LaVis: il contagio
I revisori giudicano inattendibile il (disastroso) bilancio della LaVis e Zanoni, sostenuto dalla politica, se la prende coi controllori. Così il vulnus contagia le istituzioni.
“Non sopporto chi mi fa i conticini sul patrimonio”. Questa frase, rivolta con arroganza al revisore delle cooperative Enrico Cozzio, è di Marco Zanoni. In pubblico, nell’assemblea che doveva approvarne il bilancio, così l’amministratore delegato della LaVis liquidava i pesantissimi rilievi della revisione. Una frase folle. Come se i conti in un’impresa fossero un optional e la veridicità dei bilanci una sciocchezza. Una totale assenza di principi economici, giuridici, legalitari, gravissima, perché non si tratta di un pizzicagnolo, ma dell’Ad di una grande cooperativa, nominato da Dellai in persona, supportato dalla politica e dalla Federazione. Ora più che mai l’involuzione, ormai terminale, della Cantina LaVis, si ripercuote ai piani alti del potere provinciale.
Ma cosa dicono i bilanci della LaVis, cosa dicono i “conticini” dei revisori?
Anzitutto un dato, che l’opera di disinformazione zanoniana, peraltro supportata dalla pessima stampa economica locale (ne accenniamo nel box), è riuscita a nascondere: il bilancio 2011-12 è disastroso, si chiude, dopo due anni di commissariamento, proclami di rilancio e sacrifici dei contadini, con una perdita pesantissima, 7 milioni e 400.000 euro.
La grancassa di Zanoni punta l’attenzione sui risultati di Casa Girelli, la controllata della LaVis specializzata nell’importare da tutta Italia vino a basso costo e rivenderlo a prezzi stracciati nei supermercati e hard discount. Una “scelta problematica” ci diceva nel numero scorso di QT il preside di Economia Geremia Gios, perché da una parte si trova a confrontarsi con la concorrenza globale, dall’altra distrugge l’immagine del vino trentino (quello dei soci). “Beh, chi se ne frega, basta che arrivino soldi” è la risposta dei sostenitori di Zanoni, che infatti sventola due milioni di utile di Casa Girelli. Ma è un utile apparente che deriva dalla vendita di un magazzino a Novaledo; sottraendo il relativo importo (3.416.269 di plusvalenza, da depurare delle relative tasse, 187.895) l’utile svanisce, anzi si trasforma in una perdita consistente, oltre un milione. Il nuovo corso zanoniano, la vendita dell’anima al diavolo, ossia la distruzione dell’immagine della LaVis come cantina di qualità (vedere i blog di enologia per rendersene conto) non ha prodotto, in cambio, utili, ma nuovi buchi. Insomma Zanoni ha venduto l’anima, e in più ha anche pagato il diavolo.
Questo dicono le cifre del bilancio. Veniamo ora ai rilievi di Cozzio, incentrati sui rapporti tra la Cantina e le sue partecipate (Ethica, Casa Girelli, ecc) e sui bilanci delle stesse. Per due ragioni: primo, chi vuol visionare un bilancio con rigore, deve indagare sui rapporti con le società controllate, perché è in questi meandri, nei complessi incastri tra scatole cinesi, che l’eventuale amministratore birichino nasconde le magagne; secondo, nel caso della LaVis, il disastro è iniziato, o comunque è esploso in seguito agli acquisti megalomani e a prezzi fuori mercato di Casa Girelli e collegate.
Dunque i revisori rilevano come Lavis abbia rinunciato a crediti nei confronti di Ethica (la spa, interamente posseduta da LaVis, che ha in pancia tutte le controllate) per 7.500.000 “completamente svalutati”; solo che tale cifra non viene iscritta come costo (è intuitivo: rinuncio a un credito, perdo soldi) bensì come “incremento del valore della partecipazione”. Il che ha due effetti. Primo, la rinuncia dei crediti deve essere un atto molto limpido: crediti nei confronti di chi? Di quale delle partecipate? Per quanto ciascuna? Per quali motivi? Nella nota integrativa nulla si dice: 7.5 milioni vengono a mancare senza giustificazioni; ma questo, in base al codice civile, non si può fare, è una cosa gravissima, tutta l’attendibilità del bilancio va a qual paese. Secondo effetto: lo scherzo di considerare la perdita (tale è la rinuncia a crediti) di 7,5 milioni un “incremento di valore” della partecipazione in Ethica, porta a una valutazione non veritiera dell’effettiva situazione della cooperativa, al punto che - concludono i revisori - “non siamo in grado di esprimere un giudizio sul bilancio”.
