LaVis: Pacher e Olivi in campo?
Un’ulteriore revisione mette a nudo lo sgretolamento della cooperativa.La politica interviene, o forse fa finta.
Della Cantina LaVis è stata depositata, dai revisori della cooperazione guidati dal dott. Enrico Cozzio, la revisione biennale. Si tratta di un altro tipo di documento rispetto alla normale revisione, di cui abbiamo parlato negli scorsi numeri, e contro cui si era violentemente scagliato l’ad Marco Zanoni. Infatti la revisione annuale certifica i bilanci di una società, la loro correttezza, ed è quindi rivolta anche all’esterno della stessa, ai clienti, ai creditori, ai fornitori, alle banche. Quella biennale invece è un documento interno, quasi segreto: e della cooperativa analizza l’andamento complessivo, affinché gli amministratori possano prendere le opportune contromisure. Un documento non diplomatico, quindi, e molto riservato, in cui, all’interno della cooperazione, ci si dice in faccia come vanno le cose. Molto riservato, dicevamo. Ma non al punto da non essere trasmesso all’Ufficio Vigilanza cooperativa della Provincia. A dire il vero, tale ufficio ha brillato per la sua totale assenza, nella vicenda LaVis: la cantina perdeva milioni su milioni, che regalava a Isa o inoltrava in America, chiudeva i bilanci con risultati disastrosi e la Vigilanza provinciale non se ne accorgeva, dormiva sonni profondi e tranquilli. Questa volta invece (sarà perché a piazza Dante non c’è più Dellai, noto padrino della cantina?) la Vigilanza, vista la revisione di Cozzio, ha battuto un colpo. Sta di fatto che a piazza Dante si è tenuto, sulla LaVis, un vertice: con il presidente Pacher e l’assessore Olivi da una parte, il presidente della Federazione Cooperative Schelfi e il direttore Dallasega dall’altra. Già i nomi dei partecipanti la dicono lunga: si fa un vertice sulla LaVis senza la LaVis, cioè senza Zanoni. A indicare che lui è il problema, o parte del problema. E anche i presupposti sono subito una sassata in faccia a Zanoni. Infatti, mentre questi aveva durissimamente contestato i documenti di Cozzio fino a metterne in discussione l’onestà, etero diretto vuoi da Mezzacorona, vuoi da Cavit, e ventilato querele, come pure il ricorso a revisori esterni (tutte cose dirompenti per il sistema cooperativo), il vertice di piazza Dante parte invece dal presupposto della completa affidabilità e veridicità di tali revisioni, poste come punto di partenza di ogni discorso sulla LaVis. Pacher-Olivi da una parte e Schelfi- Dallasega dall’altra arrivano a prospettare diverse soluzioni, sostanzialmente riducibili a tre:
1) LaVis rifiuta la revisione di Cozzio, si affida a un (benevolo?) revisore terzo, cioè esce (per legge) dalla Federazione delle Cooperative e quindi dal sistema trentino.
2) La cantina chiede il concordato preventivo, primo passo verso una chiusura pilotata;
3) La Vigilanza provinciale, allontana Zanoni e commissaria, anzi ri-commissaria LaVis.
Tutte tre queste soluzioni sembrano però difficilmente praticabili.
1) Infatti LaVis non può uscire dal sistema trentino: vorrebbe dire che i suoi creditori, le Casse Rurali, la tratterebbero come un cliente qualsiasi, chiedendo insostenibili rientri dei debiti accumulati. Zanoni si tranquillizzi, non sopporta “i numerini di Cozzio” come ha detto in assemblea, non sopporta cioè che gli si verifichino i bilanci, ma dovrà farsene una ragione.
2) Il concordato preventivo può chiederlo solo la cantina stessa. Conoscendo Zanoni, che si muove seguendo massime classiche (“dopo di me il diluvio”, “muoia Sansone con tutti i filistei”) il concordato la cantina non lo chiederà mai, a meno di rivolte del tremebondo Cda, oggi del tutto improbabili.
3) Il ri-commissariamento della La- Vis: significherebbe un allontanamento, anzi un calcio nel sedere a Zanoni. Cosa teoricamente possibile e probabilmente meritata, ma politicamente difficile: Zanoni infatti era stato chiamato come commissario dallo stesso Dellai, che per tenerlo a Lavis aveva financo modificatocooperativi; licenziarlo di brutto significherebbe dire che Dellai promuove e mantiene al potere degli incapaci: Pacher e Olivi hanno la forza e il coraggio per fare questo passo? Come si vede, una situazione molto, molto difficile. Abbiamo chiesto lumi allo stesso Olivi: “Ho le competenze sulla cooperazione da soli 15 giorni. - ci ha risposto - Devo ancora orizzontarmi in queste situazioni, l’incontro con la Federazione aveva proprio questa finalità. Altri 15 giorni e potrò rispondere con più precisione”. Vedremo. Intanto qualcuno (Zanoni?) ha fatto circolare la voce che la Provincia sarebbe pronta a concedere milioni alla Cantina in cambio di un lease-back sul compendio immobiliare dalla stessa occupato. Operazione politicamente molto difficile. Verrebbe subito da chiedere, e lo farebbero in troppi: perché LaVis sì, e tante altre realtà no, anche cooperative, che hanno i conti molto più in ordine? Vedremo che faranno Pacher e Olivi. Va loro riconosciuto il merito di non aver messo la testa sotto la sabbia, come aveva fatto il precedente assessore Panizza, di fronte agli eversivi attacchi di Zanoni ai controlli ai suoi bilanci. Merito minimale: si tratta del livello basilare di consapevolezza e rispetto delle istituzioni, ma nella vicenda LaVis, segnata da una devastante interferenza politica nell’economia, tutto è pesantemente anomalo quando non scandaloso. Ora però, stabilito il livello minimo di decenza istituzionale, si tratta di operare, attraverso scelte comunque dolorose. E la tentazione forte, per Pacher e Olivi, può essere quella di decidere di non decidere. Aspettare che arrivino le elezioni senza muover foglia, sperando che nel frattempo la crisi della Cantina non precipiti, poi la nuova Giunta vedrà.
