LaVis: assessori complici
Spunta finalmente il bilancio consolidato, con conseguenze legalmente disastrose. Ma gli assessori Mellarini e Dallapiccola, con un vergognoso show e promesse fasulle, spingono i contadini ad approvare.
Avevamo lasciato la telenovela LaVis al punto in cui il duo Paolazzi-Zanoni, con in mano un bilancio “provvisorio” della sola Cantina, senza il bilancio del gruppo (il cosiddetto consolidato), bussavano ai portoni delle banche - accompagnati dai dipendenti esasperati e strumentalizzati - richiedendo, come fosse un sacrosanto diritto, uno “stand still”, ossia una mora sui debiti e la “garanzia dell’operatività”, cioè altri soldi.
Alcuni giorni dopo la mesta manifestazione, svaniti i più bellicosi propositi di portare a Trento i contadini con roncole, forconi e trattori, si aveva una riunione “decisiva” con le banche.
Zanoni illustrava l’ultima versione del “piano di rilancio”: tra lo scetticismo generale, perché non puoi presentarti a chiedere soldi ad un consesso di banchieri senza portare un bilancio vero, e anzi avendo sul groppone il giudizio dei revisori che, sia quelli ufficiali, sia quelli da te appositamente pagati, tutti concordano, con poca o tanta diplomazia, sui dubbi in merito alla “continuità aziendale”, sul fatto cioè che l’azienda possa effettivamente tirare avanti.
Lo scetticismo a fior di labbra diventa poi manifesto quando si vede che nel “piano di rilancio” si vaneggia ancora dei milioni del futuribile (se va bene) acquisto da parte della Pat del terreno di Casa Girelli; e quando si nota che lo stesso piano non è attestato secondo l’articolo 67 del codice fallimentare, come invece espressamente richiesto dalla Giunta provinciale per concedere - graziosamente - un contributo di 10 milioni.
Ora, dal momento che è da giugno che i milioni provinciali sono vincolati a tale attestazione, il fatto che in sei mesi la Cantina non sia riuscita a trovare uno straccio di professionista che, all’uopo ben pagato, attesti il piano, prendendosi peraltro i conseguenti rischi penali, la dice lunga sull’attendibilità dello stesso. Così i banchieri, tra un leggero scuotimento di testa e un inarcare di sopracciglia, tergiversano.
A toglierli dall’imbarazzo ci pensa lo stesso, improvvido, Zanoni: “Naturalmente per tenervi il piano dovete firmare una dichiarazione con cui vi impegnate a non divulgarne i contenuti, che devono rimanere riservati!”
I banchieri tirano un sospirone di sollievo: “Eh no, a queste condizioni non ci stiamo; allora il piano tenetevelo pure”. E Zanoni se ne torna a LaVis, con le cartelle del fantomatico piano ancora sottobraccio.
E di “stand still” non si parla più.
L’approvazione del bilancio
Il 26 gennaio si tiene l’assemblea di approvazione del bilancio, di cui diamo a fianco un resoconto. Ed ecco che finalmente appare il bilancio consolidato. Come mai solo ora? Non dovrebbe essere fornito ai revisori?
Appunto, dovrebbe. Ma Zanoni ha evidentemente preferito dare ai revisori una documentazione assolutamente incompleta. Ricevendone in cambio la conseguente conclusione: “Non siamo in grado di esprimere un giudizio sul bilancio”, scritta dai cattivissimi revisori della Federazione delle Cooperative, ma pari pari ripresa sia dal collegio sindacale (che è un organo della Cantina) che, con parole più dolci, dalla stessa società Trevor, pagata proprio per farsi avere un via libera.
Ma allora, perché non presentare prima il consolidato? A leggerlo bene si scopre il perché.
Il bilancio della sola Cantina (quello presentato a banche e revisori) iscrive a patrimonio netto 14,4 milioni; il consolidato (il bilancio vero, quello che mette insieme tutti i conti del gruppo) iscrive 3,8 milioni.
Ma attenzione, qui saltano fuori le osservazioni della Revisione, che contesta la mancata iscrizione a bilancio di oneri per 2,3 milioni relativi alla cessazione dei rapporti con la società estera UWI; e di altri 2 milioni per la mancata svalutazione della controllata Ethica spa. Insomma, a fronte di un patrimonio netto di 3,8 milioni (oppure di 5,1, se vogliamo considerare un altro indicatore più generoso) abbiamo 4,3 milioni di ulteriori svalutazioni non contabilizzate. Il patrimonio della LaVis non è quindi di 14 milioni come da bilancio della Cantina, semplicemente ormai non esiste più.
La cosa è molto ma molto grave. Perché la Cantina, arrivata a compilare in grave ritardo - gennaio 2015 - il bilancio consolidato al 30 giugno 2014, dovrebbe inviarlo alla Vigilanza cooperativa chiedendo la reimmissione della revisione sul consolidato; ma Zanoni si è ben guardato dal farlo. Ed ora, dal momento che la procedura cooperativa non prevede che i revisori, di propria iniziativa, possano aggiornare la revisione, tutte le considerazioni fatte sopra non sono ufficiali.
