Un bel festival, ma non unico
The sound of Ocean" a Rovereto il 10 settembre, spettacolo taiwanese, grandioso, che parla dell’arte e religiosità orientali, dalla biennale di Venezia transiterà a Rovereto per poi approdare alla biennale di Lione. La cosa ci fa capire come Oriente-Occidente sia inserito a pieno titolo nel circuito delle manifestazioni internazionali.
Ma al contempo, a nostro avviso, denota un limite, indica il tetto del festival roveretano: questo sarà l’unico spettacolo non occidentale; Oriente-Occidente, nonostante il nome, oggi fatica a porsi come ponte tra la cultura orientale dello spettacolo e quella occidentale, riesce a portare a Rovereto i grandi spettacoli del circuito internazionale, ma non a svolgere un ruolo autonomo. "In questi venti anni abbiamo portato a Rovereto pressochè tutti i generi dello spettacolo orientale, e pensiamo ci siano state serate memorabili - ci rispondono i due direttori artistici, Paolo Manfrini e Franco Cis - E’ difficile mantenere quel livello, se non vogliamo essere ripetitivi..." Il che è vero. Ma il punto è proprio questo: esaurita la rassegna degli spettacoli più noti e anche più facilmente reperibili, una manifestazione che intende svolgere un ruolo internazionale dovrebbe autonomamente indagare su quanto, nell’immenso oriente, da Tokyo a Singapore a Bombay a Shangai a Jakarta, si muove nel campo della sperimentazione artistica. E sarebbe uno spazio unico in Europa, importante e utile.
Forse è il Trentino a essere carente di suo, di rapporti con l’Oriente. Rapporti che sono invece meno aleatori con l’Africa (e ancor meglio con il Sudamerica); e alcuni anni fa, proprio per l’indebolirsi del filone orientale, il festival aveva allargato il campo d’indagine al Sud del mondo, in particolare al continente nero. "Questo è un discorso che abbiamo ancora molto presente - ci rispondono Cis e Manfrini - Possiamo dire già da ora che l’anno prossimo sarà incentrato sugli spettacoli dall’Africa."
Intanto quest’anno il festival è rivolto all’Occidente. Il che non vuol dire che sia un’edizione minore, anzi. Lo sforzo maggiore è rivolto all’indagine sulla relazione danza-architettura, uomo-ambiente metropolitano: su questo tema sono allestiti importanti spettacoli (segnaliamo "Metapolis-Project 972", con le scenografie futuriste dell’architetta irachena Zaha Hadid e le coreografie del belga Frédéric Flamand) verrà tenuto un convegno e pubblicato un impegnativo catalogo.
La seconda sezione del festival propone invece un panorama sulle tendenze della coreografia francese, attualmente una delle più avanzate, in particolare del centro coreografico di Nantes. Infine il teatro-danza italiano con il ritorno a Rovereto della compagnia bolognese L’Impasto; e una rielaborazione in chiave contemporanea del tango argentino operata dalla già ospite del festival Catherine Berbessou.