Terremoto elettorale o svolta gattopardesca?
Intanto, i verdi fuori dal parlamento
Dieci mesi fa, una maggioranza di centro-sinistra del 54% aveva eletto Alexander van der Bellen (ex-leader dei verdi) Presidente della Repubblica, come candidato della società aperta. In ottobre, una maggioranza di centro-destra di quasi due terzi ci ha portato un governo Kurz-Strache.
Sebastian Kurz e i suoi popolari “nuovi”, partiti dal terzo posto nei sondaggi, hanno vinto con quasi il 32% ed ora hanno avviato i negoziati per la formazione del governo federale con i Freiheitlichen di Heinz-Christian Strache (partiti primi, arrivati terzi). E i verdi, parte di maggioranze che governano alcune regioni e tante città, non ce l’hanno fatta ad entrare nel nuovo parlamento, dopo tre decenni. L’Austria è talmente cambiata in soli dieci mesi? Non riesco ancora a capire bene tutto quello che è successo, ma azzardo alcune ipotesi.
I verdi, a livello nazionale, sono scesi dal 12% a poco meno del 4% (la soglia per entrare in parlamento), cioè hanno perso due terzi del proprio elettorato, mentre solo sei mesi prima i sondaggi li hanno visti ancora sopra il 10%. È pur vero, hanno sbagliato grossolanamente quando il congresso nazionale aveva scelto, al quarto posto della lista nazionale, un candidato dei giovani invece del benemerito Peter Pilz, campione di tante battaglie parlamentari contro la corruzione – e lui (così prontamente da far sospettare che era appunto quel che aveva in mente) aveva deciso di non candidarsi per un altro posto in lista e aveva formato una sua propria lista, con alcuni dissidenti verdi e no. Aveva pure sostenuto per anni che per combattere Strache, ci voleva un po’ di “popolarismo” di sinistra. E lui è entrato in parlamento, con quasi il 5%, portando con sé una rilevante fetta dei possibili elettori verdi, ma anche pescando fra gli elettori fluttuanti “di protesta” e fra quelli che in passato si sono astenuti.
Poi c’era, nell’elettorato di centro-sinistra, la grande paura di un governo di destra, e conseguentemente un voto strategico. Cioè, tanti militanti di organizzazioni non-governative, di iniziative sociali della società civile e anche della sinistra cristiana (solitamente sicura base elettorale dei verdi) mi hanno detto che questa volta (e “soltanto questa volta”) avrebbero votato per i socialdemocratici, cioè per il cancelliere Christian Kern, che doveva finire primo, per chiudere la porta a un temuto governo guidato da Kurz o da Strache. Ad Innsbruck, ad esempio, i socialdemocratici ora sono il primo partito e i verdi, da 5 anni il primo partito in città, con un magro 8% (dopotutto il migliore risultato di tutte le città austriache, magra consolazione) sono scesi al quarto posto. E nessuno crede che ciò sia un risultato che si ripeterà in febbraio e aprile, alle elezioni regionali e poi comunali, come mi ha detto personalmente il loro capogruppo in Consiglio. Questi elettori “in libera uscita” avevano creduto che i verdi ce l’avrebbero fatta comunque, ma questa volta hanno votato Kern per evitare il peggio. “Se l’avessi saputo prima…”, mi ha detto più di uno di loro.
Ci saranno state altre ragioni per la discesa catastrofica dei verdi. Le discussioni in merito sono cominciate e dureranno ancora, ma è troppo presto per parlarne.
Cosa vuol dire, poi, il trionfo (se il 32% può chiamarsi tale) di Sebastian Kurz? Programma zero, tanto che il suo partito, all’inizio dei negoziati con i Freiheitlichen, ha cominciato a discutere sulla proposta di Strache di farla finita col sistema delle Camere (del Lavoro, del Commercio, degli Architetti, dei Medici e via dicendo). Molta retorica su un fantomatico “cambiamento”.
Ma che c’è da cambiare? Dati economici ottimi, di grossi problemi sociali nemmeno l’ombra. Ma intanto, cambiamo. “Se non ora, quando?”, recitavano i manifesti. È vero, la gente si era stufata della “grande coalizione” rosso-bianca, dopo anni di stagnazione e insensate polemiche all’interno del governo: nessuno ne poteva più. Una svolta, non importa in quale direzione, ci voleva. Il giovane Kurz sembrava impersonare questa svolta. “Cambiare tutto per non cambiare niente”, forse è questo il senso gattopardesco di quel voto.
I primi giorni di negoziati Kurz-Strache, hanno invece mostrato che una svolta ci sarà per davvero, e sarà una svolta radicale a destra. Vedremo cosa gli elettori ne penseranno fra pochi mesi.
Magari nelle regionali e comunali della prima metà del 2018, vivremo un altro terremoto e assisteremo ad alcune resurrezioni. La speranza, si sa, è l’ultima a morire.