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Trento: assalto e difesa della collina

PRG e vivibilità: le belle parole dell'assessore Andreatta, le denunce delle circoscrizioni, il doppio gioco della Margherita "territoriale", l'insolita resistenza della sinistra.

"C’è chi vuol solo dire no alle istanze della gente" da una parte. "Noi teniamo conto non solo di 1.000 proprietari, ma anche di 105.000 altri cittadini" dall’altra. Fino a un conclusivo "I comunisti dovrebbero stare all’opposizione".

Questo pubblico scambio di battute tra esponenti della Margherita e dei Ds, decisamente sopra le righe, non rispecchia, ne conveniamo, il livello del dibattito dentro la maggioranza. Eppure è indicativo dei suoi termini generali.

Stiamo parlando della variante al Piano Regolatore del capoluogo: un tassello importante di tutta quella serie di decisioni che determinano lo sviluppo, l’aspetto, la vivibilità della città. Decisioni vitali, perché possono creare quartieri come la Bolghera da una parte; o come Trento nord dall’altra. E al contempo creano, per i proprietari delle aree rese edificabili, improvvise ricchezze. Da qui l’importanza e la delicatezza del passaggio. E l’attenzione delle forze politiche come della stampa.

Sostanzialmente il lavoro dell’assessore all’Urbanistica (Alessandro Andreatta, Margherita) e della Commissione urbanistica (presieduta da Agostino Bitteleri, Ds) parte da un principio generale: "Occorre contrastare ipotesi generalizzate di ulteriore espansione insediativa" soprattutto nella collina di Trento, bella e fragile, che "abbisogna di scelte coraggiose: ... escludendo decisamente ulteriori aree di espansione".

Queste le belle parole dell’assessore. Bisogna poi metterle in pratica. A tal fine ci si è orientati lungo tre direttrici: operare una revisione normativa per ridurre e migliorare l’edificazione; esaminare con grande scrupolo le domande dei privati che chiedono di edificare; effettuare una serie di operazioni perequative (spieghiamo poi il termine).

Su tutti i tre fronti si sono aperte le discussioni: dapprima pacate, poi sempre più concitate, man mano che interessi generali e particolari venivano a scontrarsi. Vediamo in breve.

Nuove norme. "E’ la vera rivoluzione – sostiene Bitteleri – che porterà a un cambiamento profondo della progettazione per favorire la vivibilità e la bio-architettura". In sostanza si parte dalla constatazione che la progettazione ha progressivamente ridotto i volumi di servizio (atri, vani scale, muri perimetrali, ecc.), diventati sempre più angusti. Introducendo nuove norme, sulle quali non ci dilunghiamo, si vuole incentivare da una parte un ritorno a una progettazione più ariosa, dall’altra l’introduzione della bio-architettura, che oggi sembra la nuova frontiera dell’edilizia.

Su questo si è registrata la contrarietà dell’Ordine degli Architetti, con la motivazione che i calcoli si fanno più complessi. Più di fondo invece l’obiezione di alcune circoscrizioni, che chiedono più coraggio, cioè indici di edificabilità più bassi, anche per le zone già dichiarate edificabili: "Il PRG in vigore prevede un 40% di ulteriore edificazione che non è stata ancora realizzata. Sarebbe un disastro, soprattutto per la collina: le villette diverrebbero condomini – afferma Vincenzo Calì della circoscrizione Argentario – Da qui la nostra richiesta di abbassare gli indici."

Il Comune ha messo il problema fra parentesi: ha stabilito nuovi indici, molto bassi (addirittura un quarto dei precedenti!) per la nuova edificazione. Per quella già concessa dal vecchio PRG, modificando la quale si andrebbe incontro a contestazioni e ricorsi, ha preferito scantonare: per intanto vuole portare a casa gli attuali provvedimenti, poi riaffronterà (si spera) il problema.

Domande dei privati. E’ il punto su cui si è levato più alto lo scontro, sia ideologico che clientelare. Si tratta delle domande di edificazione dei privati, in genere presentate dai singoli, e pubblicamente difese dagli sponsor politici, come "abitazione per il figlio".

Gli uffici tecnici del Comune non sembra si siano fatti impietosire più di tanto. Che sia per i figli o per il mercato immobiliare, un’area resa edificabile è un tot di miliardi che plana sul proprietario. E, da una parte l’edificabilità non è legata allo stato di famiglia, dall’altra la deturpazione del paesaggio, l’intasamento, il pericolo idrogeologico sono causati dalla costruzione, indipendentemente dal fatto che ad abitarvi vadano figli, inquilini, o nuovi proprietari.

Il fatto è che le nuove edificazioni sono ipotizzate in larga maggioranza in collina. E la bella collina di Trento, come sottolineano tutti gli studi degli urbanisti, è da considerarsi satura: costruirvi ancora vorrebbe dire imbruttirla, violentarne il già precario equilibrio idrogeologico, doverla dotare di nuovi servizi, nuovi accessi, in una perversa spirale negativa. E’ questa dinamica che le circoscrizioni (che sono il livello istituzionale più prossimo ai cittadini) fortemente contrastano: "Vogliamo mantenere l’attrattività della collina, che è un patrimonio per tutta la città – afferma Calì – Anzi, vogliamo valorizzarla: con il progetto di un ecomuseo dell’Argentario, un percorso delle ville rinascimentali, delle cantine e locali tipici. Ma tutto questo presuppone il mantenimento del verde e dell’agricoltura, non un’avanzata della città e del cemento".