Il buco nero americano
L’inattendibilità del bilancio è comprovata da come (non) si rendiconta sulla società americana Fine Wine International. Questo punto (per carità di patria?) sembra sfuggire ai revisori. Lo affrontiamo noi. FWI è il più nero tra i buchi neri di Lavis, il luogo dove spariscono nel nulla milioni di euro. È una società americana di proprietà della Cantina, nel cui cda sedeva il passato dominus della Lavis, Peratoner, che inviava in America - a se stesso - milioni di bottiglie, ma al Peratoner della Lavis non pagava niente, e la Cantina accumulava milioni di crediti. Arrivato Zanoni nelle vesti di Commissario, che faceva? Metteva il Peratoner americano con le spalle al muro? Gli intimava di pagare alla Cantina? No: dichiarava i crediti “inesigibili” (quanto spesso ricorre questa parola!) per sette milioni, cioè li lasciava al Peratoner americano. Dopo di che riprendeva a inviare bottiglie in America magnificando “lo sviluppo del mercato americano”. E a chi invia queste bottiglie? Sempre alla FWI!! Incredibile. A questo punto i bilanci cosa dicono? Ecco l’inghippo: il bilancio della FWI non c’è. Non c’era negli scorsi anni, non c’è quest’anno. Contro una disposizione del Codice Civile (articolo 2427 punto 5): di FWI si dice solo in termini assolutamente vaghi che “la situazione contabile presenta un deficit patrimoniale”; di quanto, da quanti anni, quale sia il patrimonio, non si fa cenno, sono “i conticini” che infastidiscono Zanoni. Ma si può, impunemente, presentare un tale bilancio che si beffa del buon senso e della legge?
Quei 23 milioni inesistenti
Torniamo al documento dei revisori. Che si addentra nei bilanci delle controllate, Casa Girelli, Poggio Morino, Basilica Cafaggio, Cesarini Sforza. Acquistate negli anni della megalomania di Peratoner e che ora non solo arrancano, ma sono iscritte in bilancio per valori non realistici. Perché i prezzi pagati a suo tempo, già allora molto alti, sono oggi fuori dalla realtà, perché c’è di mezzo la crisi, perché quelle imprese non si sono sviluppate secondo le aspettative, perché vi sono stati fatti investimenti improduttivi. Per esempio Casa Girelli fu acquistata, nel noto affare in cui ci guadagnò solo Isa, a un prezzo doppio di quanto essa era iscritta nei suoi stessi libri. Forse Peratoner pensava di lanciarla lucrandoci sopra oltre il costo spropositato, ma ciò non è accaduto, né con lui né con Zanoni, anzi CaGi è in perdita e i suoi asset, dai macchinari ai capannoni, hanno perso di valore. Per questo Cozzio chiede a LaVis giustificazioni per tali valori che appaiono gonfiati. Non ne riceve se non in minima parte, e quindi aggiorna la valutazione del patrimonio a dati più realistici. Così il valore di Casa Girelli perde oltre 10 milioni, Poggio Morino 1,5, Cesarini Sforza 4,4, Basilica Cafaggio 8,8. In totale sono 23 milioni, che secondo il revisore semplicemente non esistono.
Non basta. L’immediato futuro è ancor più oscuro. Uno dei passaggi del commissariamento Zanoni è stato lo scorporo dalla LaVis dei frutticoltori che avevano pensato bene di abbandonare la nave in difficoltà. Lo scorporo ha portato a una riduzione del patrimonio - scrive Cozzio - di 8.5 milioni. Zanoni ha fatto decorrere gli effetti dello scorporo, cioè la perdita di patrimonio, dal 1° luglio 2012, un giorno dopo la chiusura del bilancio, che è invece il 30 giugno. Un simpatico espediente dalla dubbia correttezza (un bilancio deve dar conto dei fatti significativi avvenuti dopo la sua chiusura ma prima della sua approvazione), che evita di aggravare ulteriormente i conti. Ma è solo un’altra operazione di facciata.
È per questo insieme di motivi che i revisori arrivano a due conclusioni: 1) “Non siamo in grado di esprimere un giudizio sul bilancio”, che quindi è inattendibile; 2) “Gli amministratori illustrano... le azioni intraprese nel Piano di Rilancio del gruppo nonché quelle finalizzate al superamento delle tensioni finanziarie”, però questi sono buoni propositi, noi riteniamo che sussistano “molteplici incertezze significative in merito al mantenimento del presupposto della continuità aziendale”. Che vuol dire? La “continuità aziendale”, nel lessico dei contabili, è la sopravvivenza dell’azienda; metterla fortemente in dubbio significa dire: “Siete a un passo dal fallimento”.
