LaVis, le banche e la revisione
Per i tecnici delle banche, la Cantina è ormai finita. Ma Rossi preme e tutto è rinviato alla lettera di revisione, già in viaggio verso piazza Dante.
Nell’ultimo numero avevamo aggiornato la situazione della LaVis: è stato presentato (fuori tempo massimo) il bilancio consolidato che, integrato dai rilievi dei revisori, evidenzia un azzeramento del patrimonio netto; non è stato ancora presentato, invece, dal punto di vista formale, cioè sottoscritto con perizia attestata, il mitico piano di risanamento che dovrebbe sbloccare i 10 milioni promessi dalla Pat; richiesto un po’ di respiro, ed altri soldi, alle banche, che per tutta risposta fanno melina.
Un mese dopo, niente si è chiarito e la situazione è logicamente peggiorata e inizia a mancare la liquidità per onorare gli impegni con dipendenti e fornitori. In una situazione normale, come purtroppo è tante volte capitato a troppe aziende negli ultimi anni, si darebbe il via a un procedimento fallimentare, che chiarisca la situazione (i bilanci della LaVis sono oggetto di troppi rilievi critici da parte dei revisori) e la sbrogli limitando i danni. Ma la LaVis normale non è, troppo protetta com’è dall’arroganza della politica.
Ecco quindi che il cerino è stato passato alle banche, che dovrebbero, secondo gli amministratori della Cantina, non solo soprassedere ai crediti che non vengono onorati, ma iniettare 5-6 milioni di soldi freschi nella casse esauste.
Il fronte delle banche è però variegato: in ognuna la struttura tecnica dice di no, perché dare soldi nuovi significa perderli; ma le presidenze fanno anche altre considerazioni.
Il maggior creditore, Unicredit, è pressato da Rossi, col quale ha un rapporto delicato, in quanto le è stato affidato il lucroso servizio di Tesoreria della Provincia.
La Cassa Rurale di Giovo, che ha i propri crediti molto ben tutelati da accorte ipoteche, è favorevole a dare ulteriore credito.
La Rurale di Lavis, meno tutelata, si trova con la struttura tecnica contraria, ma con la presidenza che non si sente di andare contro le aspettative di una parte consistente del paese.
Poi ci sono Isa e la Banca Popolare di Verona, che nella crisi della LaVis sono riuscite a fare il colpaccio: Isa ha infatti acquisito Basilica Cafaggio a prezzo di favore, mentre la Popolare di Verona, braccio operativo della veronese Tommasi, si è pappata la tenuta di Poggio Morino a meno della metà del valore iscritto in bilancio, e ha messo un robusto piede in Cesarini Sforza pagando 50.000 euro le quote che a suo tempo LaVis pagò 200.000.
Ora i due istituti, fatte le loro pentole, temono che manchino i coperchi: in caso di fallimento della Cantina, le operazioni condotte negli ultimi tempi verrebbero dichiarate nulle, col pericolo di conseguenze penali in caso venga dimostrato un “consilium fraudis”, un’operazione cioè palesemente tesa a spolpare il soggetto in difficoltà. Meglio favorire lunga vita alla LaVis, per Isa e Bpv.
Come si vede, il fronte degli istituti di credito presenta interessi diversi. Ma le banche, si sa, tendono ad accordarsi anzitutto tra di loro. Di qui la convergenza su una linea minimale ma comune: chiedere una discontinuità negli amministratori (via Zanoni e Paolazzi) e intanto non fare niente, non dare soldi, e nemmeno chiedere il rientro dai debiti. In attesa della prossima mossa, la revisione cooperativa.
Tale revisione, biennale (da non confondersi con l’annuale revisione legale), verifica il corretto funzionamento sociale e amministrativo nonché la congruità della situazione patrimoniale e finanziaria. Insomma, è un check up della cooperativa, per tutelare i soci e i partner economici. Alla LaVis la revisione andava eseguita entro il 28 febbraio, e le relative conclusioni sono già state tirate. E sono quelle che abbiamo più volte esposto, ulteriormente aggravate: la cooperativa presenta gravi irregolarità, più volte evidenziate dai revisori e mai risolte, anzi ormai incancrenite; in più la società risulta gravemente inadempiente (non riesce a far fronte se non parzialmente alle proprie obbligazioni, nei confronti dei dipendenti, dei soci, dei creditori, dei fornitori) e si trova sull’orlo dell’insolvenza, cioè dell’inadempienza totale.
Se questa è la situazione, il revisore (nella persona del dott. Enrico Cozzio) può chiedere tre tipi di soluzioni:
- L’affiancamento al consiglio di amministrazione, rivelatosi incapace di rimediare alle irregolarità, di una persona designata dalla Federazione.
- La sostituzione del CdA con un commissario, nominato dalla Provincia.
- In caso di grave stato di inadempienza, l’intervento di un commissario liquidatore, sempre nominato dalla PAT.
Che farà la Provincia quando arriverà la lettera di Cozzio con una di queste richieste? Conoscendo ormai l’arroganza di Rossi e la subalternità degli uffici provinciali, la PAT è capacissima di chiudere entrambi gli occhi e infilare la lettera in un cassetto. Ma qui stiamo parlando di milioni, la realtà non si può fingere che non esista: le banche, prima di esporsi, pretendono di avere la revisione e di studiarla.
Soldi a Zanoni, per quanto il presidente Rossi strepiti, non vogliono darne altri.