Il “miracoloso” recupero
I motivi di una vittoria non scontata e di una sconfitta meritata
Le elezioni 2008 possono essere così sintetizzate: un altro capolavoro politico di Lorenzo Dellai, l’ennesimo harakiri del centro-destra. A nostro avviso questi due dati, strettamente politici, mettono in ombra e in parte ridimensionano un altro, più di fondo e sociale: il malessere delle periferie.
Nel nostro ragionamento partiamo da tempo addietro, sei mesi, un anno fa, per riandare a una situazione che ora si tende, sbagliando, a dimenticare. Allora il centro-sinistra versava in evidenti difficoltà. Le varie consultazioni nazionali avevano evidenziato una fortissima rimonta del centro-destra, ormai sicuramente maggioritario nelle valli; e alle politiche della primavera, anche Trento, la città dell’università e dei centri di ricerca, quella che aveva rieletto sindaco il "comunista" Pacher con percentuali bulgare, era stata espugnata, addirittura da un leghista, Sergio Divina. Tutti, nel centro-sinistra chiedevano un miracolo a San Lorenzo, che "trovasse lui qualcosa", un qualche espediente politicante per uscire dalla crisi. E Lorenzo Dellai si arrabattava, tra svolte etiche e "vivai", per trovare improbabili soluzioni, mentre in parallelo andava in scena un grottesco teatrino su Partito Democratico sì, o no, o forse, fa perdere voti, deve essere territoriale, non può esserci prima delle elezioni, forse nel 2010...
In realtà l’inconcludente dibattito sui contenitori rifletteva difficoltà di fondo sui contenuti: l’irrequietezza delle valli di fronte a un modello di sviluppo forse inadeguato ai nuovi tempi, il rigetto verso i metodi della magnadora.
Cosa ha ribaltato questa situazione così critica?
Innanzitutto, è indubbio, la giusta scelta dei contenitori. Le mappe che qui pubblichiamo, elaborate da Marco Brunazzo, docente di Scienze politiche presso Sociologia, ci mostrano la distribuzione dell’elettorato nei vari comuni. E’ evidente la complementarietà tra Pd e UpT (il nuovo partito di Dellai): il primo che si afferma nelle città e in alcune valli (Rendena, Folgaria, alcuni comuni di Non e Sole "dove si sono presentati candidati molto legati al territorio, con una dinamica di forte personalizzazione del voto" ci dice Brunazzo), il secondo che ha una presenza soprattutto valligiana a compensare (soprattutto in Fiemme, Primiero, Fassa con la Ual e anche in altri comuni) le défaillances del Pd. Sembra una divisione dei ruoli pianificata a tavolino.
Naturalmente non è il caso di mitizzare il pur noto acume di Dellai: in realtà hanno concorso anche altri fattori. Anzitutto lo stesso esplodere di Grisentopoli: la reazione di Dellai, tesa a circoscrivere il caso, depotenziarlo rimuovendo Grisenti e ricordando la trasformazione da Margherita a UpT, ha avuto successo. Gli elettori imbufaliti si sono espressi non votando i grisentiani nell’UpT (clamoroso il flop del consigliere Amistadi) o passando al Pd (che ha ottenuto percentuali significative in zone dove teoricamente era assente). Insomma, sono in gran parte rimasti nel centro-sinistra.
Anche perchè il disagio di fondo, sulle prospettive nell’era della globalizzazione, era stato rielaborato in seguito a un altro evento, l’avanzare della crisi mondiale. E in una situazione di grande incertezza diventava logico preferire il già noto Dellai e le sue politiche collaudate, rispetto al centro-destra, che era comunque un’incognita, per di più con le fattezze di Sergio Divina.
E qui si apre il discorso su questa destra che sembra voglia sempre perdere. I risultati territoriali del Pdl e della Lega, sono analoghi a quelli di Pd e UpT, con il Popolo della Libertà che – come il Pd – concentra i propri voti nel fondovalle, la Lega – come l’UpT – nelle periferie. Solo che se la distribuzione è analoga al centro-sinistra, i voti da distribuire sono globalmente inferiori. E’ l’insieme della proposta del centro-destra a non essere apparsa credibile.
Come mai? Secondo noi sono state proprio le caratteristiche del candidato presidente, Sergio Divina, a depotenziare una proposta peraltro fragile: la xenofobia non è una merce maggioritaria in Trentino, la cultura della solidarietà è ancora (speriamo per molto, moltissimo tempo) predominante. E al contempo anche una proposta economico-sociale, che si basa sull’individualismo esasperato, sulla ripulsa delle tasse e l’elogio dell’evasione, non risulta convincente in un Trentino in cui sono predominanti forme economiche legate ai contributi, alla cooperazione, a consorzi pubblici-privati variamente assistiti. "Il rifiuto delle tasse ha un senso in Veneto, dove le tasse finiscono a Roma e non tornano indietro; ha molto meno senso in Trentino, dove il gettito fiscale rimane qui, e viene investito in forme e cose tangibili" afferma Marco Brunazzo.
Se a questo aggiungiamo lo scarso radicamento del Pdl, l’ormai consolidata assenza di candidati di spicco (il primo degli eletti è risultato Pino Morandini, transfuga dall’Udc) abbiamo completato il quadro di una disfatta.
Ora il tema è un altro? Come il centro-sinistra gestirà questa vittoria?
"Se si addormenta sugli allori sbaglia di grosso" afferma Brunazzo.
Noi concordiamo, tutta la vicenda, per Dellai e alleati è uno scampato pericolo (conosciamo tanti elettori di centro-sinistra che hanno detto: "Ancora per questa volta mi turo il naso. Ma è proprio l’ultima"). Ora il tema è come il presidente riconfermato, e un Pd novello primo partito gestiranno questa vittoria. Di questo iniziamo ad occuparci nel servizio che segue.