La Vis, i disperati
La Cantina nemmeno presenta (dopo sei mesi!) il bilancio consolidato; ha bruciato tutti i soldi, eppure ne vuole, pretende, ancora, e da tutti. Sono le ultime convulsioni?
“Alla guerra!” intitola sarcastico il suo post un frequentatore del nostro blog sulla LaVis. Guerra totale, stellare, la Cantina contro tutti: banche, ex-soci, ex-amministratori, giornalisti ostili, Cavit, Schelfi e, soprattutto, i revisori. Sì, perché il presidente Matteo Paolazzi (uomo di paglia) e l’Ad Marco Zanoni (uomo forte) ce l’hanno soprattutto con la vigilanza cooperativa: “Non sopporto chi mi fa le pulci sui numerini” ebbe a dire burbanzoso, in un’indimenticata assemblea, l’incredibile Zanoni. Vale a dire: sui bilanci devo poter scrivere quello che voglio; come si permettono di sindacare i burocrati della Revisione?
Paolazzi è riuscito a fare anche di peggio (della coppia Zanoni-Paolazzi è il secondo, rubizzo scudiero alla Sancio Pancia, il più pittoresco): nel suo Discorso del Presidente n° 7 - non al bar - afferma “Il direttore della Federazione Trentina della Cooperazione ci aveva assicurato, in più di una occasione: ‘Tanto le banche non guardano quelle relazioni’” e invece - guarda un po’ - quando i revisori scrivono che il tuo bilancio fa acqua da tutte le parti, le banche leggono e si comportano di conseguenza. Maledetti entrambi, banche e revisori, c’è sicuramente un complotto!
La furia cieca di Zanoni-Paolazzi, mentre stiamo scrivendo, è giunta al punto di contestare ufficialmente la Relazione di Revisione, e chiedere “la sostituzione del Revisore (il dott. Enrico Cozzio, ndr) in quanto non indipendente”. Insomma, il controllato chiede la rimozione del controllore.
Il fatto è che i due controllati, l’hanno fatta davvero grossa. Mentre, stracarichi di debiti, chiedono ulteriori soldi alle banche e altri ancora alla Provincia, non presentano, come ogni società deve fare, il bilancio. Stiamo parlando del bilancio al 30 giugno 2014; siamo ormai nel 2015, ma il bilancio ancora non c’è. O meglio, uno lo hanno presentato, chiamandolo “bilancio provvisorio”, categoria inventata in questi giorni alla LaVis< anche perché non si capisce come mai, a dicembre, non si riesca a stendere un bilancio definitivo, o meglio, quello senza aggettivi che redigono tutte le aziende del mondo occidentale, relativo a sei mesi prima. Non hanno avuto abbastanza tempo per fare i conti?
Ma non è finita: il bilancio “provvisorio” riguarda solo la capogruppo Cantina LaVis, non c’è traccia alcuna del consolidato, quello cioè che ingloba i risultati delle spa controllate, Ethica, Casa Girelli, Cesarini Sforza e Basilica Cafaggio srl. E il bilancio della capogruppo, da solo dice ben poco, perché perdite e minusvalenze possono benissimo essere fatte transitare nei bilanci delle controllate. Il discorso vale a maggior ragione per il gruppo LaVis, che - dice la vituperata relazione di Cozzio - “negli ultimi quattro anni fino al 30 giugno 2013 ha presentato perdite per complessivi 27 milioni” e sempre a quella data aveva debiti per 78 milioni, a fronte di un patrimonio netto ridotto a 3,4 milioni. Insomma, un anno fa la situazione del consolidato LaVis era disperata, e quest’anno? Quest’anno neanche presentano i conti.
Però vogliono, pretendono i soldi dalle banche. E quelli della Provincia.
Ci vogliono i soldi della Pat
La relazione di Cozzio non si limita a constatare la pur decisiva assenza del consolidato. Anche analizzando quello della sola LaVis, si trovano diverse incongruenze, quando non aperte distorsioni, che mettono in discussione il preteso risultato finale: un utile di 200.000 euro.
