La Vis: l’accanimento terapeutico
Per la Cantina previsti ulteriori milioni. E arriva l’”affiancatore”.
E così la politica si è mossa. Da mesi il Presidente Ugo Rossi vuole salvare la Cantina LaVis, vuoi perché vive anche lui a Lavis e confida di ricavarne un solido bacino elettorale, vuoi perché vuole apparire sicuro e deciso, vuoi perché pressato dai poteri forti (leggi Isa, la finanziaria del vescovo, con la Cantina pesantemente implicata), e così alla fine ha deciso: milioni a LaVis: “Vogliamo dare un’iniezione di fiducia alla Cantina, che ha problemi finanziari ma come prodotto e mercati è solida”.
Su cosa si basi questa sicurezza di Rossi non è chiaro, visto che studi e documenti dicono il contrario (e lo vedremo a breve). È chiara invece la sua granitica volontà di andare avanti.
Solo che andare avanti non è semplice. Infatti il governatore già nello scorso giugno aveva deciso un’iniezione di 10 milioni nella casse della Cantina, subordinati però, causa le perplessità del PD, alla presentazione di un piano di rilancio attestato secondo l’art. 67 della legge fallimentare. E l’amministratore delegato Zanoni, da allora, non è riuscito a trovare un professionista che dietro robusto compenso fosse disposto a elaborare, e soprattutto firmare in Tribunale, il “piano di rilancio”. Piano diventato via via sempre più fantomatico, anche perché nel frattempo le banche creditrici, non solo non ci hanno creduto ma, poco disposte a rimetterci altri soldi, hanno chiuso i rubinetti.
A questo punto è intervenuto il Partito Debole, in sigla PD. Il quale è tutto tremebondo: “Non vogliamo che passi tra gli agricoltori l’idea che noi siamo contrari alla Cantina” è la motivazione, che evidentemente non considera come un atteggiamento un po’ rigoroso potrebbe invece far guadagnare consensi, se non tra i clienti di Rossi, nell’altro 90% del mondo vitivinicolo, per non parlare del generico cittadino, che magari è stufo di vedere tagli da tutte le parti tranne che nelle elargizioni clientelari. Ma PD significa anche pensiero debole, e se ne vedono i risultati).
Ed ecco cosa elaborano i democrats: Casa Girelli (la controllata di LaVis, che imbottiglia e commercializza vino low cost comperato sul mercato vinicolo italiano) è un’azienda sana - dicono - ed è in crisi a causa delle difficoltà di LaVis, sicché non riesce più ad acquistare la materia prima da rivendere: diamole dunque un aiuto. Alcuni milioni, che servano però a lei, non vadano nel calderone LaVis.
Opzione scombiccherata: perché i soldi vanno dati alla LaVis, che poi può utilizzarli come crede; e inoltre se è indubbio che Casa Girelli lavori a pieno regime e con consistenti incrementi di fatturato, che questo sia “sano” è opinabile: i prezzi imposti dalla grande distribuzione sono tiratissimi, ed è molto facile incrementare, con le vendite, anche il passivo. E in ogni caso, se si pensa che Girelli sia la parte sana di un organismo (LaVis) non recuperabile, non sarebbe meglio pilotarne un fallimento il meno doloroso possibile con relativo scorporo di quanto ha senso che vada avanti?
Comunque sia, la proposta del PD si tramuta in una palla alzata per Rossi, che accarezza l’idea: perché non dare 2-3 milioni a Casa Girelli (cosa su cui anche il PD è d’accordo) che poi servirebbero ad alleggerire la situazione dell’insieme del gruppo, e a quel punto si potrebbero dare anche gli altri 10 milioni? Insomma, 10 milioni sono troppo pochi, diamogliene 12 e mezzo, allegria!
In contemporanea è giunta in Provincia la Revisione cooperativa della Cantina. La quale ha fotografato una situazione disastrosa per “la sussistenza di gravi irregolarità in conseguenza all’accertata violazione di norme statutarie e legislative, uno stato di inadempienza (non può cioè adempiere alle proprie obbligazioni, insomma non può pagare i debiti, n.d.r.), un grave deterioramento della situazione finanziaria e patrimoniale” e propone il commissariamento della Cantina. O meglio, il ricommissariamento, in quanto nel 2010 ci era già stato un primo Commissario, l’ing. Marco Zanoni, diventato poi Amministratore delegato.
Proprio questo precedente rende il commissariamento un atto particolarmente dirompente: perché dando il benservito a Zanoni, si sconfessa la linea tenuta da cinque anni in qua da parte della Giunta provinciale, che per tenerselo commissario aveva persino modificato il dispositivo legislativo sui commissariamenti, e che inoltre, in mille dichiarazioni e cento assemblee, si era sperticata in lodi e dichiarazioni di fiducia all’ingegnere. E ora lo si accompagna alla porta, indicandolo come responsabile della situazione comatosa della Cantina?