Reazione berlusconiana
Fin qui la vicenda, pur grave, riguarda sostanzialmente i soci e dipendenti della Cantina, 1500 persone. Il prosieguo però è ancor più grave, e coinvolge a diversi livelli l’insieme del movimento cooperativo e più in generale la comunità trentina.
La reazione della LaVis e di Zanoni alla revisione è infatti preoccupante. È stata fatta circolare tra i contadini lavisani (vedi in merito diversi interventi nel nostro seguitissimo articolo) la seguente interpretazione: Cozzio è manovrato da Mezzacorona, la revisione è frutto delle mire espansionistiche della cantina limitrofa, che vuol far fallire LaVis e incamerarne i soci. Il clima si surriscalda, in una preassemblea, dopo un intervento critico dell’ex presidente Vittorio Brugnara, Zanoni sbotta: “Non capisco cosa ci stiano ancora a fare nella coop questi che votano sempre contro”; in assemblea l’intervento di un altro socio critico, Nicola Salvati, viene rumorosamente contestato; Enrico Cozzio prende la parola e spiega il senso della sua revisione, ma subito dopo interviene Zanoni che si scatena: non sopporta chi fa i conticini e i revisori dovrebbero occuparsi delle altre Cantine. Infine la perla: “Non svaluterò mai le partecipazioni, perché farei il danno dei soci”. Che è apologia del falso in bilancio: è la legge che obbliga a redigere i bilanci secondo i dovuti criteri.
Non basta. Ottenuta dall’assemblea l’approvazione del suo discutibile bilancio, Zanoni passa al contrattacco con una lettera alla Pat, all’Ufficio vigilanza sulle cooperative, agli assessori Mellarini e Panizza, a Dellai. In perfetto stile berlusconiano, un attacco a testa bassa contro i principi di legalità e chi è preposto a salvaguardarli. Inizia infatti tentando di delegittimare Enrico Cozzio, inventandosi un conflitto di interessi in quanto testimone nel procedimento contro Peratoner e soci. Poi contesta che la relazione di Cozzio riguardi “solo in minima parte la Cooperativa LaVis, concentrandosi su aspetti relativi a Società partecipate” (e bravo! Volevi che si lasciassero perdere le scatole cinesi, vero?), “i cui bilanci sono stati regolarmente approvati... comprese le relazioni dei relativi collegi sindacali” (buona anche questa: abbiamo già visto come questi collegi sindacali siano composti in tutto il Trentino sempre dalle stesse persone, che mai trovano alcunché da ridire, vedi il capitolo “La casta degli impuniti” nell’articolo “LaVis: chi l’ha affossata e perché” in QT del maggio 2012). Intervistato sulle compiacenti pagine economiche del Trentino, aggiunge un’altra lamentela: “Non c’è una parola sul conto economico che si presenta con tutti i dati in positivo” (il che è, come abbiamo visto, una frottola).
Bene, di fronte all’impudenza di questo arrogante che attacca chi disvela l’inattendibilità dei suoi bilanci comunque disastrosi, come reagiscono le altre istituzioni? Malissimo. Risponde per tutti l’assessore all’Agricoltura Tiziano Mellarini: “Non possiamo accettare che si continui a gettare fango su una base sociale fedele alla sua cooperativa (che c’entra?), su un brand che sta tornando perfettamente credibile (assessore, sveglia! Ha mai dato un’occhiata ai blog vitienologici?) e su degli amministratori che, proseguendo nell’ottimo lavoro di risanamento avviato dai commissari Zanoni e Campostrini (ma assessore, i numeri contano qualcosa?) hanno presentato dei piani già in fase di attuazione...” Buonanotte.
Questa è la politica trentina. Il grande capo (Dellai) ha adottato la LaVis, si è scelto Zanoni, i suoi scudieri vanno avanti con il pilota automatico, lo si sostiene comunque, a prescindere dalla realtà. Il merito non conta niente, conta la fedeltà, questo è noto. Ora, con la sciagurata uscita di Mellarini (che probabilmente non se ne rende neanche conto) non conta neanche la legalità. È il significato delle istituzioni che questa vicenda mette in discussione. Che senso hanno le revisioni e il codice civile, se chi è ammanicato può prescinderne? Zanoni se ne frega, ma Mellarini arriva a capire la gravità di una tale deriva?
È questa politica che spiega certe assemblee di contadini. Che prescindono dalla durezza delle cifre, dai dati della realtà economica, e sostengono comunque il plenipotenziario, colui che gode dell’investitura e della protezione di piazza Dante. Anche se poi, prima o dopo, soprattutto negli attuali tempi di vacche non più grasse, la realtà torna a bussare crudamente alla porta.