Non entriamo nel dettaglio di queste contestazioni, alcune delle quali la Vigilanza fa presenti da anni (da anni infatti vengono iscritte partite fasulle o discutibili, il patrimonio della cantina è in realtà decisamente inferiore ai già miseri 3 milioni che figuravano al 30 giugno 2013) mentre altre contestazioni vengono aggiunte quest’anno, tra cui una (non aver iscritto nel Conto Economico l’esborso milionario per aver rescisso il contratto capestro - per 30 anni! - sottoscritto dall’ex direttore Peratoner con la distributrice spagnola Uwi) può configurare il reato di falso in bilancio.
Nonostante tutte queste acrobazie, un dato finale parla chiaro: la variazione monetaria annua è di -4,2 milioni. LaVis da sola, a prescindere dalle controllate, dal 30 giugno 2013 al 30 giugno 2014 ha bruciato altri quattro e più milioni.
La situazione è così compromessa che anche gli altri revisori, quelli strutturalmente “non indipendenti” (il collegio sindacale che in tutti questi anni non ha mai visto le porcherie per cui i passati amministratori sono poi stati condannati, e la società Trevor, pagata da Zanoni per fare da controcanto a Cozzio) anch’essi danno giudizi non ottimisti.
I sindaci infatti fanno proprie le parole di Cozzio: confermano “l’attuale criticità finanziaria” e precisano di “non poter esprimere un giudizio sul progetto di bilancio di LaVis”. I sindaci lasciano però aperta una porta: “La sussistenza della continuità aziendale (la sopravvivenza dell’azienda, ndr) è da valutare successivamente all’esito dell’attestazione del piano di risanamento (il piano che da sei mesi la Cantina doveva presentare per ottenere dieci milioni dalla Pat ndr) e della relativa approvazione da parte delle banche creditrici”. Insomma: anche i sindaci dicono che da sola LaVis non sta in piedi, solo con i soldi della Pat tirerebbe avanti un altro po’.
A simili conclusioni giunge anche la Società Trevor. Ricordiamolo, si tratta di una revisione “volontaria”, pagata cioè dalla Cantina per avere un parere favorevole da contrapporre alla Revisione ufficiale, ritenuta ostile (poi, nelle giaculatorie di Zanoni/Paolazzi, i termini vengono allegramente invertiti: la revisione cooperativa è “non indipendente”, mentre i revisori di parte, pagati da loro, sono quelli veri). Bene, anche la Trevor, sia pur con frasi edulcorate, sospende il giudizio, aspettando l’esito dell’attestazione del Piano di risanamento. Chiaramente in questi equilibrismi siamo un po’ nella commedia degli equivoci: non si vuole scontentare il cliente, evitando però di mettere per iscritto qualcosa di compromettente.
Trevor e sindaci, evidentemente, vedono che manca il bilancio consolidato, ma in proposito non fiatano. Bravi! Non osano però dire che tutto va bene, e allora subordinano l’ok al bilancio al 30 giugno a un piano di risanamento che, bene che vada, sarà presentato nella prossima primavera. Ma un bilancio fotografa una certa situazione, riguarda il passato, un piano di risanamento invece riguarda il futuro. Che collegamento c’è tra i due?
A dire il vero, un collegamento ci può essere, debole e negativo. Ed è quanto in effetti scrivono i sindaci: se non ci sarà il risanamento (i 10 milioni della Pat) il bilancio del 30 giugno 2014 non può essere “di continuità”. Deve cioè essere di liquidazione.
La fuga delle banche
E qui casca l’asino. E si spiega la reazione delle banche. Le quali, letto il bilancio “provvisorio”, constatata l’assenza del consolidato, lette le revisioni, hanno detto: basta. Se vi diamo ancora soldi, semplicemente li buttiamo.