Ma sono reali. E, ripetiamolo, sono molto gravi. Perché la legge stabilisce che i finanziamenti dei soci non possono essere più di tre volte superiori al patrimonio netto. Con il patrimonio praticamente azzerato (e forse negativo) si devono restituire le quote di finanziamento eccedenti. Si devono, è un obbligo penale, i consiglieri di amministrazione ne dovranno rispondere. Non solo: i soci sovventori, che hanno investito alcuni milioni, con l’azzeramento del patrimonio netto hanno perso i loro soldi.
Ma in assemblea non si è discusso di questo. Oltre alle decine di slide e alle ore di chiacchiere, si è puntato su due altri punti, risultati armi di distrazione di massa, nel senso di distrarre i contadini dai conti per suscitare emozioni e speranze fasulle.
Prima operazione: l’attacco alla Revisione cooperativa.
Zanoni e Paolazzi fanno votare il via libera ad un’azione di responsabilità contro il cattivissimo revisore dottor Cozzio, per non aver a suo tempo rilevato le perdite di 6 milioni nella società americana Fine Wine International. Ora, il caso di FWI è in effetti grottesco ed emblematico: come Questotrentino ha più volte denunciato, ai tempi della gestione Peratoner LaVis ha continuato per cinque anni a inviare milioni di bottiglie alla fantomatica FWI, che non ha mai pagato alcunché. Ma questi erano bottiglie a milioni (quindi soldi a milioni) semplicemente trasferiti in America, perché FWI era, guarda caso, presieduta dallo stesso Peratoner, che mandava a se stesso i milioni, e non li faceva tornare indietro.
Arrivato Zanoni, commissario, che quindi per legge doveva fare pulizia, cosa invece ha fatto? Ha tirato sopra una riga, ha dichiarato inesigibilii milioni di debiti, li ha iscritti tra le perdite, ed ha mantenuto Peratoner a capo delle attività commerciali con l’estero. E ora Zanoni che fa? Accusa Cozzio di non aver vigilato. Ma Cozzio non aveva a quel tempo esercitato l’attività di vigilanza, le revisioni sono firmate dal dottor Maines, che peraltro qualche rilievo, sia pur flebile, lo aveva espresso.
Che senso ha tutto questo? A noi pare un esempio di tentativo di intimidazione, cui Zanoni non darà mai corso. Perché portare il caso FWI in tribunale significherebbe svegliare il can che dorme, la Procura, che in effetti su tutta questa partita dei soldi spariti in America si è finora fatta una sonora dormita (sembra che a Trento, a differenza che negli altri tribunali italiani, le indagini finanziarie all’estero siano impossibili...) Ma non è detto che, a stuzzicarlo troppo, il cane dormiglione non si risvegli.
Zanoni quindi non darà alcun corso alla minaccia. Sarà una burletta, come lo è stata la rivalsa verso Peratoner e soci: la Provincia aveva avvertito la Cantina che non si poteva neanche parlare di contributi ad una realtà economica che non aveva tagliato i ponti con una precedente gestione condannata in Tribunale. E allora Zanoni che, ripetiamolo, da commissario mai aveva perseguito la cricca di Peratoner, all’improvviso si risveglia e avvia una rivalsa; ma avuto il via libera dalla Pat, subito derubrica l’azione giudiziaria ad arbitrato, e scommettiamo che tutto finirà nel nulla?
Rimane comunque la gravità di queste azioni, e ci riferiamo all’intimidazione nei confronti dei controllori.
Ma come, una società beccata con i conti non in ordine, si può permettere di denunciare a vanvera chi la controlla? La Federazione delle Cooperative ha niente da dire? Accetta ancora un tale soggetto all’interno del movimento? E la Provincia, cui anche è demandata la vigilanza cooperativa, non ha niente da dire?
E qui arriviamo al punto più grave. La Provincia appoggia platealmente Zanoni. I due assessori Mellarini e Dallapiccola - guarda caso i peggiori della già scalcinata Giunta Rossi - non solo appoggiano, promettono. Soldi, tanti soldi, 20 milioni.
Probabilmente saranno promesse da marinaio. Alla faccia dei due squinternati, alla faccia di Rossi, perché possa passare l’operazione necessita di tutta una serie di condizioni (la prima, l’attestazione di un piano di rilancio che non sta in piedi; la seconda, la spesa di 50 milioni per realizzare a Casa Girelli un inutile studentato universitario) di difficilissima attuazione. Ma intanto i due - tre con il Presidente - promettono. Supportano un’azienda decotta. Impediscono di fare chiarezza. Portano i contadini ad approvare un bilancio che si ritorcerà contro di loro.