Diego Schelfi? Si defila
La questione investe poi anche il movimento cooperativo. Non tanto perché c’è una cooperativa in difficoltà: LaVis non è la prima, non sarà l’ultima. Ma perché questa coop reagisce delegittimando tutto il sistema. Sia attraverso le accuse alla Revisione di essere prona agli interessi delle coop concorrenti, sia nel rifiuto della revisione sgradita. Ora, se passa il concetto che della revisione contraria ci se ne può impippare, non si delegittima tutto il sistema?
Attenzione, il movimento cooperativo è tale, è un sistema, proprio per ovviare alle gracilità delle singole assemblee. Perché può capitare che un’assemblea di contadini non sappia vagliare i conti. E che magari si faccia subornare dal demagogo di turno, che solletica lo spirito campanilistico e vanta appoggi altolocati. Per questo c’è il sistema, ci sono le regole, le revisioni più stringenti che non nelle altre società: per consentire a tutti di essere attori nel mondo economico, ma con un minimo di protezione. E allora, di fronte a questa cooperativa allo sbando, con un Ad che si mette ogni regola sotto i piedi, che delegittima il sistema e i controlli, la Federazione cosa fa?
Il quattro volte presidente Schelfi, intervistato dal Trentino, allarga le braccia: “La relazione di Cozzio non boccia il bilancio, è solo una sospensiva”. Della serie: io non c’entro.
I nostri lettori sanno che invece Schelfi c’entra: in quanto da una vita sodale di Dellai, in quanto apertamente sostenuto da Zanoni alle ultime elezioni cooperative, in quanto pezzo grosso dell’Isa quando questa stipulava con LaVis lo sciagurato patto leonino per l’acquisto di Casa Girelli. Ed ora il presidentissimo se ne lava le mani di fronte a questo devastante attacco ai principi e alle istituzioni cooperative.
I conflitti d’interessi di Schelfi si stanno rivelando, come previsto, disastrosi. Ma è tutto il Trentino che, su questa vicenda, deve reagire.
Ethica, la bomba a miccia corta
È la spa Ethica il punto critico del castello LaVis. È proprietaria di Casa Girelli, per la quale pagò complessivamente 30 milioni, decisamente troppi. CaGi ha subìto in questo esercizio una piccola svalutazione, ma ancora oggi ha un valore contabile che potrebbe essere anche il doppio di quello effettivo. Se consideriamo che Ethica ha un patrimonio netto di soli 1,6 milioni, è chiaro che non potrebbe reggere una svalutazione di CaGi così consistente, che comporterebbe o una ricapitalizzazione da parte della capogruppo LaVis, che non ha soldi, o il fallimento della spa che, essendo controllata al 100%, farebbe venir meno anche la responsabilità limitata della Cantina. Il cui patrimonio può quindi reggere alcune perdite, ma non il tracollo di Ethica, un vero e proprio candelotto sotto tutto il gruppo. È a questa dinamica che dovrebbero porre attenzione l’Ad, il cda, l’assemblea, invece di sbraitare contro i revisori, che hanno l’unico torto di avvertire dell’incombente pericolo.
Giornalisti con la schiena curva
I lettori conoscono la nostra scarsa considerazione per le pagine economiche dei quotidiani locali e per la grande maggioranza dei loro estensori, proni a tutti i potentati. Stavolta, nei servizi sul bilancio della LaVis, a vincere, e di gran lunga, la palma del più subalterno è il Trentino, grazie alla firma di Carlo Bridi, vecchio democristiano aduso al sottopotere. Nel servizio sull’assemblea “Cantina LaVis, un anno con il segno più” riesce non solo a scrivere dati tutti positivi, ma ad ignorare il verdetto dei revisori e il loro intervento in assemblea, e a sorvolare sulla minacciosa risposta di Zanoni. In mezza pagina le parole “revisione” o “Enrico Cozzio” semplicemente non compaiono. Il Trentino dell’indomani, se non altro perché i concorrenti della revisione avevano parlato e molto, pensa di metterci una pezza. Ma non parla della revisione, bensì delle reazioni alla revisione (“Amarezza, dispiacere ma anche rabbia sono i sentimenti che si registrano a Lavis”), e poi la lettera di Zanoni alla Pat, e le parole di fuoco con cui sempre Zanoni la commenta, la risposta di Mellarini ecc. Una totale, supina adesione alle veementi critiche alla revisione, senza che mai, della revisione, si illustrino i contenuti. Grande, grande giornalismo!