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Rinnovamento a metà?

Centro-sinistra a Trento: PD e Unione per il Trentino costretti ad innovare. Ma è più facile a dirsi che a farsi.

In Trentino il centro-sinistra ha altri problemi rispetto al nazionale. Non ha un avversario come Berlusconi, carismatico, fortemente amato o fortemente odiato, bensì un insieme rissoso di personaggi che da lustri non riescono a mettersi d’accordo. Viene da un’esperienza di governo discussa, ma indubbiamente caratterizzata da una forte capacità di decidere. Ha cambiato solo ora il suo assetto, e quindi può sperare di vivere sulle attese del nuovo.

Perchè di novità il centro-sinistra trentino ha tanto bisogno. Soffre infatti dell’identificazione con i capataz di valle, quelli che gestiscono la maganadora e organizzano i pullmann di supporter alle assemblee di partito. La Margherita è il partito dei Grisenti e degli Amistadi, i Ds di Cogo e Andreolli, una nomenklatura che riesce ancora a rastrellare preferenze per sè, ma fa perdere voti al partito, di cui appanna l’immagine.

Di qui il duplice problema. Il Partito Democratico non deve neanche apparire una riedizione dei Ds (ossia uno strumento di Andreolli); l’Unione per il Trentino di Dellai non deve apparire la Margherita 2 (ossia il partito dei boss e della magnadora).

Questa duplice operazione è complicata. Anche perchè per parlare di rinnovamento bisognerebbe parlare di contenuti, cosa di cui non si vede l’ombra. Rimane quindi in primo piano il brutale discorso dei nomi e, a un altro livello, quello delle procedure democratiche, del rapporto con gli elettori.

Nel PD trentino si stanno intravedendo due dinamiche. Da una parte la perdita di peso della nomenklatura, con Cogo e Andreolli che, non facendo parte dell’assemblea eletta alle primarie e non avendo quindi alcun ruolo politico formale, ora contano in quanto assessori e per quello che hanno fatto in quel ruolo. Dall’altra parte il ruolo politico dovrebbe essere assunto da Pacher che però (sorpresa?) esita a prendere posizione e di fatto lo sta delegando a Dellai. Per il PD si riproporrà in tempi strettissimi il problema di definire un nuovo gruppo dirigente.

Nell’Unione di Dellai lo schema innovatore (via tutti tranne il capo) trova comprensibilissime resistenze. Il Comitato Provvisorio, fatto tutto di gente estranea ai giochi, che dovrebbe fondare il nuovo partito, come pervedibile stenta ad ingranare. E intanto le danze della politica (alleanze, incontri con gli altri partiti) le conducono Dellai e i vecchi leader della Margherita. E i rapporti con i territori sono sempre in mano ai soliti noti.

E’ presto per giudicare? Forse.

Ma noi pensiamo che un nuovo partito ha senso se ha nuove idee. E come l’antiberlusconismo (che noi peraltro saremo gli ultimi a demonizzare) può servire – forse - a far vincere un’elezione ma non a fondare il nuovo, così il fronte unito contro il barbaro Divina può essere – forse - elettoralmente fruttuoso, ma niente di più.

Noi il nuovo continuiamo ad aspettarlo.