Perché anche sulle banche ZanoniPaolazzi hanno alzato un polverone, richiedendo agli istituti di credito uno stand still. Noi diffidiamo degli inglesismi profusi a iosa, soprattutto nel mondo del credito: stand still vuol dire “stai fermo”. Ora, se stare fermi significa chiedere alle banche, per alcuni mesi, di non pretendere il rientro dalle rate dei mutui, ci può anche stare: LaVis aspetta soldi da Rossi che, non essendo suoi, ha voglia di darglieli, e poi il mercato, e il terreno di Casa Girelli, ecc. Il fatto è che Zanoni/Paolazzi per stand still intendono un’altra cosa, e lo dicono anche: “garantire l’operatività”. Cioè pagare, dare altri soldi ai dipendenti, ai soci, ai fornitori, e poi i 6 milioni di prestito bullet che scadono il 31 dicembre, ecc.
E le banche, che fanno? Dicono no. No grazie, abbiamo già dato. Sbagliano?
Il fatto è che la Cantina, tecnicamente fallita, è tenuta artificialmente in piedi dalla speranza di un intervento della Provincia. Speranza che ha fondamenta nella realtà degli scorsi anni, quelli della sponda fornita da Dellai. Grande e solida, e pure stolida (più si va avanti, più vengono al pettine i nodi del governo clientelare dell’ex principe, ma questo è un altro discorso). I
l successore Ugo Rossi, che una cultura politica propria non l’ha, e anzi come consiglieri si è preso consunti arnesi del doroteismo pre-dellaiano (Mauro Marcantoni e addirittura il vetusto senatore Giorgio Postal), ritiene, dal momento che vive a Lavis, di farsi tra i soci della Cantina una sua base elettorale. Ed ecco quindi tra i contadini lavisani (o meglio, una parte di essi) rinvigorirsi la convinzione che la politica può molto più della buona gestione.
Però anche l’arroganza, che assieme alla propensione alla clientela Rossi ha ereditato da Dellai, ha dei limiti. E oggi, con la spesa pubblica tagliata da tutte le parti, buttare dalla finestra decine di milioni non è così semplice.
Ed ecco quindi che le due ipotesi di graziosa sovvenzione trovano imprevisti ostacoli. Il primo progetto era quello di acquistare da LaVis il terreno di Casa Girelli, per farci uno studentato universitario. Ma i conti sono stati impietosi: tra costruzione e gestione, lo studentato costerebbe 50 milioni. E da una parte nessuno ne sente il bisogno, dall’altra a LaVis verrebbero, netti, 5-6 milioni (9,5 dal terreno, secondo le stime provinciali, da cui andrebbero detratte le spese di spostamento di Casa Girelli). E anche per Rossi, di questi tempi, spendere 50 milioni per darne 5 ai suoi clienti, è un po’ eccessivo. E così non se ne fa niente.
L’altra ipotesi sono i dieci milioni in seguito al “piano di risanamento”. Qui si è messo di mezzo il PD. Che in un momento di lucidità ha preteso che l’elargizione non fosse un munifico atto del Presidente, così generoso con i soldi di tutti, ma fosse condizionata a un piano fornito di attestazione secondo l’art. 67 della legge fallimentare. Insomma uno studio professionale, valutata la situazione economica e finanziaria della Cantina, deve assicurare - sotto responsabilità penale - che l’azienda con i 10 milioni esce dalla crisi, e che non sono stati soldi buttati.
Sembrava facile. Un professionista lo paghi e lui firma. Ma sono passati sei mesi, e ancora non lo si è trovato. Si è anzi dato il via a un balletto. Zanoni e Paolazzi non presentano il bilancio consolidato ma solo uno “provvisorio” in attesa del “piano di risanamento” e dei relativi soldi; il consulente non riesce ad attestare il piano di risanamento perché non ha in mano un bilancio vero; i revisori dicono che senza l’uno e l’altro la Cantina non può andare avanti.
La risposta di Schelfi.
