L’Università ha scelto Collini
Fra il pro-rettore della rettrice de Pretis e l’alfiere della discontinuità, l’Ateneo ha votato il primo. Reazioni e commenti.
L’elezione del rettore ha fornito un risultato netto: ha vinto Paolo Collini, prorettore uscente, con 305 voti su quello che di fatto vestiva i panni dello sfidante, Stefano Zambelli, che ha totalizzato 123 voti. Una vittoria netta quindi. Meno schiacciante se si considerano non i voti pesati, ma i voti veri (vedi scheda), comunque indubbia.
Lo ammette Giovanni Pascuzzi, ordinario a Giurisprudenza e sponsor di Zambelli: “Collini è risultato il rettore più votato nella storia dell’Ateneo, anche di Daria de Pretis,che due anni fa riportò 295 voti contro lo stesso Zambelli, che allora si fermò a 97. Rispetto a due anni fa a cambiare è stato il voto del personale tecnico amministrativo, che da de Pretis si è spostato a Zambelli. Ma questa dinamica è stata bilanciata dal travaso su Collini, e con ancor maggior convinzione, del blocco che aveva appoggiato de Pretis. Il che dà un’indicazione chiara, anche perché mentre la volta scorsa, dopo gli scontri su provincializzazione e Statuto, de Pretis si presentava come una persona nuova, Collini, prorettore, indicato dalla rettrice uscente, nuovo non è, e la posta in gioco era chiara. Insomma, l’università ha scelto una precisa visione: assetto verticistico, comitato di valutazione formato da persone locali. È stato espresso un giudizio positivo sull’intera riforma, bisogna prenderne atto. Tranne un quarto dell’elettorato, che a questo punto speriamo trovi rappresentanza”.
Contro Zambelli forse ha pesato il tentativo di scrollarsi di dosso l’immagine di “alternativo”, che evidentemente gli stava stretta. In campagna elettorale aveva fatto una serie di incontri con personalità locali, l’assessora all’Università Ferrari e il presidente della Provincia Rossi, “per avere un quadro chiaro nella stesura del mio programma”. E ci sta. Poi aveva forse esagerato, incontrandosi con personaggi discussi, come Ferdinando Guarino, il plenipotenziario di Dellai sulla ricerca, o notabili come il presidente delle cooperative Diego Schelfi: e questo eccesso di attivismo gli è costato qualche voto. Senza peraltro cambiare il senso del risultato finale.
“Di cui sono contento - ci dice - Avevo pensato di candidarmi per poter evidenziare dei problemi che ritenevo importanti per l’ateneo, e così è stato. Collini è nella totale continuità rispetto a Egidi, Bassi, de Pretis, che hanno attuato le medesime modalità di gestione. Un esempio ne è stato il caso della biblioteca, una gestione opaca dell’università, che si esplica poi nei vari conflitti di interesse. Un esempio? Il prof. Antonio Schizzerotto, in conflitto d’interessi in quanto presidente dell’Irvapp (Istituto per la Ricerca Valutativa sulle Politiche Pubbliche, un ente della Fondazione Bruno Kessler ndr) eppure prorettore alla ricerca con Bassi, membro del Comitato di Reclutamento e Progressione delle Carriere con De Pretis, e con Collini vedremo. Questi sono due esempi dei problemi che ho rilevato.”
Alle oltre 500 persone che hanno votato Collini non interessano questi problemi?
“È già la terza occasione (dal primo statuto del 2011, alla candidatura del 2013, a quella attuale) che in questa università cerco di proporre i temi della trasparenza, partecipazione, coinvolgimento. Anche stavolta i colleghi hanno per la maggior parte dimostrato di essere consapevoli dei problemi, ma evidentemente preferiscono la continuità. Un fenomeno molto italiano: ci si lamenta perché le cose non funzionano, poi si ha paura di lascare la strada vecchia per la nuova. Mi hanno soddisfatto comunque, come dicevo, i 123 voti pesati, e soprattutto i 398 voti effettivi (contro i 539 di Collini), risultato dovuto al voto del personale tecnico amministrativo. Altro dato positivo è il fatto che molti di quelli che hanno votato per me si sono espressi pubblicamente e che lo stesso Collini abbia riconosciuto i problemi da me sollevati, tanto che nel corso dei dibattiti si è avvicinato al mio programma.”