Un’impresa sociale? Non più
Ma le dinamiche economiche e sociali non seguono i tempi della politica. In questi mesi infatti prosegue un’erosione della base sociale della cantina. Ci sono state dimissioni eccellenti (cioè di consiglieri di amministrazione) ma anche di molti soci. L’uva costantemente, da anni ormai, è pagata meno che nelle altre cantine (20 euro a quintale); le prospettive[ sono sempre più incerte; ma anche i modi sprezzanti, autoritari con cui l’amministratore delegato tratta e zittisce soci e consiglieri hanno convinto molti ad abbandonare la nave pericolante, che non sentono più come cosa propria. Questo comporta una riduzione della forza economica della cantina, una maggiori difficoltà a coprire i costi fissi. Ma ha anche altre conseguenze, che Zanoni (quando sbeffeggia un contadino dubbioso) evidentemente non considera. Per avere la mutualità prevalente, una cooperativa agricola deve avere un giro d’affari costituito almeno al 50,1% dal prodotto conferito dai soci. In altre parole, se una cantina lavora prevalentemente con il vino acquistato altrove e non con quello dei soci, non è una coop a tutto tondo. E perde le consistenti agevolazioni tipiche del mondo agricolo. La LaVis, a forza di supplire al vino di Pressano e Cembra con quello acquistato in giro per l’Italia, si trova in tale situazione: questo è il messaggio più dirompente della revisione biennale. La LaVis zanoniana, non solo ha perso le recensioni positive delle riviste enologiche, sta per perdere le importantissime, decisive agevolazioni dell’agricolo. Marco Zanoni, che non è un cooperatore, ha messo in piedi un meccanismo che per una coop è autodistruttivo. Perde soci, deve mantenere alto il fatturato per coprire gli elevati costi fissi (a iniziare dalla pletora di consulenti che ha imbarcato), quindi compensa con l’acquisto di vino altrui, ma così facendo perde le agevolazioni. Il fatto è che una cooperativa è - guarda un po’ - un’impresa sociale. Non la si può gestire imboscando i milioni come ha fatto la precedente triade, o trattando con spocchia arrogante i soci che chiedono spiegazioni come fa Zanoni. Non si può perché, anche se formata da contadini fin troppo fiduciosi e spesso anche pavidi, alla fine, dopo anni di vacche magre e pesci in faccia, la compagine sociale si sfarina. E la cooperativa diventa come un’impresa privata, però gravata da troppi costi, personale in eccesso, debiti insostenibili, e gestione priva di una strategia (comprare e rivendere vinaccio?) e con dubbia managerialità. A Pacher e Olivi: aspettiamo novembre?
Padrini politici e pessima amministrazione: anche Pacher copre la Triade
Il 23 maggio si terrà al Tribunale di Trento l’udienza per la richiesta di rinvio a giudizio della famosa triade, i passati amministratori Peratoner, Giacomoni e Andermarcher, che hanno affossato la LaVis. La Provincia viene individuata dal Tribunale come “persona offesa”, in quanto l’azione dei tre ne ha ostacolato l’azione di vigilanza e controllo. Dunque, dovrebbe costituirsi parte civile nel processo, sollecita in un’interrogazione il consigliere Luca Zeni. Niente affatto - risponde il presidente Alberto Pacher, succeduto al padrino della LaVis Dellai, e delle cui ingombranti eredità continua a farsi carico: noi avevamo già disposto il commissariamento della Cantina. E con questo Pacher si ritiene tranquillo: la Pat ha fatto il suo dovere, sostiene, lavandosene le mani. Riportiamo la replica di Zeni, che condividiamo completamente: “In casi come questo, quando qualcosa non funziona, è responsabilità della politica cercare di accertare le responsabilità, non tanto a fini punitivi evidentemente, ma a fini di giustizia, di tutela del bene pubblico, di tutela dei soci e del sistema e soprattutto per capire cosa non è andato e come si può intervenire per migliorare. Per cui la scelta di costituirsi parte civile o meno è una scelta che è anche un atto politico di manifestazione della volontà della Provincia di essere parte attiva nel processo e quindi cercare di intervenire per favorire l’accertamento della verità o viceversa, non costituendosi, scegliere di favorire la linea della difesa.” Appunto: Pacher, come a suo tempo il padrino Dellai e il commissario Zanoni, copre ancora la triade.