Brennero: mai più una barriera
Il passo del Brennero non è un passo qualsiasi, come ce ne sono tanti altri disseminati nelle nostre montagne. Sono splendidi luoghi formatisi nella millenaria evoluzione della natura che hanno reso possibile il transito dell’uomo attraverso catene montuose altrimenti inaccessibili.
Il passo del Brennero ha anch’esso questa caratteristica comune a tutti i passi. Anzi persino più degli altri. È stato dotato dall’uomo di una maggiore attitudine a favorire il “passo”, cioè il passaggio umano: dispone di strade, di un’autostrada ed anche di una ferrovia per facilitare i collegamenti fra le popolazioni che vivono di qua e di là.
Ma non è solo questo. Il Brennero ha incrociato anche la storia, almeno quella relativamente recente. Nel 1918 è diventato un confine. Fra due stati, l’Italia e l’Austria, ma anche all’interno di un popolo, il popolo tirolese. Questo evento ha prodotto effetti che si sono protratti nel tempo. Il Brennero, per i sudtirolesi, è divenuto nel ventennio fascista un monito, anzi, peggio, una minaccia: dovevano cessare di essere tirolesi. Al di qua del Brennero dovevano diventare italiani, parlare italiano, talvolta anche italianizzare i loro cognomi. Nel ventennio fu anche il luogo dei solenni e tristi incontri fra Hitler e Mussolini.
Poi, dopo la seconda guerra mondiale, lo sbarramento del Brennero cominciò ad essere alleggerito, e pur restando il simbolo di un confine, divenne più penetrabile tra le popolazioni tirolesi che aveva separato. Finché, con il nascere dell’Unione Europea ed il trattato di Schengen, come tutti i confini fra i vari stati, anche il Brennero cessò di essere una barriera e fu liberamente transitabile da tutti. Addirittura si è cominciato a farlo scomparire con la nascita di un progetto fecondo, la creazione dell’Euregio, un’entità politco-amministrativa costituita da Trentino, Sudtirolo e Tirolo.
Il Brennero dunque nella sua storia testimonia un processo di civiltà. Dalla divisione e dalla guerra fra popoli combattuta in suo nome si è passati al suo superamento, ad attenuare ed infine abolire il suo ruolo di confine, a farne un simbolo di collaborazione e fin anche di unità.
Ma è successo qualcosa. Siamo stati sommersi dall’invasione di una imponente quantità di persone disperate che fuggono dalle loro terre e cercano da noi una vita decente. Non è la prima volta che nella storia dell’umanità accadono simili eventi migratori. Anche in epoche relativamente recenti. Il più imponente fu certamente quello che ricordiamo con l’espressione “invasioni barbariche”. Caduto l’impero romano con la sua fastosa civiltà, lo Stivale fu invaso da popoli provenienti da oltre confine, che dopo vicende drammatiche finirono per insediarvisi stabilmente. Fu un rimescolamento di sangue che non ebbe effetti negativi, visto che qualche secolo dopo da questo popolo fu prodotta una delle più splendide fioriture di civiltà mai verificatesi nella storia del mondo - si pensi solo al Rinascimento.
Certo, erano altri tempi. La popolazione era meno numerosa e le differenze forse anche meno marcate. Oggi la situazione è più complessa, molto più difficile da gestire. Ma disponiamo anche di maggiore esperienza e di una cultura più matura.
Almeno così dovrebbe essere. Dovremmo aver capito che le guerre non risolvono i problemi, anzi li aggravano. Che l’intolleranza inasprisce i rapporti umani e crea più danni per tutti. Che i problemi complessi si risolvono con saggezza, tentando di comprenderne le cause e di rimuoverle e non limitandosi a colpirne gli effetti. Questo è l’atteggiamento che l’Europa deve avere dinanzi a questo fenomeno migratorio che è destinato a durare fino a quando appunto non saranno curate le sue patologiche origini.
Ma ciò che stanno facendo alcuni Stati dell’Europa dell’est ed ora persino l’Austria è sconvolgente. L’Austria ha in programma di allestire appunto al Brennero un sistema di controlli e sbarramenti per impedire che dall’Italia entrino nel suo territorio, per restarvi o anche solo per transitarvi, donne, bambini, vecchi e uomini che fuggono dalle guerre e dalla fame dell’Africa e del Medio Oriente.
L’intenzione di tornare ad erigere al Brennero un confine impenetrabile, controllato costituisce un ritorno alla barbarie; è una reazione istintiva, primitiva, incivile, che fra l’altro non risolve il problema, lo aggrava.
Non possiamo tornare indietro. È necessario riprendere il cammino per costruire un’Europa civile, che sia capace di accogliere ed integrare queste masse di disperati e soprattutto di orientare le enormi quantità di capitale finanziario che circola incontrollato da una borsa all’altra verso investimenti produttivi nelle terre da cui questi sventurati fuggono.
Il Brennero non è più un confine. Contrastare chi vuole farne ancora una barriera è un impegno di civiltà.