LaVis, la lieta novella
“Una buona notizia” titola giulivo il “Discorso del Presidente n° 6”. Il Presidente che si esprime a discorsi numerati non è quello della Corea del Nord e nemmeno di Cuba, bensì della Cantina LaVis, il buon Matteo Paolazzi catapultato da semplice dipendente allo scranno presidenziale dall’uomo forte, fortissimo, l’Amministratore Delegato Marco Zanoni, che ama circondarsi di uomini di paglia. E la “buona notizia”? Già nel titolo (dell’ineffabile Discorso n° 6) Paolazzi mette le mani avanti “una buona notizia (anche se qualcuno cerca di dipingerla diversamente)”. E in effetti la lieta novella consiste, secondo Paolazzi, nel patteggiamento con il Tribunale della cifra di 25.000 euro per non aver inserito nelle carte sociali la mitica fideiussione con cui la Cantina si strozzava da sola regalando un bel po’ di milioni a Isa, la rapace finanziaria del vescovo.
A dire il vero a commettere il fattaccio erano stati i precedenti amministratori (sui quali peraltro né Paolazzi né Zanoni hanno ancora pensato a rivalersi) però responsabile è la Cantina. Da qui è incomprensibile il gaudio di Paolazzi: non solo perché sono 25.000 euro che se ne vanno, ma perché con il patteggiamento si certifica che la Cantina ha presentato bilanci fasulli. Nel momento in cui, versando in difficoltà, vagheggia mitici leaseback dalla Provincia, il riconoscimento giudiziario di aver presentato conti taroccati - unito peraltro ai reiterati, pesantissimi rilievi dei revisori - è piombo alle speranze di avere i finanziamenti provinciali. Non a caso gli assessori hanno - in campagna elettorale - prontamente risposto: “La Pat farà la sua parte - aggiungendo - non appena i conti saranno a posto”.
Il fatto è che la navigazione zanoniana della LaVis in un mare di ambiguità, non porta a niente. Non ha denunciato gli amministratori precedenti, non si è rivalso su di loro, ha anzi accettato senza colpo ferire 6 milioni di misteriose perdite dalla strampalata società americana, con cui poi ha rinnovato i contratti, ha proseguito a pompare l’immagine di Cantina virtuosa dall’ottimo vino trentino Doc, buttandosi contemporaneamente sulla commercializzazione a prezzi stracciati di vino da battaglia proveniente da tutta Italia. Insomma, ha preso in mano un’azienda in difficoltà, ma si è ben guardato dal recuperare il patrimonio dilapidato; e nemmeno si è messo a ricostruirne l’immagine, né dal punto di vista della serietà contabile, né di quella industriale. Anzi.
Zanoni, e Paolazzi, e purtroppo diversi contadini hanno un’altra strategia: compiacere la politica, e sperare nei suoi favori. Ma in tempi di crisi, e con procedimenti giudiziari sfavorevoli, anche questa si rivela una chimera.
Non solo. La mancanza di rigore, di serietà che è piombo ai piedi anche nei rapporti con i privati. Come si sa, sono tre anni ormai che Zanoni presenta un “piano di dismissioni”, vendita cioè di assets (terreni, capannoni, aziende) ritenuti non fondamentali. Ha venduto solo alla Provincia, che generosamente ha comperato tutto quello che ha potuto. Poi il “piano di dismissioni” si è arenato. I privati, a iniziare dalla stessa Isa, non si fanno avanti, anche se, più che di dismissioni, ormai si parla di svendite. Perché?
Il motivo è presto detto: aleggia lo spettro delle revocatorie. Se un’azienda fallisce, tutti i beni che ha venduto nei due anni precedenti, non sono più del compratore, vengono “revocati”, entrano nel patrimonio del fallimento, e il compratore si accomoda nella schiera dei creditori. In buona sostanza rischia di aver speso soldi per rimanere senza niente in mano.
Qui sta il punto. Zanoni alla LaVis non è il Bondi della Parmalat. Il vuoto spinto della sua strategia industriale, poggiante solo sulla speranza di improbabili aiuti provinciali, spaventa i privati. Nessuno è disposto a scommettere sulla LaVis. Le dismissioni restano nel libro dei sogni.
Non si conduce un’azienda sperando solo in Dellai. E meno che meno nei suoi eredi.