Giorgio Viganò: legge migliorabile, ma non col referendum
Giorgio Viganò, alla sua prima legislatura in Consiglio provinciale con la Margherita, non è certo un cattolico integralista, ed è da sempre attento alle questioni sociali. Cosa pensa di questa legge e del referendum che vorrebbe abrogarla?
"Non sono entrato nel merito dell’articolato della legge, mi sono limitato a uno sguardo generale e l’impressione che ne ho ricavato è quello di una legge che sta un po’ stretta e che in alcuni passaggi potrebbe essere modificata. Ritengo però che ricorrere al referendum su un tema del genere non sia la via migliore: si corre il rischio di contrapporre una presunta visione ideologica e oscurantista ad un altro dogma speculare, quello della libera scienza. Questa legge potrebbe comunque anche essere cambiata ma attraverso un confronto molto approfondito, un consenso ampio, un dibattito parlamentare perché sono veramente questioni importanti. Si rischia di tornare indietro al referendum sull’aborto che ha diviso e lacerato: e poi se questa legge venisse abrogata che cosa ci resterebbe? Soltanto un pericoloso vuoto normativo".
Che approccio bisognerebbe avere su questi temi?
"Detto questo, più in generale, su tutti i temi della bioetica bisogna fare molta molta attenzione: ho letto alcuni articoli interessanti di medici, anche laici e non credenti, che avevano definito una barbarie l’autorizzazione della Gran Bretagna alla clonazione terapeutica di embrioni umani per ricavare cellule staminali. Se anche dallo stesso mondo della scienza arrivano pareri così contrastanti, occorre porsi con forza il problema del senso del limite. Quando l’uomo gioca a fare Dio, i danni sono irreversibili. E mi aspetto una maggiore attenzione da parte di quelle forze politiche che in campo ambientale, alimentare o economico fanno del senso del limite e del principio di precauzione una loro bandiera. Per esempio, anche nel campo degli organismi geneticamente modificati si deve cercare un maggiore senso del limite. Un libro interessante a questo riguardo è "L’inganno a tavola" dell’americano Jeffrey M. Smith, che racconta le bugie e le omissioni dei governi sulla sicurezza dei cibi geneticamente modificati. Mi chiedo perché questo principio non è più valido nel campo della bioetica".
Ma questo non significa fermare la ricerca?
"Non penso che questo significhi impedire che la scienza faccia il suo corso, possa sperimentare nuove soluzioni e continuare la ricerca; vuol dire che bisogna indagare a fondo quali sono i confini entro cui muoversi. Anche perché si potrebbero sperimentare, e già lo si è fatto, nuove vie della ricerca per raggiungere gli stessi risultati senza ricorrere a tecniche estreme. Per quanto riguarda la sterilità, che pure è un problema, prima di ricorrere alla fecondazione assistita ci sarebbero altri modi di cui nessuno parla: per esempio, i tanto bistrattati metodi naturali, che nell’immaginario collettivo sono inutili o servono solo al controllo delle nascite, possono ridurre anche del 30% i casi di sterilità. Un secondo aspetto su cui non c’è stata ancora una grande attenzione è l’informazione che hanno le coppie con problemi. Spesso si indica come unica via quella della fecondazione assistita quando ci sarebbero anche altre possibilità; alle volte ci sono dietro solamente risvolti scientifici o economici che superano gli aspetti strettamente medici o curativi, speculando sul legittimo desiderio di maternità. Sugli interessi economici bisogna essere molto vigilanti".