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Il caffè della discordia

Il periodo aprile-giugno è da sempre il più prolifico di attività culturali e ricreative, a Trento. I bar mettono fuori i loro tavolini e si organizzano le feste più importanti. Ed è stato proprio in questo periodo, con una nota del 28 maggio, che la Polizia Municipale ha notificato al Café de la Paix di passaggio Teatro Osele l’obbligo di chiusura delle attività alle 22.30 e non alle 24. Le motivazioni? Aumento della “percezione dell’insicurezza” ed “intralcio al traffico pedonale”, oltre che, ovviamente, il “vociare degli avventori”.

Il Café de la Paix

Non staremo qui a ragionare troppo sulle motivazioni, alcune delle quali fanno comunque arricciare la fronte. Quella del Café de la Paix è una vicenda che si inserisce in un quadro più ampio: quello, annoso, del rapporto tra il diritto alla quiete e quello alla vitalità sociale e culturale. Innumerevoli sono le situazioni simili che si sono verificate in passato: a cominciare dal Soultrain di qualche anno fa che, nonostante la distanza da zone abitate, fu condannato alla chiusura a causa del rumore delle voci dei suoi utenti che rientravano in città. Più recentemente, ha fatto discutere lo scorso anno l’ordinanza per cui in città si sarebbero potuti esibire gruppi musicali solo fino ad un massimo di quattro membri (ne abbiamo accennato anche noi). Tanti sono poi i bar che hanno dovuto ridurre l’orario di apertura e, in alcuni casi, chiudere a causa di questa riduzione.

Il conflitto tra chi vuole riposare e chi vivere la notte (o, perlomeno, la sera) è vecchio, inevitabile e decisamente non preoccupante.

A far riflettere è invece la reazione dell’autorità pubblica, sempre uguale negli anni, che tende, in maniera quasi automatica, a far prevalere sempre e comunque il diritto alla quiete, offrendo, potenzialmente, la possibilità ad una minoranza di impedire lo sviluppo di attività sociali e culturali in centro storico. A questo fa pensare l’ordinanza di chiusura anticipata del Café de la Paix.

La situazione, comunque, non è ingessata. A prescindere dal destino del Café de la Paix (difeso immediatamente da una raccolta firme recuperabile online), negli anni Trento ha mostrato un’evoluzione verso una maggiore vitalità, conseguenza quasi inevitabile di due fattori: il benessere e l’Università.

Le stesse autorità pubbliche si sono fatte promotrici di eventi come la “Notte Bianca” o altre iniziative che potrete trovare in fondo al numero, nel nostro “Monitor” estivo. C’è poi un grande impulso dato da associazioni cittadine, spesso di universitari ed ex universitari: ne sono esempi la qualità della festa di San Martino, in maggio, o l’invasione di artisti di strada dell’ultimo weekend, per il neonato “Buskers Festival”. Per non parlare delle molte iniziative interessanti in giro per il Trentino. Una vitalità che non eliminerà il conflitto, ma che può contribuire certamente a ridurlo: se la “movida” è di qualità culturale ed originale, alla lunga diventerà meno molesta per i residenti. E, inoltre, in una città vitale è più facile che la gente vada a dormire serena, badando meno ai piccoli rumori.