Forse prevedendo l’ostilità della politica a questo passaggio, il Revisore introduce - sbagliando secondo noi - una subordinata: qualora gli uffici provinciali (la Vigilanza cooperativa, che deve rendere operative le indicazioni del Revisore) siano a conoscenza di ulteriori elementi che possano modificare il giudizio (la sussistenza di piani, interventi finanziari, istanze di fallimento di cui si parla sui giornali) si potrebbe optare per due altre soluzioni al posto del Commissariamento: il più blando affiancamento di un “tutor”, oppure, all’opposto, la più drastica procedura fallimentare.
Avere aperto lo spiraglio a queste altre opzioni è secondo noi un errore, in quanto le tre soluzioni rispondono a tre giudizi sullo stato dell’azienda, reciprocamente incompatibili. Se infatti la Cantina economicamente va bene e la governance anche, si propone l’affiancamento per risolvere alcuni problemi circoscritti; se invece la Cantina ha ancora delle prospettive ma la governance non è all’altezza, si passa al commissariamento; se infine sia la situazione economica che la governance sono un disastro, si opta per il fallimento.
Il Revisore aveva espresso (secondo noi con un certo ottimismo, peraltro legittimo) la seconda valutazione: situazione rimediabile con un cambiamento di governance. Ma lasciando la porta aperta ha permesso che la politica, tramite l’Ufficio vigilanza, imboccasse la strada del più neutro affiancamento.
E così Rossi ci si è prontamente infilato. Con la nomina dell’affiancatore, infatti, il governatore realizza - o pensa di realizzare - diversi obiettivi. Evita il siluramento di Zanoni, che sarebbe stata una plateale sconfessione anche della sua politica; può affermare di poter controllare la destinazione dei milioni a Casa Girelli e quindi ottiene il via libera per l’operazione; posiziona in un posto delicato un uomo a lui vicino; riesce a venire incontro alle esigenze di Isa.
Infatti questo affiancamento è un esempio di gestione del potere all’interno della nostrana cupola economico-finanziaria. L’affiancatore è infatti il dott. Andrea Girardi, persona di indubbie capacità e personalità, affermano tutti coloro che lo conoscono; ma anche vicino a Rossi (è stato candidato nel PATT alle provinciali del 2008; da lui è stato parimenti nominato lo scorso luglio nel Comitato di Sorveglianza della Cassa Rurale di Folgaria); e contiguo ai poteri forti (consigliere d’amministrazione di Itas Vita, la robusta compagnia d’assicurazioni trentina, gemellata a Isa, anche se, a dire il vero, meno propensa della finanziaria del vescovo ad operazioni birichine; per dare un esempio, entrambe, Isa e Itas, sono in prima fila nell’operazione ex-Michelin/Albere, solo Isa nell’opaca storia dell’acquisto di Casa Girelli da parte di LaVis). E proprio dai poteri forti, infatti, arriva un concreto appoggio all’operazione: ai 2,5 milioni pro Girelli stanziati dalla Pat, ne arrivano altri 1,5 da Isa, Fondazione Caritro (che dovrebbe soprattutto sostenere istruzione e cultura, ma che è invece molto contigua ad Isa) e Seac. Soldi non certo gettati a fondo perduto, ma garantiti da ipoteche sugli immobili. E che tuttavia, a nostro avviso, indicano una delle ragioni, forse la principale, di questo accanimento terapeutico su LaVis: se la Cantina fallisce vanno in fumo i 7 milioni di crediti che Isa ancora vanta, entrano in revocatoria gli ultimi passaggi di proprietà (in particolare Basilica Cafaggio passata ad Isa) e si scoperchia il pentolone.
Ed ecco quindi entrare in campo l’affiancatore. Al quale Rossi, con apposita delibera presa in una riunione di Giunta convocata ad hoc (in cui erano assenti - un caso? - le due assessore del PD sempre critiche su quest’andazzo (Borgonovo e Ferrari) ha dato ampi poteri, tra cui quello di “affiancare il Presidente e l’Amministratore delegato - provvedendo in caso di inerzia, ad una eventuale supplenza - al fine di agevolare e favorire l’applicazione dei provvedimenti gestori ritenuti necessari”: in buona sostanza Girardi viene posto sopra Paolazzi, e soprattutto Zanoni.
Gli facciamo i nostri migliori auguri. Anche perché, pur con l’ultima iniezione di milioni, l’impresa che si trova di fronte appare molto difficile. Checché ne dica Rossi, la situazione della Cantina è disastrosa. L’ultimo studio dei dati viene da Mediobanca e dalla sua annuale “Indagine del settore vinicolo”, che analizza i bilanci dei principali gruppi vitivinicoli italiani. Bene, su 24 aziende considerate, LaVis è di gran lunga la peggiore, con tutta una serie di parametri fuori controllo (vedi tabella) e di molto peggiorati rispetto alla stessa indagine dello scorso anno.
“In qualsiasi altra parte d’Italia una situazione del genere porterebbe ai libri in Tribunale” - ci dice un esperto in economia aziendale. Ma in Trentino c’è Isa, ci sono - sia pur ancora per poco - i soldi dell’Autonomia, e ci pensa Rossi.