Strade, sempre strade
A proposito della mobilità in Valsugana
È parecchio confuso, o meglio povero il dibattito sul tema del traffico in Valsugana. Un elemento positivo va riscontrato: si è compreso che in queste condizioni non si può andare avanti. Un territorio devastato da una urbanizzazione diffusa, un fiume abbandonato a se stesso, lavorazioni industriali insostenibili, e migliaia di auto, ogni giorno, invitano solo a fuggire.
L’attivismo dei sindaci, il centro-destra e la Confindustria alleate nel vedere la Valdastico come soluzione di ogni problema, ha costretto la Giunta provinciale a prendere l’iniziativa e a costruire un tavolo di confronto con gli amministratori del Veneto per arrivare a soluzioni condivise e soprattutto concrete.
Entro sei- sette anni sarà conclusa la Pedemontana veneta e subito dopo il collegamento fra Bassano del Grappa e Cismon. A quel punto si apre un imbuto che sicuramente attirerà altro traffico, specialmente pesante, come è già accaduto nel 2007 verso Trento con la nuova galleria di Martignano.
I sindaci, ad esclusione di Ruggero Felicetti di Ospedaletto, invocano sia la Valdastico verso Besenello, che il raddoppio della superstrada. Sono sostenuti dalla destra che definisce il diniego degli ambientalisti frutto di ideologie e di un movimento, quello dei fiori, ormai svanito (il senatore Giacomo Santini e Walter Viola).
La Provincia di Trento spara alto: propone una quasi nuova superstrada in galleria nella destra Brenta e una nuova ferrovia, moderna, veloce e ad alta capacità.
Ma ovunque è assente una reale analisi della situazione e del futuro del trasporto di persone e merci nell’arco alpino. Oltralpe i sindaci conservatori da anni investono solo in ferrovia e penalizzano il traffico merci con proposte chiare, come la Svizzera che ha sposato la campagna di Legambiente “La verità dei costi”, cioè l’idea di far pagare i costi del trasporto a chi usa la viabilità, a chi la consuma, con una tassa basata sui chilometri percorsi. Un’iniziativa che ha fatto diminuire il traffico pesante del 30%, ma che contemporaneamente offriva servizi e logistica al trasporto su ferro. Nel caso della Valsugana non si è valutato come il traffico”leggero” a Civezzano sia quattro volte superiore a quello che transita per Grigno e quello pesante più del doppio. Sono dati che dimostrano come il traffico sia locale, si formi e arrivi per lo più in Valsugana.
Altri aspetti finora non emersi dal confronto sono quelli dei costi del trasporto su gomma nell’immediato futuro, sempre più insostenibili, anche economicamente, i costi reali della manutenzione viaria e delle gallerie e la situazione del trasporto in Italia, ancora affidato ai piccoli proprietari che rimangono succubi delle pretese delle grandi industrie, autotrasportatori che per far quadrare i conti devono imporsi carichi di lavoro insostenibili o affidarsi a manodopera da sfruttare nel modo più bieco.
Le decisioni devono comunque essere prese in tempi brevi se non si vuole protrarre l’agonia dell’intera valle. Si deve sapere che le gallerie, specie in montagna, hanno costi ambientali enormi, idrici, ma anche di smaltimento dei materiali. A meno che non si voglia offrire alle imprese di movimento terra un sostanzioso piatto su cui lucrare. Si deve comprendere perché sulle Alpi intere si sta penalizzando il traffico su gomma, con mille metodi, limiti di velocità, pedaggi, ma offrendo contestualmente servizi efficienti di trasporto pubblico, potenziando e allungando le ferrovie. Si deve capire che comunque l’era del petrolio sta volgendo al termine, non solo per la scarsità della risorsa, ma specialmente per le tensioni sociali e politiche che animano i paesi produttori. Questi sono gli argomenti sui quali dovrebbe discutere anche il mondo politico veneto e specialmente la Confindustria trentina, che sembra invece rinchiusa in un conservatorismo preoccupante. Ed incredibilmente assente dal confronto, per di più in un periodo di grandi cambiamenti strutturali dell’economia e di crisi economica ed ambientale, è il sindacato.