La realtà è proprio questa: LaVis non può andare avanti. In sostanza è fallito lo strampalato tentativo del “terzo polo” del vino trentino. Già sono troppi, in una realtà piccola come la nostra, due poli (Cavit e Mezzacorona), che vendono soprattutto all’estero; il terzo polo è una sciocchezza, possibile solo nell’era delle megalomanie dellaiane. A questo vizio di fondo (evidenziato dal Piano Pedron sulla vitienologia trentina di 4 anni fa) si sono sovrapposte le ulteriori megalomanie, e l’evidente malagestio della triade Giacomoni-Peratoner-Andermarcher (che in questi giorni si sono visti riconfermata in appello la condanna ad otto mesi di reclusione), cui è seguita, in sostanziale continuità, la gestione di Zanoni.
LaVis, insomma, non ha senso, è stata gestita malissimo, in disprezzo dell’economia e anche della legge, e una volta in difficoltà ha scaricato tutt’intorno problemi e debiti: finora ne hanno fatto le spese i frutticoltori della 5 Comuni, la Cantina sociale d’Isera, e gli istituti di credito, soprattutto quelli cooperativi, che meno si sono tutelati con ipoteche e altre garanzie.
Comprensibile, a questo punto, che la Federazione delle Cooperative abbia iniziato ad allestire un piano per limitare i danni. Un piano che prevede la riduzione di LaVis a Cantina sociale che conferisce i prodotti a Cavit, incaricata di gestirne la commercializzazione sul mercato globale; e parimenti l’assorbimento di Cesarini Sforza e di Casa Girelli. Tutti contenti?
Un bel niente. Il primo no viene dall’interno di Cavit. Dove si teme di vedersi scaricati addosso i debiti e i buchi di bilancio di LaVis. Cavit è un consorzio di varie Cantine sociali, presso le quali, e ancor più presso i relativi soci, è sottozero la popolarità di LaVis, ormai famosa nel mondo vitivinicolo per le proprie disinvolture, peraltro iniziate fin dal momento del distacco da Cavit, cui aveva sottratto, con un brutto gioco al ribasso, il principale distributore. Insomma, i milioni di debiti di LaVis (78 quelli ufficiali l’anno scorso, quest’anno non si sa), non c’è nessun contadino trentino che voglia accollarseli.
Ma il no più vigoroso viene dall’interno della stessa LaVis. A iniziare da Zanoni, che da un assorbimento in Cavit si vedrebbe tagliato del tutto fuori, lui, il suo maxi stipendio (oltre 300.000 euro probabilmente, non si sa di sicuro, gli ingenui soci della LaVis si lasciano tenere tranquillamente all’oscuro), la corte dei miracoli di esperti e consulenti che si è tirato appresso; e anche da Paolazzi, che tornerebbe all’oscuro lavoro da cui Zanoni lo aveva tratto per avere un presidente travicello. Ed ecco quindi che da Zanoni, che non ha niente da perdere, arriva la controffensiva: LaVis va benissimo, è tutto un complotto di Schelfi e di Cavit, che attraverso la faziosità della Revisione cooperativa e l’azione di strozzinaggio delle Casse Rurali vogliono papparsi la Cantina. Non conosciamo bene la parte di QT in tale commedia: vederci complici di supposti complotti di Diego Schelfi sarebbe una divertente novità!
Queste farneticazioni hanno trovato sponda nel Trentino, dove non solo Zanoni ha sparso in un’intervista di una pagina queste bubbole, ma le ha fatte proprie, in un puntuto corsivo di commento, il responsabile del comparto economia Roberto Colletti, in genere invece aduso ai toni curiali.
E così Zanoni e Paolazzi sono scesi in guerra. Fino a ventilare una marcia su Trento dei contadini lavisani con relativi trattori. La cosa è abortita tra le risate generali (vedi le reazioni sul nostro blog); ma è comunque indicativa della situazione.
Il Trentino può essere ostaggio di due disperati che si giocano il tutto per tutto?