Parliamo quindi con il nuovo rettore Collini. E partiamo proprio dall’esito del voto, incontestabilmente a suo favore, che però, con il sistema dei voti pesati (lo spieghiamo nella scheda), appare forse troppo lontano dal principio una testa un voto.
“È un dato storico, certo non una novità dell’attuale Statuto. Una volta votavano solo gli accademici, poi negli anni ‘90 venne introdotto il voto alle altre componenti, ma era chiaramente un voto pesato, altrimenti voterebbero 17.000 studenti e cambierebbe del tutto il senso dell’elezione. Come è messo ora, costituisce una sorta di diritto di tribuna, che però al ballottaggio, in caso di differenze esigue, può essere determinante. Nel nostro statuto gli studenti hanno un peso analogo alla componente tecnico-amministrativa, ma non attraverso il meccanismo di un voto a testa, bensì voto pieno ai 18 rappresentanti del Consiglio degli studenti (18 voti), mentre per le altre componenti ogni singolo vota, e il loro voto vale una frazione.”
Ritiene che queste norme vadano riviste?
“Il peso può essere giustamente discusso, perché nei fatti per il personale tecnico sono 8-10 voti, troppo pochi. Oppure si potrebbe adottare il modello degli studenti, c’è una Consulta del personale tecnico-amministrativo e a questi rappresentanti si potrebbe dare un voto pieno, da sommare agli attuali voti pesati. Così si incrementerebbero i voti della componente, e si valorizzerebbe la Consulta”.
A parte questo, ritiene opportuna, come spesso emerso nei dibattiti elettorali, una rivisitazione profonda dello Statuto?
“È passato un tempo adeguato dalla sua approvazione, ora possiamo aprire un processo di verifica su cosa ha funzionato e cosa no. Indubbiamente c’è un problema di rappresentanza, si sente la necessità di dare maggiore voce, presenza alle varie componenti dell’Ateneo. Comunque in merito allo Statuto il rettore ha un ruolo di impulso, propositivo, ma non è lui a modificarlo.”
Quali sono i temi che intende affrontare come prioritari?
“Ne indico tre: sul tema della dimensione internazionale della nostra Università avvieremo subito dei gruppi di lavoro per stabilire le direzioni in cui realisticamente procedere; un ripensamento della politica della ricerca; e un lavoro sulla semplificazione amministrativa e dei processi interni, assolutamente necessaria, e per la quale iniziamo oggi, ma proprio oggi”.
Voti “pesati” e votanti
È complesso il sistema di votazione del rettore previsto dallo Statuto dell’Ateneo trentino. Qui cerchiamo di spiegarlo, dando al contempo i risultati.
Possiamo distinguere i votanti in tre fasce: 1) professori, ricercatori e studenti che hanno voto pieno; 2) personale amministrativo e tecnico, il cui voto va moltiplicato per 0,03; 3) ricercatori a tempo determinato, dottorandi e assegnisti, il cui voto va moltiplicato per 0,009.
Nella prima fascia per i professori vale la regola una testa un voto. Così anche per ricercatori e studenti, ma ad avere diritto di voto non sono la totalità degli stessi, ma i rappresentanti dei relativi organi (per esempio, gli studenti con diritto di voto non sono i quasi 17.000 iscritti, ma i 18 del Consiglio degli Studenti). Chiarito questo, i votanti sono stati 439 su 539 (l’81%, percentuale davvero alta) con 300 voti per Collini, 115 per Zambelli e 24 schede bianche o nulle.
Nella seconda fascia invece (personale tecnico-amministrativo) i votanti sono stati 381 su 715 (il 53%), con 129 voti per Collini e, sorpresa, 240 per Zambelli. Ma questi voti moltiplicati per 0,03 si sono tradotti in 4 voti pesati per Collini e 7 per Zambelli. Bianche o nulle, 12.
Nella terza fascia, ricercatori a tempo determinato e dottorandi, hanno votato solo in 167 su 1208 (solo il 14%) con 110 per Collini e 43 per Zambelli, tradotti in una miseria di voti pesati: uno per Collini, 0,4 per Zambelli. Bianche o nulle 14.
I totali quindi sono: voti singoli, Collini 539, Zambelli 398. Voti pesati (quelli che contano) Collini 305, Zambelli 123. Schede bianche o nulle: 50.