

La sindaca Erna Pisetta

Gli faceva eco sull’Adige del 10 agosto 2017 la sindaca di Albiano Erna Pisetta, affermando che la decisione di affidare all’avv. Maria Luisa Offer la gestione del settore cave ad Albiano “è stata dettata non certo dalla volontà di estromettere Marco Galvagni dalla funzione, bensì dall’intenzione di individuare una figura di riferimento in possesso di adeguata professionalità in campo amministrativo/giuridico”. A questo proposito la sindaca sottolineava il fatto che l’avv. Offer aveva al suo attivo una collaborazione con Transcrime, nell’ambito di un progetto finanziato dalla Provincia, “proprio in materia di prevenzione alle infiltrazioni della criminalità organizzata nell’economia trentina”.

Mi pare interessante, alla luce dei fatti odierni, ricordare i risultati “lusinghieri” dell’indagine statistica effettuata nell’ambito del Piano triennale per la prevenzione della corruzione della Provincia, riportati dall’Adige il 26 ottobre 2016 e presentati dall’allora presidente Ugo Rossi affiancato, tra gli altri, dall’ex Procuratore Stefano Dragone.

L’indagine avrebbe fatto emergere che “il Trentino è una provincia sana, nella quale è possibile operare senza problemi, in un contesto economico e istituzionale onesto” con “una percezione ridotta della presenza di criminalità organizzata e corruzione” e priva di “un’esperienza diretta” al riguardo.

La smentita

La doccia fredda arrivò però nel luglio del 2017, quando l’on. Rosy Bindi venne a Trento ed anticipò i contenuti della relazione conclusiva della Commissione parlamentare antimafia da lei presieduta, evidenziando il rischio di infiltrazione della ‘Ndrangheta “in un settore come quello del porfido” e anticipando così i contenuti della relazione conclusiva della stessa Commissione datata 7 febbraio 2018. Relazione che evidenziava la presenza di “persone in relazione con le cosche” nei settori “dell’edilizia e dello sfruttamento delle cave di porfido”.

Nell’imminenza delle elezioni politiche tali risultati vennero commentati dall’ex presidente Dellai come “casi isolati”, mentre l’allora deputato del M5S Riccardo Fraccaro denunciava come le istituzioni fossero rimaste “silenti”.

Anche gli imprenditori del porfido, tramite il presidente dell’Espo Massimo Stenico, intervennero a difendere il proprio onore (Trentino e Adige 7 marzo 2018), “disonorato”, a suo dire, dalle notizie “di possibili infiltrazioni della ‘ndrangheta”. “La ‘ndrangheta è nelle cave? - si domandava – “Possibile che nessuno si sia sentito offeso per affermazioni così pesanti?” Il silenzio era la risposta più eloquente alla sua domanda.

Eccezion fatta per l’ isolata affermazione dell’allora segretario generale della Cgil Franco Ianeselli, che nel maggio del 2016 parlò di possibili “penetrazioni” nella nostra regione, sempre silenti sono rimaste pure le organizzazioni sindacali di categoria. Basti citare quanto dichiarava al Corriere del Trentino del 13 marzo 2016 il segretario della Filca-Cisl Fabrizio Bignotti che, alla domanda “Concorrenza sleale, lavoro nero, ombra sulle concessioni?”, replicava: “No, il problema del porfido è l’edilizia” (in crisi).

Oggi, di fronte a quanto sta emergendo, anche la reazione di chi amministra la Provincia appare inadeguata. Il presidente Fugatti, da buon leghista sempre pronto a mettere in guardia dal pericolo degli immigrati, dice semplicemente che occorre fare attenzione a chi si frequenta. Dimentico che a sostenerlo ed applaudirlo in Consiglio provinciale (quando proponeva di consentire fino a tre lavoratori in nero), durante il dibattito sulla revisione della legge cave del febbraio 2017, era una delegazione di imprenditori e artigiani del porfido guidata da Davide Casagranda (fratello del sindaco di Lona-Lases), Fulvio Micheli e Moyra Fontana (leghisti e consiglieri comunali di maggioranza) e Pietro Battaglia, finito in carcere nell’operazione “Perfido”.

Mai come in questo momento, almeno a livello locale e probabilmente con motivazioni diverse, vi è stata corrispondenza di comportamenti tra amministratori e amministrati, un silenzio figlio di quella omertà diffusa che da molti anni rende difficile l’esercizio dei più elementari diritti di cittadinanza.

Quando rifletto sulla questione mi torna alla mente la domanda che poneva a noi, giovani studenti delle superiori, un giovane insegnante, Silvano Bert, (che è stato per me un vero Maestro): “Volete essere sudditi o cittadini?”. Egli ci insegnava che la cittadinanza presuppone l’esercizio attivo dei diritti ad essa connessi e ci metteva in guardia dalla passività che rende sudditi.

Sudditi o cittadini? Giro l’interrogativo ai miei convalligiani della zona del porfido, operai e non.

Mi auguro che intere comunità non si lascino prendere in ostaggio dalla paura della “CZ calibro 9x21 con caricatore da 16 placata oro” e dalla “Smith e Wesson 357 magnum 8 colpi” che Arafat Mustafa (anch’egli arrestato e già condannato per il pestaggio di Hu Xupai) si vantava di possedere.