Gli uffici comunali hanno vagliato le domande attraverso criteri molto stretti: nuovi edifici solo contigui o inclusi nell’edificato esistente, e che non abbisognino di nuovi accessi, nuove reti, non inducano ulteriori servizi. E in ogni caso vengono concessi indici di edificabilità molto bassi, che permettano uno-due appartamenti, non la palazzina.

Questi criteri hanno tagliato fuori la maggior parte delle domande. Da qui il sorgere, soprattutto dentro la Margherita, di spinte ad annacquare i criteri delle valutazioni: in nome "delle richieste dei cittadini" delle "case per i figli", ecc., in una velenosa contrapposizione tra il cittadino (ossia il proprietario che vuole valorizzare un terreno) e l’ideologo (l’amministratore che cerca di tutelare la vivibilità di tutti).

L'assessore all'Urbanistica, Alessandro Andreatta.

Su questo terreno la Margherita è maestra. Riesce contemporaneamente a presentarsi come paladina dei cittadini, attraverso alcuni suoi personaggi più dediti alla ricerca del consenso "territoriale" (cioè clientelare); e della città, attraverso l’assessore all’urbanistica Andreatta; se una domanda viene accolta, il merito è della Margherita; se viene respinta, è demerito dei Ds; se invece qualcuno protesta per lo stravolgimento della collina, si sbandierano le buone intenzioni di Andreatta.

Il giochino però può essere portato avanti fino a un certo punto. E quando le circoscrizioni, cioè i cittadini istituzionalizzati, rilasciano documenti di fuoco contro l’assalto del cemento, i margini si fanno molto stretti.

Qui entra in gioco la sinistra, la cui funzione fisiologica, nelle dialettiche interne alla colazione ulivista, dovrebbe essere quella di tutela dell’interesse generale. "Dovrebbe" dicevamo: perché in Trentino, da alcuni anni ormai, la sinistra ha abdicato a se stessa, riducendosi a zerbino della Margherita e concentrandosi su penose lotte intestine.

E’ quindi con piacere che abbiamo visto invece la sinistra del capoluogo, di fronte a un problema concreto come l’urbanistica e la vivibilità, tenere fede al proprio ruolo. Impegnandosi con passione e anche – finora – con coerenza, nel mantenere dritta la barra del governo della città. E coinvolgendo su questo parte degli alleati e anche dell’opposizione.

Come finirà? Ad oggi non lo sappiamo. Arrembaggi e compromessi vari sono sempre all’orizzonte. Il sindaco Alberto Pacher ha inopinatamente sbattuto il pugno sul tavolo, per allineare i consiglieri più riottosi, ma si sa che non è un leone: dei suoi cedimenti è piena la storia recente.

Comunque un primo risultato positivo c’è già: dalle enunciazioni sulla vivibilità della città si è passati alle norme e ai concreti provvedimenti attuativi. E si è fatto un grande balzo in avanti nella consapevolezza dell’importanza di tutto questo. Per il resto si vedrà.

Perequazioni. E’ un capitolo importante e innovativo. Si tratta di legare le concessioni edilizie di un certo rilievo alla cessione di aree ad uso pubblico. Secondo il principio che il privato, potendo edificare, guadagna miliardi; e quindi lo si obbliga a cederne una parte alla collettività, che così può realizzare, senza più pagare le aree, strade, parcheggi, verde, scuole e servizi vari. Così spesso sono state le circoscrizioni a richiedere le perequazioni, soprattutto in collina, dove si deve rimediare con parcheggi e servizi all’urbanizzazione selvaggia degli anni scorsi.

Non tutto però è oro colato. Riguardando aree abbastanza estese, in alcuni casi non ci si è trovati di fronte al singolo privato, né a più singoli, bensì alla solita immobiliare; che prima compera i terreni non edificabili, e poi propone la perequazione; e così si fa il solito business cedendo un po’ di terreno per parcheggi, mentre magari il singolo privato rimane a bocca asciutta. "Beh, sempre meglio di prima, quando si faceva la speculazione gratis e poi i parcheggi dovevamo trovarli noi" - commentano in Comune. Certo. Però non è una cosa positiva.

Anche qui comunque c’è stata la vigilanza delle circoscrizioni, che hanno duramente contestato due perequazioni strampalate. Una a Villazzano, località Cernidor, splendido vigneto sulla destra della strada, che separa la collina dalla città, promossa dalle Acli-Casa (sigla nota ai nostri lettori per le tante denunce sul suo discutibilissimo operato), è stata stralciata. Un’altra all’Argentario, sostenuta dai socialisti, andava a trasferire (correttamente) un’azienda artigianale; ma sul lato vergine di via dell’Albera, intaccando le pendici verso il Calisio, e malamente accorpando l’azienda con un deposito di rifiuti e un asilo nido (!); verrà spostata in altra localizzazione.