Poi, certo, il pesce puzza sempre dalla testa. La responsabilità prima, oltre i due squinternati assessori, è del Presidente. Che infatti sui giornali aveva assicurato pieno sostegno della Pat alla Cantina “che sta andando bene” “che sta mettendo a posto i conti”. Ma Rossi, in base a cosa parla? Li sa leggere i bilanci? Se li fa spiegare da qualcuno che ne capisce più di lui? E almeno le revisioni, quelle riesce a leggerle?
Caro Presidente, lei ha il dovere di informarsi. Non solo, ovviamente, quando vorrebbe buttar via i nostri soldi, ma anche quando semplicemente parla.
Ed è così che all’assemblea i contadini (alla LaVis ormai sono rimasti i meno furbi del paese) alzano la mano. E approvano il bilancio.
Ovviamente non finirà qui.
Cronaca semiseria di un’assemblea
Si inizia con la presentazione presidenziale dell’operazione: paroloni senza molto senso che impegnano stancamente i presenti per almeno 20 minuti, del tipo: ti stiamo anestetizzando socio! Non si capisce cosa dica, il pacioso presidente, e già i pensieri vagano alle sensazioni di calore della sala, al numero dei soci, ai brusii dei vicini.
Poi il presidente Paolazzi lancia dal microfono la solita presentazione dell’amministratore delegato: proceda lui, dice, nell’operazione; l’assemblea sembra sufficientemente tranquilla.
A questo punto parte l’amministratore Zanoni, che estrae le carte e comincia a leggere, con voce monotona, a gran velocità, la storia recente del gruppo, nonché il bilancio consuntivo e preventivo. Il sonoro è piatto, con qualche picco nervoso a sottolineare quanto di meglio si è fatto, e l’assemblea assorbe silente.
Partono immagini, a decine, per lo più indecifrabili, proiettate sullo schermo troppo illuminato dalle luci di sala. Immagini in bianco e nero, ma anche a colori psichedelici, che mantengono lo stato di sopore nell’assemblea. Se si cerca di interpretarne il significato ci si perde in un oceano di cifre. Meglio sopirsi, subito, quietamente.
La presentazione si allunga più del previsto, mancano ancora i due assessori provinciali, dei quali si è assicurata la presenza, Mellarini e Dallapiccola. Si fa una gran fatica a non alzarsi per uscire mandando tutti a quel paese.
Finalmente arrivano e Zanoni, visibilmente rincuorato, procede più svelto sino alla fine dell’operazione: spiegare le conclusioni dei revisori contabili. Improvvisamente l’assemblea ha un sussulto: ma come, avete finito la presentazione del mirabolante bilancio e adesso salta fuori che non c’è speranza di sopravvivenza?
Niente paura: Zanoni richiama i due revisori interni (quello cattivo, della Cooperazione, è assente) e fa rileggere le loro conclusioni, che in effetti si fermano mestamente a quella del revisore della Cooperazione e più non dicono. Peggio che andar di notte, l’assemblea capisce d’essere spacciata! Poi, colpo di scena: il solito socio dalla voce tonante, “el Tullio”, ben noto a Zanoni, ha un’intuizione geniale, si mette a lanciare grida inconsulte, “Schelfi!... Dellai..., Isa..., politici traditori...” e si rivolge ai due assessori che “sono lì e potranno ben fare qualcosa”.
Così è, i due assessori in quattro e quattr’otto si presentano al tavolo e risolvono il problema: “Mancano soldi” - sentenziano. Ma: “Niente paura, ne abbiamo una sacca di riserva da 20 milioni”.
L’assemblea si calma e si appresta a votare il bilancio. Qualche “scostumato” osa ricordare che, senza revisione contabile positiva, gli effetti negativi del bilancio, debiti da tempo prorogati ad esempio, ricadranno direttamente sulla testa dei singoli soci, ma non viene ascoltato. Altri ricordano che da tempo si vanno cercando i soldi spariti in America, sei milioni; altri ricordano che gli effetti della mala gestione della passata amministrazione Andermarcher, Peratoner, etc, già censurati dalla magistratura, possono essere coperti dalle assicurazioni che, carissime, avevamo all’epoca. Risposte affrettate da Zanoni e il bilancio è messo ai voti. Gli assessori si complimentano con Zanoni per la riuscita dell’operazione ed escono in pompa magna.
Per concludere, è previsto l’intervento dalla sala del solito addetto alle parole mellifue, del tipo “Stiamo uniti, vogliamoci bene...”, ma stavolta casca male: l’assemblea, pur stanca, capisce che non è il caso, c’è piena consapevolezza che senza i 20 milioni della Provincia la partita sarà chiusa, e subito si levano grida “Ruffiano, tasi, te sei el solito...”
Poi viene messa ai voti una specie di denuncia contro il revisore contabile che ha osato mettere in dubbio il bilancio; si vota, in fondo un’indagine suppletiva non fa male.
Me che forti quei due assessori, dei veri maghi: a chi avranno mai tolto la sacca di soldi da 20 milioni? Ma l’assemblea non si fa più domande, è contenta d’essere ancora a questo mondo e i soci rasserenati possono tornare a casa e dormire.
Nicola Salvati